“…Per
denunciare tutto questo e per ribadire la dignità di una lotta
collettiva che non si piegherà, ho deciso di non chiedere sconti al
potere invidioso e vendicativo che, con i tre gradi di giudizio dei suoi
tribunali, ha condannato al carcere me e altri undici attivisti..“
Nicoletta
Dosio è una professoressa di lettere in pensione di 73 anni.
Generazioni di studenti si sono formate con lei in Valle Susa dove ha
persino contribuito ad istituire un liceo.
Nicoletta
è stata insegnante ed educatrice nel senso laico e civile più profondo e
per questo nelle manifestazioni NOTAV ha spesso raccolto gli abbracci
dei suoi ex studenti.
Sì,
perché Nicoletta Dosio è una attivista della prima ora del movimento
che da decenni lotta contro il devastante ed inutile treno ad alta
velocità in Valle Susa.
Si
possono avere opinioni diverse sull’opera, anche se nessuna di quelle a
favore è accompagnata da dati e numeri reali.
Tuttavia nessuna persona
onesta può negare il radicamento nella Valle di quel movimento, la
crescita sociale civile e culturale che ha prodotto, la coscienza e la
partecipazione che ha esteso.
Una
piccola valle è diventata protagonista della politica e di questo
protagonismo Nicoletta è stata parte, serena, buona, pacifica, ma sempre
determinata e presente in ogni manifestazione con la sua figura minuta e
dritta.
Ora
Nicoletta Dosio, assieme a Dana Lauriola e ad altri 10 attivisti NOTAV è
stata condannata in via definitiva con pene da uno a fino a due anni di
carcere per meno di un’ora di presidio pacifico sull’autostrada che
attraversa la Valle Susa, il 3 marzo 2012.
Erano
i giorni in cui un militante NOTAV oggi in ancora in carcere, Luca
Abbà, era salito su un traliccio della corrente inseguito da un
carabiniere e poi era stato folgorato, precipitando e restando tra la
vita e la morte per molti giorni.
Negli
ultimi giorni di febbraio e nei primi di marzo ci furono proteste e
blocchi dell’autostrada con interventi pesanti della polizia. Io stesso
ho partecipato a uno di questi blocchi e sono stato fermato dalle forze
di polizia.
La
più breve e assolutamente pacifica di quelle manifestazioni fu proprio
quella del 3 marzo.
Alcune centinaia di manifestanti invasero un casello
autostradale e permisero per circa 40 minuti agli automobilisti di
passare gratis oltre la sbarra.
Non ci furono interventi di polizia o
scontri, e dopo questa breve azione dimostrativa i manifestanti si
ritirarono dalla sede autostradale.
Per
tutto questo, per questi 40 minuti di autostrada gratis, Nicoletta e
altri dovranno scontare un anno di reclusione, Dana e altri addirittura
due.
È
una condanna politica e non perché lo diciamo noi, ma perché lo afferma
la stessa sentenza.
Infatti ogni attenuante di legge e la condizionale
agli incensurati sono state negate, secondo la sentenza, “…tenuto
conto del carattere altamente organizzato dell’azione delittuosa che
dimostra il collegamento degli imputati con l’ala più radicale e
violenta del movimento NOTAV e di conseguenza la PERICOLOSITÀ SOCIALE
dei prevenuti..”
Una
condanna fondata su teoremi senza prove e con un giudizio, quello della
pericolosità sociale, rispolverato pari pari dal codice fasciste Rocco.
Un giudizio sulle persone e non sui loro comportamenti.
La
“pericolosità sociale” di Nicoletta e dei NOTAV è la cittadinanza
attiva e cosciente, la solidarietà, la difesa del territorio dalla
devastazione ambientale.
Mentre il governo tratta con una multinazionale
che vuole immunità penale sui disastri ambientali dell’Ilva, chi lotta
contro la distruzione di decine di migliaia di alberi in Valle Susa è
socialmente pericoloso e deve essere carcerato.
È un mondo rovesciato, contro il quale per me è giusto ribellarsi, come hanno fatto e fanno Nicoletta e i NOTAV.
Nicoletta
Dosio, per denunciare la ferocia repressiva di questa sentenza, che si
aggiunge a migliaia di procedimenti penali e di polizia che hanno
colpito il movimento in Valle Susa, ha deciso di non chiedere misure
alternative alla prigione.
Dunque
Nicoletta andrà in carcere, lo farà da militante sociale e civile e
anche da grande professoressa lettere, visto che come esempio del suo
comportamento ha citato “La caduta”, di Giuseppe Parini.
Io
credo che sia dovere democratico, anche per chi non condivide sue idee,
chiedere la liberazione di Nicoletta Dosio e dei NOTAV.
Affrontare con
la prigione una protesta sociale è l’atto regressivo di un sistema
politico che non vuole capire, non vuole discutere, che sa solo
reprimere.
È
quindi anche per fermare questa regressione autoritaria, che prima o
poi può colpire tutti, che bisogna protestare contro questa brutale
sentenza.
da Il Riformista
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