Terrore
turco: una parte del Rojava si prepara a diventare la nuova «casa» dei
jihadisti dell’Isis, di Al Qaida e di gruppi estremisti alleati con la
Turchia. L’obiettivo di Erdogan è creare un «Muro» jihadista e
integralista che si oppone ai curdi e possa essere poi manovrato anche
per insidiare Assad...
Alberto Negri *
Con
l’attacco della Turchia alla Siria è ufficiale: abbiamo venduto la
pelle dei curdi che gli americani avevano usato come maggiore alleato
contro il Califfato. In fondo si poteva immaginare quando entrai a
Kobane il primo ottobre del 2014 e la città era in mano per il 70% ai
jihadisti: l’aviazione Usa dava un sostegno minimo alla resistenza per
non inimicarsi la Turchia, secondo esercito della Nato e alleata
dell’Isis con cui sperava di abbattere Assad, prendersi la regione di
Aleppo in Siria e magari pure Mosul con il suo petrolio in Iraq. Insomma
quello che Ataturk aveva dovuto cedere con la disgregazione dell’impero
ottomano.
Con
la sconfitta dell’Isis, a opera anche dei siriani, delle milizie
sciite, degli iraniani e degli Hezbollah libanesi, Erdogan ha dovuto
ridimensionare i suoi piani di Sultano del Medio Oriente e questa è la
ricompensa per farlo tornare nell’alveo della Nato.
Tutto
questo dopo avere stretto amicizia con Putin ma anche con Teheran: la
pelle dei curdi e il Rojava, l’unico esperimento di governo della
regione che ricordi uno stato laico europeo.
Il cartello del Rojava, «fabbrica democratica» al confine turco-siriano adesso dice: «Chiuso per tradimento americano».
Persino
i repubblicani, che dovrebbero salvare il presidente dall’impeachment,
chiedono a Trump di tornare sulla decisione di ritirare le truppe
americane che avrebbero dovuto fare da diaframma tra turchi e curdi in
questa «safe zone», zona sicura che è diventata un nuovo campo di
battaglia di una «guerra mondiale a pezzi», come la definì il Papa.
MA
IL ROJAVA RISCHIA di trasformarsi in una trappola dalle conseguenze
imprevedibili. Per Trump che ha tradito un alleato e ha dato un
ulteriore colpo alla sua assai residua credibilità e a quella degli
Stati Uniti. Già nel dicembre scorso il presidente aveva gettato nel
panico gli alleati degli Stati uniti dopo il suo annuncio di voler
ritirare i 2mila soldati, giustificato dal fatto di avere sconfitto lo
Stato islamico.
Se il Rojava si disgrega potrebbero essere liberati dai
turchi o fuggire migliaia di combattenti dell’Isis in mano ai curdi.
Non solo. Erdogan dice di volere trasferire qui una parte dei suoi tre milioni di profughi siriani.
È
una possibilità che viene però accompagnata da una certezza: il leader
turco schiererà in Siria le milizie filo-turche islamiste e magari pure i
jihadisti che si dovessero ritirare di Idlib quando verrà presa dalle
forze siriane e russe.
In
poche parole una parte del Rojava si prepara a diventare la nuova
«casa» dei jihadisti dell’Isis, di Al Qaida e di altri gruppi estremisti
che in questi anni, di volta in volta, si sono alleati anche con la
Turchia.
L’obiettivo di Erdogan è creare un «Muro» jihadista e
integralista che si oppone ai curdi e possa essere poi manovrato anche
per insidiare la rioccupazione di territori da parte di Assad.
TANTO
È VERO CHE L’ISIS ieri rivendicava attacchi alle milizie curde, un
segnale inequivocabile che la Turchia, nonostante le dichiarazioni
ufficiali, non ha abbandonato l’idea di creare sacche di territorio
siriano in mano agli integralisti.
Questo
scenario per niente improbabile la dice lunga sulle mosse sconsiderate
della Casa bianca che sta berciando su possibili ritorsioni economiche e
politiche contro Ankara, «nel caso superasse i limiti», ben sapendo di
avere dato il via libera a Erdogan.
Se
l’obiettivo strategico è far tornare la Turchia nell’ambito Nato si
tratta di dichiarazioni prive di consistenza. Ma vediamo come e per chi
potrebbe scattare ulteriormente la trappola del Rojava. Russia e Iran
teoricamente potrebbero avvantaggiarsi: i curdi lasciati senza
protezione Usa sarebbero spinti gettarsi nella braccia di Putin e degli
ayatollah.
Ma anche Mosca e Teheran devono essere prudenti perché Ankara
è il partner per la sistemazione della Siria e deve contribuire,
ritirando le milizie filo-turche, alla liberazione Idlib, che oggi per
il regime di Damasco è più strategica del Rojava.
MOSCA,
pur criticando come l’Iran la mossa della Turchia, con la crisi siriana
ha portato Erdogan dalla sua parte vendendogli persino il sistema
anti-missilistico S-400: risultati cui Putin non vorrebbe rinunciare per
difendere i curdi.
Certo l’offensiva turca, impegnando le milizie
curde, offre ad Assad l’opportunità di muovere le truppe a Est
dell’Eufrate e non è da escludere che temporaneamente Damasco si
trasformi in alleato dei curdi.
Ma anche questo potrebbe non piacere a Mosca che dovrebbe giostrare in bilico tra Ankara e Damasco.
Ma anche questo potrebbe non piacere a Mosca che dovrebbe giostrare in bilico tra Ankara e Damasco.
QUANTO
ALL’EUROPA è solo una linea sotto Trump quanto a ipocrisia.
Si esaltano
i curdi come combattenti per la libertà ma la Germania è andata ad
Ankara promettendo a Erdogan altri soldi dell’Unione per bloccare la
rotta balcanica dei profughi e accettando di fatto l’invasione del
Rojava «per il ritorno dei rifugiati siriani».
Quanto
all’Italia qui è meglio che stiano zitti: il paese è colonizzato, come
testimonia l’arrivo a Roma di Gina «la sanguinaria»: il capo della Cia,
Gina Haspel, è venuta a dare una mano a «Giuseppi» che in agosto qualche
guaio con gli uomini di Trump deve averlo combinato.
«Sopire e
troncare, troncare e sopire»: il Conte Giuseppe ormai somiglia al
manzoniano Conte Zio.
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