mercoledì 9 ottobre 2019

Turchia & Guerra ai Curdi. Il ricatto di Erdogan all'Ue. Ankara batte ancora cassa per fermare i profughi.

I leader europei condannano l'attacco turco ai curdi, ma già al Consiglio europeo di ottobre potrebbero ritrovarsi a discutere della terza tranche di 3 miliardi per la Turchia per bloccare i flussi migratori dai Balcani.

Il ricatto di Erdogan all'Ue. Ankara batte ancora cassa per fermare iSolo venerdì scorso il ministro tedesco degli Interni Horst Seehofer e il commissario europeo uscente all’immigrazione Dimitri Avramopoulos si sono recati ad Ankara per capire come poter rinnovare il patto europeo con Erdogan per fermare i flussi migratori dai Balcani.

Oggi che la Turchia ha dato il via all’offensiva contro i curdi in Siria, l’Unione europea si trova ancor di più tra incudine e martello nei rapporti con Ankara.
La prossima settimana il consiglio europeo potrebbe ritrovarsi a discutere della richiesta di Erdogan della terza tranche di finanziamenti europei: le prime due, decise a partire dal primo accordo voluto dalla Germania nel 2016, ben 6 miliardi di euro legati a progetti per i profughi, le ha già intascate.

Di certo se ne parlerà al consiglio europeo dei ministri degli Esteri lunedì prossimo a Lussemburgo. L’offensiva militare turca rafforza il ricatto di Erdogan con l’Europa perché aumenta l’emergenza profughi, che negli ultimi tempi è già diventata insostenibile nelle isole greche dell’Egeo, Lesbo soprattutto. Da qui, la visita di Seehofer e Avramopoulos ad Ankara: “Dobbiamo vedere come rafforzare il patto tra Ue e Turchia”, ha detto il tedesco. E ieri nella discussione tra i ministri degli Interni europei a Lussemburgo il caso turco ha praticamente preso il posto dei flussi migratori dal Mediterraneo, decisamente più contenuti nei numeri: si è parlato più di Turchia che del pre-accordo di Malta, che, invano, l’Italia sperava di trasformare in accordo.
Oggi che Erdogan ha dato il via all’offensiva, da Bruxelles l’unico ad avvertire vagamente Ankara sul rischio di ritorsioni sul piano economico è il presidente uscente della Commissione europea Jean Claude Juncker. “L’Unione europea esige lo stop dell’offensiva turca in Siria”, ha detto e, rivolgendosi ai turchi: “Non aspettatevi che l’Ue finanzi una cosiddetta zona sicurezza”. Ma, appunto, Juncker è un presidente in scadenza, a fine mese. E comunque nemmeno lui si sogna di mettere in discussione la terza tranche di finanziamenti, su cui però ancora non c’è un impegno europeo.
“Alla luce dell’operazione militare turca nella Siria nord-orientale, l’Ue ribadisce che una soluzione sostenibile al conflitto siriano non può essere raggiunta militarmente” e “invita la Turchia a cessare l’azione militare unilaterale”, dice l’Alto rappresentante Ue Federica Mogherini. “Le rinnovate ostilità armate nel nord-est minano ulteriormente la stabilità dell’intera regione, aggravano la sofferenza dei civili e provocano nuovi sfollati”.
Il presidente del Parlamento Europeo David Sassoli chiede “con forza alla Turchia di interrompere immediatamente ogni azione militare: c’è una popolazione che ha già sofferto duramente. Non dobbiamo metterla in condizioni di avere altre sofferenze. Si fermi questo intervento, non sarà mai una soluzione ai problemi che abbiamo”.
Gli Stati membri, dalla Francia alla Germania fino all’Italia, trasudano preoccupazione, ma la minaccia sui fondi per ora non c’è. Arma a doppio taglio, troppo pericolosa per l’Ue.
“Ci appelliamo alla Turchia affinché ponga fine alla sua offensiva e persegua i propri interessi di sicurezza per vie pacifiche”, dice il ministro degli esteri tedesco Heiko Maas. Il rischio è di “destabilizzare ulteriormente la regione” e rafforzare l’Isis, l’intervento minaccia di “causare un’ulteriore catastrofe umanitaria e un nuovo movimento di profughi”. La Francia condanna l’offensiva turca a nord della Siria e annuncia un imminente ricorso, insieme a Germania e Regno Unito, presso il Consiglio di sicurezza dell’Onu.
A Roma il premier Giuseppe Conte esprime “preoccupazione” parlando alla stampa con il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, in visita a Roma. E Stoltenberg si mantiene vago, anzi dice di comprendere le “preoccupazioni” della Turchia “per la propria sicurezza”, dice che “la Nato è stata informata dalle autorità turche delle operazioni nel Nord-Est della Siria” e che è “importante evitare azioni che possono ulteriormente destabilizzare la Regione, aumentare la tensione e causare ulteriori sofferenze umane. Spero che l’azione della Turchia sia proporzionata e misurata per non indebolire la lotta comune all’Isis...”. Visto che l’apripista alla mossa di Erdogan è stato Trump, con l’annuncio del ritiro delle truppe statunitensi dalla Siria, Stoltenberg si tiene nei ranghi.
Intanto tra le preoccupazioni e l’immobilismo del resto del mondo, l’offensiva militare contro i curdi va avanti, è solo iniziata. L’Unione europea teme di pagarne conseguenze dirette in termini di flussi migratori in arrivo. Come al solito, si ragiona sempre sul proprio tornaconto.
Erdogan ha già fatto sapere che si attende il finanziamento di una terza rata della cosiddetta ‘Facility/FRIT’, lo strumento di finanziamento europeo istituito con la dichiarazione del 18 marzo 2016 tra Ue e Turchia, quando la Germania chiese e ottenne un accordo di tipo europeo con Ankara per fermare i flussi dai Balcani. E la nuova richiesta, sulla quale ancora non c’è un impegno europeo, potrebbe essere discussa al consiglio europeo dei ministri degli esteri a Lussemburgo lunedì e il 17 e 18 ottobre al consiglio dei capi di Stato e governo a Bruxelles. In agenda c’è un dibattito sulla Turchia da una prospettiva ampia: non solo migranti ma anche Mediterraneo orientale e rapporto tra l’Unione e Ankara. Cosa farà l’Ue? Certo con l’offensiva in corso, il prezzo dell’accordo economico è sempre più alto per gli europei, in termini di etica, diciamo così.
In Turchia continuano ad essere ospitati circa 3,6 milioni di rifugiati siriani, sugli oltre 4 milioni di rifugiati totali). La prima tranche dei finanziamenti europei per Ankara, tre miliardi di euro, valida per il periodo 2016-2018, è stata completamente impegnata entro dicembre 2018. Il Consiglio Europeo del giugno 2018 ha fornito il via libera al finanziamento della seconda rata della ‘Facility/FRIT’, per due terzi (2 miliardi) attraverso il bilancio Ue e un terzo (1 miliardo) attraverso contributi degli Stati membri. Il via libera italiano è arrivato dopo che nelle conclusioni di quel Consiglio è stato inserito un espresso richiamo (paragrafo 7 delle Conclusioni) affinché gli Stati membri contribuiscano ulteriormente al ‘Trust Fund europeo’ per l’Africa, ove era stato ravvisato un sostanziale gap che deve essere colmato sia da contributi europei, sia dagli Stati.
E ora arriva di nuovo il ricatto di Erdogan, un ‘evergreen’ dell’Europa degli ultimi 4 anni, interessata a flussi migratori ingenti e finita a dover negoziare col Sultano che vorrebbe sterminare i curdi, pur protagonisti della lotta all’Isis, sfruttati dagli americani e dagli occidentali nell’offensiva anti-islamista, abbandonati alla furia turca come eroi presto dimenticati.

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