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Un documento inviato a tutti i ministri da Paolo Savona, oggi presidente Consob ma allora titolare degli affari Ue,
metteva in guardia il governo dai rischi delle modifiche del Mes. Quel
documento, “Una politeia per un’Europa diversa”, aveva spaventato molto
il mondo politico e finanziario dell’Unione, ma aveva centrato il punto:
«La proposta in discussione di creare un fondo europeo per gli
interventi, comunque lo si chiami – metteva nero su bianco Savona, come
ricorda il “Messaggero”
– oltre a disporre di risorse insufficienti, ha il duplice difetto di
riproporre la parametrizzazione degli interventi, invece di valutare
caso per caso secondo una visione politica comune. Essa inoltre
ripropone i difetti della condizionalità restrittiva per la politica
fiscale dei paesi che a esso ricorreranno, rendendo il meccanismo rigido
nell’applicazione e con effetti deflazionistici». Traduzione: il Mes
avrebbe peggiorato, e non risolto i problemi degli Stati costretti a
ricorrervi. «Se c’è fretta di chiudere sul Mes, è un segnale
drammatico». Guido Crosetto, ospite di “Omnibus” su “La7″, suggerisce qualcosa che tutti, fino a oggi, hanno sottovalutato o semplicemente nascosto, scrive “Libero“: il pressing dell’Unione europea sull’Italia per approvare la riforma del Fondo salva-Stati potrebbe nascondere la preoccupazione di un imminente crac finanziario.
«Temo che vogliano chiudere sul trattato – spiega il fondatore di Fratelli d’Italia, oggi ex parlamentare – perché la situazione delle banche tedesche e olandesi, a rischio crac, sia molto grave». Il riferimento è soprattutto a DeutscheBank e KommerzBank, i due colossi tedeschi a rischio collasso. «E guardate bene», avverte Crosetto: «Se saltano le banche avremo uno tsunami in confronto al quale la crisi del 2008 sarà nulla. E a pagare, come sempre, saranno i paesi più deboli, come l’Italia». Nel testo del rinnovato Mes, aggiunge “Libero“,
è rimasta la valutazione della sostenibilità dei debiti e della
capacità dello Stato che chiede un prestito di poterlo restituire. Ed è
un punto che difficilmente sarà oggetto di negoziazione ulteriore. Al
premier Giuseppe Conte e al ministro dell’economia
Roberto Gualtieri, spiega il “Messaggero”, rimane la carta della
modifica degli allegati, per correggere parzialmente un tiro destinato a
fare malissimo all’Italia.
Perché la ristrutturazione del debito (che renderebbe carta straccia i
titoli di Stato, in mano soprattutto ai risparmiatori italiani) è ancora
in piedi. E anzi, resta un caposaldo del Meccanismo Europeo di
Stabilità.
Nel frattempo, lo scandalo-Mes sta facendo franare il governo
giallorosso: secondo Augusto Minzolini, autore di un report dietro le
quinte pubblicato dal “Giornale“,
Renzi avrebbe promesso a Salvini di staccare la spina al Conte-bis, in
cambio di un eventuale accordo con la Lega per il varo di una legge
elettorale proporzionale. Dal canto suo, il “Corriere della Sera”
parla di imminenti diserzioni tra i 5 Stelle, ormai allo sbando. E
scrive: «Fonti leghiste assicurano che già quattro senatori hanno
accettato il trasbordo nella Lega e altri starebbero per cedere». Voci
che fanno il paio con chi, nel Movimento, parla insistentemente di
scissione. Nei guai Conte, accusato di aver ceduto (in segreto) alle
pressioni europee sul Mes. Lui smentisce, ovviamente. «Peccato che poi,
implicitamente, riconosca come sia stato costretto a una brusca frenata
sul negoziato che, diversamente – scrive “Libero” – sarebbe già andato in porto come suggerito maldestramente dal ministro dell’economia
Roberto Gualtieri in commissione, parlando di “trattato già firmato e
inemendabile”». Conte, infatti, ora parla di “rinvio possibile” e di un
ok al Mes “vincolato” alla riforma dell’unione bancaria a marzo.
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giovedì 5 dicembre 2019
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