La pace è un bene comune. Un fiume di solidarietà verso le popolazioni colpite dell’aggressione nazionalista turca lo testimonia. Un contrasto dirompente con l’inerzia e la complicità dei governi e delle istituzioni politiche internazionali di fronte ai crimini contro l’umanità che hanno ripreso una tremenda intensità nella regione siriana.
Quali azioni concrete possiamo mettere in atto subito? Per cominciare, ad esempio, si può sostenere chi lavora sotto le bombe turche per salvare vite e difendere la pace e l’autodeterminazione dei popoli. “Continuiamo a vivere e lavorare come ogni giorno, distribuendo le ambulanze e i medici secondo le esigenze”, dicono alla Mezzaluna Rossa Kurda. Per sostenerla in Italia è stata avviata una raccolta fondi.
Decine di morti, almeno 150 mila sfollati, giornalisti internazionali colpiti. I civili, come sempre, le prime e principali vittime di bombardamenti indiscriminati. Crimini contro l’umanità da parte dei turchi che attaccano, da martedì 8 ottobre, senza sosta la Siria del nord est.
Questo è il quadro di un attacco a lungo atteso dal governo turco. E le cui responsabilità sono innanzitutto degli americani, che hanno deciso di abbandonare il campo al nemico da un giorno all’altro.
In realtà, le avvisaglie c’erano da tempo e l’esercito del Nord Est Siria (SDF) si stava mobilitando da alcuni giorni. I rischi si sentivano nell’aria. Le persone cominciavano ad aver paura.
I siriani vivono un conflitto senza sosta da 8 anni. Il Nord Est siriano si era ritagliato un suo spazio di libertà e coesione. In cui tutte le minoranze e maggioranze potevano vivere insieme. I kurdi, sicuramente, ma anche tutti gli altri gruppi che compongono il millenario mosaico di civiltà delle valli tra il Tigri e l’Eufrate.
Certo non si poteva considerare l’eden, in un paese dove la violenza e la guerra erano all’ordine del giorno, dove migliaia di edifici scolastici semplicemente non esistono più o dove, nel nord est, degli 800 centri sanitari di base ne erano rimasti solo 80. E poi i kurdi si sono difesi dall’Isis/Daesh con l’aiuto internazionale. E hanno difeso noi da questa ennesima minaccia uscita fuori dai buchi neri della geopolitica. Sacrificando vite e speranze per poi essere ripagati con un repentino abbandono.
Ma i kurdi si trovano di fronte a potenze che hanno deciso di sovvertire il diritto internazionale e quello umanitario. Sono cavie della storia, che devono sperimentare la fine dell’ordine mondiale creato a Yalta nel 1945. Si può attaccare senza motivo reale. Si possono uccidere civili. Si possono condannare a morte 5 milioni di siriani con un tweet. I turchi, che hanno sostenuto l’Isis, stanno inviando le milizie siriane jihadiste loro alleate a liberare i miliziani catturati da kurdi nei mesi scorsi. E le loro famiglie. La comunità internazionale stava ancora nicchiando sull’opportunità di creare il tribunale internazionale chiesto a gran voce dai kurdi siriani. Si discuteva, ma intanto, ora, le persone possono cominciare a fuggire. La prepotenza è tale che l’ambasciatore italiano ad Ankara la settimana scorsa è stato chiamato dal governo turco per dare conto di come mai il Comune di Berceto, in Provincia di Parma, avesse dato la cittadinanza ad Ocalan. Come se a Berceto dovessero rendere conto al governo turco e non alla Costituzione democratica italiana.
Questa orribile tragedia ha degli esempi molto chiari. La Mezzaluna Rossa Kurda, la più grande Ong sanitaria del nord est siriano, ha visto in pochi giorni diversi attacchi ai suoi presidi sanitari e alle sue ambulanze. I suoi medici sono costretti a lavorare sotto le bombe.
L’attivista per i diritti umani Hevrin Khalaf è stata trucidata barbaramente. Il medico della Mezzaluna che l’ha vista per primo era disperato dal dolore. Chi scrive l’ha conosciuta come attivista impegnata a creare un sistema di cooperative a favore delle donne per evitare che in situazioni di conflitto fossero sempre escluse, anche dal mercato del lavoro.
Era una donna indomita. E come tale ha pagato.
L’ultimo effetto scellerato di questo attacco e di questo abbandono internazionale è che le poche e coraggiose Ong straniere che operavano nel nord est siriano hanno dovuto evacuare lo staff espatriato.
Lasciando i siriani ancora più soli a fronteggiare i “mostri”. Nonostante questo, ogni giorno, nei contatti con i medici, le operatrici e gli operatori della Mezzaluna rossa kurda, si può sentire forza e determinazione.
“Continuiamo a vivere e lavorare come ogni giorno. Da stamattina abbiamo distribuito le ambulanze e i medici in base alle esigenze”. Poche parole, che però guardano al futuro. Anche quando la comunità internazionale ha deciso di toglierglielo. Ad oggi i governi, anche europei, hanno risposte deboli.
Ma l’opinione pubblica ha capito. Ha capito che sta facendo la differenza.
E nessuno vuole appoggiare questa follia, che ci riguarda in realtà tutti da vicino.
Lo testimoniano anche le mille iniziative pubbliche e il successo che sta avendo tra centinaia di persone la raccolta fondi popolare e militante lanciata dalla sede della Mezzaluna Rossa Kurda in Italia, https://bit.ly/2pioPOa. Partecipare, sostenere chi opera per salvare vite nel Nord est siriano e difenderci tutti insieme sono le azioni concrete che possiamo fare subito.
La Pace è un bene comune.
Qui di seguito l'appello per l'apertura immediata di un corridoio umanitario da Ras El Ain/Serekanye, sulla base delle informazioni che "Un Ponte Per" ha raccolto dalla Mezzaluna Rossa Kurda. https://www.unponteper.it/it/
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