venerdì 20 novembre 2020

Vespa Littoria.

Ma da qualche mese, e con più veemenza in questi giorni, non ci hanno spiegato che con i negazionisti c’è poco da fare, che è vano controbattere con argomentazioni razionali, che è inutile discutere che tanto vivono una realtà parallela e non si fanno persuadere nemmeno dalle verità accertate? Non ci hanno detto che si tratta di disturbati sociopatici che è preferibile conferire in qualche istituzione totale o rinchiudere in casa senza assistenza sanitaria e senza vaccino del quale sono immeritevoli?

 

ilsimplicissimus Anna Lombroso

Fosse così, questa soluzione mi sembra la pena giusta per Bruno Vespa, invece di fargli fare le ospitate nella stessa tv della quale è dipendente, alla faccia del conflitto d’interesse che sulla stampa ( mica solo là se pensiamo al cumulo di incarichi e remunerazione di Arcuri, anche senza andare a un passato recente) è sempre stato favorito a vedere i soffietti ai giornalisti produttori instancabili di antologie dei loro immortali articoli e memoriali, le colonne di interviste fiume del collega. che poi reclama lo stesso favore appena dà alle stampe il suo instant book. 

Sarebbe una bella soddisfazione condannarlo al cono d’ombra, proibire per evidente apologia la vendita della sua strenna natalizia dal titolo inequivocabile Perché l’Italia amò Mussolini, sottotitolo:  (e come è sopravvissuta alla dittatura del virus) invece di stare a confutare, come se valesse questa fatica, le ignobili bugie confezionate in 420 pagine al costo di 20 euro, dai treni in orario (ma quello lo abbiamo sentito da fonti più autorevoli della sua ), alla bonifica delle paludi – “ispiratrice del new deal di Roosevelt”, ipse dixit- dalla settimana lavorativa di 40 ore, al dopolavoro, dal sostegno alla maternità, alle colonie marine.

Con lui si che varrebbe l’impiego del termine, così come sarebbe valso per le frottole di altri cronisti prestati alla manipolazione della nostra storia per sceneggiare l’epica delle “opposte macellerie”, in grazia delle teorie espresse spudoratamente dell’ex presidente della Camera con l’equiparazione dei martiri della Resistenza agli “ingenui” ragazzi di Salò,  o per gli accademici specializzati in foibe e promotori di altre Giornate della Memoria da opporre non a quella rituale, ma con più probabilità al 25 Aprile o al 2 Giugno.

Con il sostegno di un ente di Stato che gli offre una tribuna, di un ceto politico che a dispetto di avvicendamenti e ricambi continua a esibirsi nel suo salotto, di media ch,e abituati a aspettare i gossip, le intercettazioni e i pizzini delle cancellerie, saccheggiano le anticipazioni dei suoi libri con le indiscrezioni e le confessioni a orologeria dei potenti,  non ha nemmeno bisogno di ricorrere ai sistemi di Irving o Faurisson, non ha bisogno di replicare a prove schiaccianti, perché gode dell’eterno miracolo che perfino di questi tempi si rinnova, il credito dato a quello che ha detto la televisione

Per un po’ mi sono compiaciuta che in rete qualcuno condividesse la locandina apparsa sulle vetrine di qualche libreria: qui non è in vendita il libro di Bruno Vespa e che altri si prendessero la briga di confutare le cialtronate già riportate sconsideratamente dalla stampa amica.

Che malgrado le condizioni particolari che siamo obbligati a vivere, lo stato di eccezione che veniamo continuamente sollecitati a accogliere di buon grado e che comporterebbe la necessaria rinuncia a diritti e libertà personali e collettive, ci sia qualcuno che  rammenta che non si stava meglio quando si stava peggio, che bisogna guardarsi da chi denigra il dissenso per delegittimarlo ancora prima dell’olio di ricino, da chi encomia come espressione di senso civico la delazione.

Che ricordi che prima di portare in guerra un Paese, l’eroe oggetto di questa agiografia, l’aveva affamato, umiliato, aveva cancellato partiti, sindacati, aveva chiuso la bocca ai giornali in modo che  ci fosse una sola voce a parlare, rammentandoci che la storia si ripete.

Opera meritoria, per carità ma che la dice lunga sulla qualità dell’antifascismo da tastiera, quello che occorre per sentirsi culturalmente, socialmente e moralmente migliori,  quello che sale in superficie dal mare delle sardine, quello che riduce i valori della Resistenza e della Costituzione all’impetuosa denigrazione dei due De Rege, Salvini e Meloni, che non si sa quale dei due è il cretino invitato a venire avanti,  facendo sorgere il sospetto che a essere cretini siano quelli che pensano che il Male assoluto sia incarnato solo da loro, così da perdere di vista le altre forme, quello minore, quello comune mezzo gaudio, quello in peggio, quello “poco” che non vien per nuocere, quello che secondo Andreotti è preferibile pensare per non essere colti di sorpresa.

Parlo dell’antifascismo concesso dall’ideologia del politicamente corretto, perfetta combinazione   del liberismo finanziario, cosmopolita e globalista con la retorica  “progressista” uniti dal comune contrasto ai  “populismi” ed ai “sovranismi”, marchi vergognosi appioppati indifferentemente a chiunque osi mettere fuori la testa dalla spirale di silenzio, conformismo e soggezione.

Così si dimostra che gli slogan indirizzati unicamente contro la violenza verbale, i grugniti e i versacci bestiali del gran buzzurro  ( che, come Trump, ha la formidabile capacità di suscitare un odio catartico che ci monderebbe da tutti i peccati)  non servivano ad altro che a far passare come prova di liberalità e pluralismo la tolleranza per una ideologia e una retorica del totalitarismo nel quale viviamo. E che, a differenza di quanto avveniva nei Regimi del passato, non aveva bisogno  almeno finora,  di censura esplicita, o intimidazione concreta, se menzogna, contraffazione, manipolazione si rivestono  della credibilità e dell’autorità di poteri  economici, culturali, sociali, tecnici, “morali”,  i cui messaggi non vengono urlati, minacciati, comandati,  ma passano e vengono raccolti sotto forma di marketing, informazione, pubblicità, format televisivi, intrattenimento, spettacolo per dimostrarci che quello è lo stile di vita cui è doveroso oltre che desiderabile uniformarsi e per raggiungere e mantenere il quale è legittimo sacrificare principi, valori, diritti, libertà.

Quando sarà cominciato tutto questo, quando dall’ostracismo che colpì lo storico De Felice, colpevole di indulgenza esercitata tramite una operazione che venne definita “filofascista o fanfaniana se si avesse voglia di scherzare….  per il rilancio di una storiografia opportunista, rispettosa dei potenti e leggittimatrice degli equilibri sociali costituiti”, in realtà reo soprattutto di aver considerato l’ipotesi non remota che il Duce avesse goduto di un ampio consenso popolare, siamo passati al recupero della sua figura, in modo, per una non singolare coincidenza,  da restituire credito a altri golpisti, corrotti e corruttori, amici dei mafiosi e dei banchieri, ladri di beni pubblici, puttanieri, e razzisti.

Quando sono cominciati in grande stile l’oblio e i tradimenti a cominciare da quelli contro la Costituzione, all’articolo 1 col diritto al lavoro, il 33 e 34 con quello allo studio, al 41 secondo il quale è vero che l’iniziativa privata è libera ma non può svolgersi in contrasto con ’utilità sociale o in modo da recar danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana?

Quando ci siamo fatti persuadere che il mantenimento dell’ordine pubblico, la tutela del decoro e poi la salvaguardia sanitaria valessero la criminalizzazione delle manifestazioni di  dissenso e la penalizzazione della povertà che rovina le reputazione?

Quando dopo che per anni siamo stati convinti che l’unico diritto da mantenere inalienabile fosse quello a consumare e allo stesso modo ci siamo poi fatti convincere che siamo stati colpevoli di aver voluto troppo e perciò meritevoli di rinunce punitive?

Quando abbiamo accettato che il lavoro si trasformasse in servitù ricattabile, precaria, mobile, poi in cottimo e caporalato agile a norma di legge e per fini salvifici, infine in schiavitù? Che allo stesso caporalato si affidasse la scuola destinata a essere una fabbrica di ignoranti soggetti a intimidazioni , specializzati in mansioni esecutive e quindi addestrati all’obbedienza come i figli della Lupa?

Quando, grazie all’opera di rimozione del passato coloniale, abbiamo permesso che si replicasse sul scala il format imperialistico ai danni del Paese e all’interno del Paese, condannandoci a essere Terzo Mondo e allestirne uno interno?

Quando si è fatta strada la convinzione che soffrissimo della concorrenza sleale  di una massa povera, affamata  e disperata che dopo viaggi inenarrabili ci porta a casa e fa vedere quello che potrebbe capitare anche a noi?

Quando abbiamo consentito che l’informazione si concentrasse in un unico servizio Rai-Mediaset (oggi salvata da possibili aggressioni grazie a impegno unanime), in un giornale unico nelle mani della dinastia che ha maggiormente approfittato dell’assistenzialismo statale, per poi lasciare sdegnosamente quello stesso generoso e benefico elemosiniere e recentemente garante, diventando per giunta produttore in regime di monopolio di dispositivi sanitari dei quali non è più lecito mettere in dubbio l’utilità?

E da quando piangiamo per la sottrazione del Natale se a sempre più persone manca la sussistenza, mancano cure e assistenza, manca l’accesso all’istruzione e alla bellezza? Ma ci concedono la strenna di un fascismo mai finito, sempre riproposto e che sempre si rinnova?

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