giovedì 10 giugno 2021

Astrazeneca dato ai giovani perché non si è riusciti a darlo a milioni di over 60

Il foglio illustrativo sul vaccino AstraZeneca reso disponibile da AIFA il 2 giugno contiene un’avvertenza chiara anche per i non addetti ai lavori: “Coaguli di sangue molto rari, spesso in siti insoliti (ad es. cervello, intestino, fegato, milza), in associazione a bassi livelli di piastrine nel sangue, in alcuni casi accompagnati da sanguinamento, sono stati osservati dopo la vaccinazione con Vaxzevria […] La maggior parte di questi casi si è verificata nelle prime tre settimane successive alla vaccinazione e si è verificata principalmente in donne sotto i 60 anni di età. In alcuni casi questa condizione ha provocato morte”.

(Stefano Semplici – Huffpost)

Una scoperta di queste ultime settimane? Assolutamente no. Già dal 25 marzo (quasi con le stesse parole) si poteva leggere il riferimento a questa “osservazione” nel foglio illustrativo.

Per questo mi sembrava perfino troppo timida la scelta di “consigliare” l’uso di AstraZeneca/Vaxzevria solo al di sopra di una certa soglia di età (nella circolare del Ministero della Salute del 7 aprile era “raccomandato un suo uso preferenziale nelle persone di età superiore ai 60 anni”). E per questo, nel momento in cui alcune regioni, a partire dalla mia, cominciavano a lanciare open day e open week per la somministrazione proprio di questo vaccino ai più giovani, avevo criticato l’iniziativa: la possibilità di vaccinarsi prima, a condizione che si accettasse AstraZeneca/Vaxzevria, mi sembrava e mi sembra un incentivo discutibile. Quel che era già stato osservato si è ripetuto. In rarissimi casi, per fortuna. Ma si è ripetuto. In Toscana e in Liguria ci sono giovani donne che lottano per la vita.

Ci sono due cose che mi sorprendono. La prima è il moltiplicarsi di pareri di esperti che, adesso, invitano a procedere con cautela e a sospendere la somministrazione di questo vaccino ai giovani. Come ho ricordato, è almeno dal mese di marzo che la comunità scientifica sa di questi rarissimi casi. Non è accaduto niente di diverso da ciò che, purtroppo, era lecito attendersi. E allora questi esperti ci dovrebbero spiegare non ciò che già sapevamo, ma perché non abbiano fatto sentire la loro voce – forte, chiara e magari univoca in modo da poter risultare più efficace – prima di open day e open week. Non per rallentare la campagna di vaccinazione. Ma per massimizzare per tutti il rapporto rischi/benefici.

E vengo così al secondo punto che credo non si possa tacere. Si è deciso di incentivare i giovani ad accettare AstraZeneca/Vaxzevria (il vaccino che io ho fatto e che, a scanso di equivoci, considero un buon vaccino, anche se avrei preferito Pfizer o Moderna) anche perché non si è riusciti (e non si riesce) a vaccinare alcuni milioni di persone per i quali questa era la soluzione raccomandata e appropriata dal punto di vista della salute pubblica, in una situazione nella quale era necessario vaccinare il maggior numero possibile di persone nel più breve tempo possibile e non si voleva rinunciare, come hanno fatto altri paesi, al vaccino che implica questo rischio, che è insieme piccolissimo (i casi, come dice AIFA, sono “molto rari”) e grave (per le possibili conseguenze).

Perché? La spiegazione è semplice: è stata data priorità al principio in base al quale, soprattutto in questo ambito e con limitatissime eccezioni, nessuno deve essere costretto a fare ciò che non vuole. E infatti non ci si stanca di ripetere che i giovani in fila per AstraZeneca/Vaxzevria si sono presentati liberamente. Consapevoli di quel piccolissimo rischio.

Quanto è accaduto non è una imprevedibile fatalità. La Repubblica chiede il rispetto dei doveri di solidarietà (e il vaccino lo è durante una pandemia), ma non lo impone. E così, mentre si cerca sempre solo di convincere gli ultrasessantenni, si propone ai giovani di correre (liberamente) il rischio di diventare uno di quei casi rarissimi dei quali da tempo si conosce l’esistenza.

Sarebbe più corretto, se si ritiene che la minaccia della pandemia non sia tanto grande da costringere a mettere in questione il principio della non obbligatorietà (e io ho qualche dubbio), rinunciare comunque all’uso di questo vaccino nella fascia di età per la quale non è “raccomandato”. E questo è quello che probabilmente accadrà. Ma allora sarebbe stato giusto farlo dal primo momento. Impegnandosi a incentivare i più anziani e non i più giovani a fare ciò che è giusto per il bene di tutti oltre che di se stessi. Anche quando non ci convince fino in fondo o può comportare un piccolo rischio.

Ha ragione il presidente Mattarella: la pandemia ci ricorda che ognuno di noi ha bisogno degli altri. Forse è anche questo un modo per dimostrare che abbiamo capito la lezione.

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