martedì 12 novembre 2019

Licenziati dal badge. 40 dipendenti di Juwelo scoprono così di aver perso il lavoro.

Cacciati senza preavviso dalla società che opera nel settore della vendita, via tv e web. Poi la convocazione in un ristorante: "Solo allora ci hanno detto che non ci sono soldi per pagarci e la sede di Roma chiude".

Licenziati dal badge. 40 dipendenti di Juwelo scoprono così di aver perso ilImmaginate di arrivare in ufficio, una mattina e scoprire di aver perso il posto di lavoro. Così, all’improvviso. 

È successo ieri a quaranta persone. Hanno, per la maggior parte, meno di quarant’anni e lavorano nella sede romana della Juwelo, società della multinazionale tedesca Elumeo, che opera nel settore della vendita, via tv e web, di gioielli e conta una cinquantina di dipendenti.  
Invano hanno strisciato i badge per entrare nella palazzina al numero 37 di via Albalonga dove hanno lavorato per anni, qualcuno ha provato ad aprire la porta con le chiavi. Niente, le tessere non funzionavano più, le serrature erano state sostituite e, sorpresa ancora più amara, sul sistema informatico i turni del personale cancellati.
“Una situazione assurda”, ripete Stefano Pontecorvi, 33 anni, responsabile della logistica nell’azienda in cui lavorava dal 2013 e che ieri lo ha praticamente licenziato. Senza preavviso e senza lasciare la minima possibilità di scelta. Anzi. A distanza di oltre ventiquattro ore dalla cacciata - “in verità, ci hanno proprio impedito di entrare”, sospira Stefano - né i dipendenti né i sindacati hanno ricevuto comunicazione ufficiale scritta dall’azienda. Ieri mattina i quaranta lavoratori i cui badge erano risultati inattivi sono stati invitati via sms a una riunione d’urgenza in un ristorante vicino all’azienda.

Lì, davanti a un vassoio di cornetti, il presidente Wolfgang Boye e l’amministratore delegato Tiziano Ricci hanno comunicato che non c’è più la disponibilità economica per pagare gli stipendi e che la sede romana dovrà chiudere. Il primo, con un tono di sottile minaccia, ci ha spiegato che se avessimo accettato ci avrebbero pagato Tfr e buonuscita secondo le modalità previste, altrimenti avrebbero chiuso dichiarando fallimento”.
In realtà una decina di dipendenti in ufficio è entrata, i loro badge funzionavano: l’azienda continua a lavorare, “ma ci sono persone che operano in settori per cui non hanno competenze. Il magazzino, ad esempio, è stato smantellato, c’è un solo magazziniere”, aggiunge l’ex responsabile della logistica di Juwelo Italia. Teoricamente, come i colleghi lasciati fuori dalla porta da ieri mattina, ancora stipendiato. “Io come altri sono dipendente della cooperativa Srl “Comunicazione Italia”, che l’azienda della multinazionale tedesca utilizzerà in Italia fino a fine anno”, dice il 33enne. Anche questa è una scoperta di ieri, comunicata dal presidente della cooperativa in una nota stringata per informare che “Juwelo Italia ha inviato la disdetta del contratto a far data dal 31 dicembre 2019”.
“Pur avendo un contratto a tempo indeterminato, venendo meno tra qualche mese il contratto con Juwelo, resteremo soci di una cooperativa che non ci dà lavoro”, aggiunge Stefano. Ieri, dopo l’amara scoperta e il colloquio con i vertici dell’azienda, lui e i colleghi si sono subito mobilitati. Oltre al presidio organizzato davanti alla sede della Juwelo, che riprenderà oggi pomeriggio, i lavoratori cacciati hanno contattato la polizia, presentato una querela in Commissariato e attivato i rappresentanti sindacali, i quali hanno richiesto comunicazione ufficiale all’azienda. “Senza la quale - fa notare Pontecorvi - non può essere elaborata alcuna strategia di azione. Dobbiamo capire bene cosa vuole fare l’azienda, non è che può scegliere a suo piacimento, senza rispettare regole e condizioni di legge, dieci lavoratori da tenere in ufficio”.
L’ipotesi più accreditata tra i lavoratori rimasti senza posto è che l’azienda, che in passato, raccontano loro, avrebbe già operato nello stesso modo nei confronti di dipendenti di altre sedi, in Thailandia e in Inghilterra ad esempio, voglia trasferirsi in Germania. Ma al momento nessuno può esserne sicuro. Qualche anno fa, raccontano i lavoratori, era stato avviato un procedimento di cassa integrazione, una trentina di dipendenti aveva scelto di andare via, ma con la conciliazione. Stavolta, è diverso. E “non c’erano avvisaglie di quel che è successo. Anzi - racconta Pontecorvi - venerdì scorso io ho avuto un incontro con i commerciali per programmare attività per l’anno nuovo”. E il 16 ottobre i vertici della Juwelo Italia avevano diramato una mail dai toni incoraggianti, per far sapere anche che “il mese di settembre ha mostrato chiari segni di ripresa. Il fatturato ha registrato un +5% rispetto al mese precedente, mentre il margine persino un +12%”.
Tutto azzerato da ieri mattina, quando Stefano e gli altri si sono ritrovati davanti le porte sbarrate - non li hanno fatti entrare neanche a recuperare gli occhiali, le cose che ciascuno aveva nel proprio armadietto - e i vertici dell’azienda, fino a ieri erano persone amiche “che non ci degnano manco di uno sguardo. Io - va avanti Stefano - ero tra i primi assunti quando l’azienda ha aperto in Italia, per questo mi fu chiesto di reclutare persone”. In Juwelo Italia ha conosciuto la donna che è diventata sua moglie, con lui lavorano anche il fratello e la cognata, che hanno una bimba di meno di un anno. Hanno perso il lavoro anche loro. E c’è chi ha il mutuo, chi l’affitto da pagare. Una situazione difficile da accettare. “È assurdo che questa storia finisca così, dopo sette anni di collaborazione bellissima. In “Juwelo”, per me uno dei rari esempi di imprenditoria italiana eccellente, avevo trovato una vivace cellula di giovani, tanti si sono conosciuti e sposati, ci sono state quattro o cinque nascite”, racconta ad HuffPost un altro lavoratore quarantenne che chiede di restare anonimo. Alle spalle quattordici anni di esperienza tra Rai e Mediaset, anche lui come Pontecorvi dipendente della cooperativa “Comunicazione Italia”, nella sede romana dell’azienda della multinazionale tedesca si occupava della parte tecnica e informatica. La settimana scorsa è nata la sua prima figlia, ieri sarebbe stata la prima giornata - “era il primo dei cinque giorni di paternità” - trascorsa a casa con la bambina, dimessa domenica dall’ospedale.
E invece lui la giornata di ieri l’ha passata davanti alla sede dell’azienda e poi in Commissariato, per depositare la querela firmata con un’altra trentina di colleghi. E ora le speranze di gran parte dei lavoratori cacciati dalla Juwelo sembrano legate agli esiti di questa denuncia. “So che le vie legali funzionano - aggiunge il lavoratore neo papà - purtroppo quello che ci è successo è conseguenza anche dell’eccessiva flessibilità delle nostre leggi sul lavoro. Ai vertici dell’azienda ieri ho ricordato che per un imprenditore esiste anche un’etica corretta, sulla base della quale se assume cento persone deve pensare anche a garantire il loro futuro, non ad usarli. Purtroppo, per quello che ci riguarda, sul nostro futuro hanno chiuso gli occhi”.

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