Nella
serata di ieri, domenica 6 ottobre, il Governo statunitense ha
comunicato che avrebbe iniziato il ritiro del sostegno militare dal Nord
della Siria, aprendo così la strada alla Turchia per iniziare la tanto
agognata invasione della regione. In precedenza, gli USA avevano forzato
le forze kurde a smantellare le posizioni difensive che avevano
allestito lungo il confine, minacciandole di far venir meno la loro
protezione in caso contrario; una volta ottenuto l’obiettivo ora gli
stessi Stati Uniti lasciano tali forze a fronteggiare il probabile
brutale massacro cui procederà il governo turco (svelando che anche
quando si ammantano dietro la “guerra al terrorismo islamista”, in
realtà le potenze NATO hanno più a cuore il dominio che non la pace).
È
questo il modo di ripagare le popolazioni kurde per la loro eroica lotta
contro l’ISIS, nella quale in tantissimi hanno perso la vita?
Ma
c’è di più. Infatti, non solo questa decisione offre al regime turco
carta bianca per lanciare una guerra contro forze democratiche e contro
un paese sovrano, la Siria, ma comporta un pericolo grave e immediato al
confine siriano: se un’invasione delle forze armate turche fosse
coronata da successo, Erdogan si ritroverebbe tra le mani 70.000
prigionieri dell’ISIS e di altre formazioni islamiste al momento
detenuti dalle Forze Democratiche Siriane (SDF l’acronimo inglese).
Peccato che la Turchia sia lo Stato che ha aiutato e favorito l’ISIS nel
suo sogno di costruire un Califfato islamico. Il Dipartimento di Stato
USA ha apertamente dichiarato che vuol passare la responsabilità dei
prigionieri ISIS alla Turchia, malgrado siano al momento detenuti dalle
SDF e non dagli Stati Uniti. La conseguenza di una tale decisione sarà
quella di sguinzagliare decine di migliaia di jihaidisti in Siria e in
tutto il mondo. Pensiamo sia evidente la pericolosità di questa mossa.
Trump sta dunque gettando le basi per la rinascita di uno dei regimi più
crudeli che l’umanità abbia mai conosciuto.
La
minacciata offensiva della Turchia deve essere immediatamente
condannata dal Governo italiano. È immorale, perché significa il
tradimento dei kurdi che hanno fatto così tanti sacrifici per
sconfiggere una forza – l’ISIS – che minacciava i popoli di tutto il
mondo; la sua immediata conseguenza, al di là del massacro che si
prepara, sarà, liberando nuovamente le forze dell’ISIS, di prolungare la
sanguinosa guerra in Siria, mettendo a rischio milioni di vite. In
Siria, in Europa e in tutto il mondo. Chi oggi saprebbe dire quanti
terroristi dell’ISIS potranno rientrare in Europa e che ripercussioni
subiremo anche noi qui in Italia? Il Governo italiano, come i governi di
ogni paese del mondo, ha la responsabilità di intervenire con la sua
diplomazia, di fare qualunque cosa in suo potere per evitare il disastro
che la decisione USA potrebbe provocare di qui a brevissimo. L’Italia è
il quarto esportatore di armi alla Turchia: il nostro Paese gioca
dunque un ruolo diretto nel dare sostegno concreto alle violente
ambizioni dello Stato turco.
Rivendichiamo
che lei, in quanto Ministro degli Esteri, prenda posizione subito,
senza lasciar passare ore che potrebbero rivelarsi decisive.
L’aggressione al popolo kurdo e alla Siria coinvolgerebbe
inevitabilmente le responsabilità di tutti i paesi aderenti alla NATO,
compreso il nostro, che o si dissociano apertamente e materialmente
dall’invasione turca, o ne sarebbero corresponsabili e complici.
Chiediamo quindi l’immediata e pubblica dissociazione del nostro Paese
dall’invasione turca in Siria; in caso contrario considereremo anche il
Governo italiano complice e corresponsabile.
Chiediamo
come azione concreta, che superi le parole, che si proceda
all’immediata sospensione della vendita di armi alla Turchia e
all’intervento in sede di Unione Europea per l’immediato congelamento
dei fondi che in maniera colpevole l’UE regala dal 2016 alla Turchia per
bloccare i migranti.
Il
tempo di agire è ora, in nome della pace, della giustizia e del
rispetto dei diritti fondamentali dei popoli, in primis quello alla
vita.
P.S.:
Caro Ministro Di Maio, considerato che solo poche ore fa era a
colloquio con Mike Pompeo, segretario di Stato USA, oltre che a
confermare l’acquisto degli F35 dagli Stati Uniti, ci chiediamo se sia
stato messo a conoscenza dei piani statunitensi di ritiro dal Nord della
Siria.
In caso positivo, sarebbero gravissimi il suo silenzio e la sua
inerzia; in caso contrario, sarebbe l’ennesimo schiaffo che subiamo a
capo chino e senza colpo ferire.
E pensiamo che la dignità di un Paese
si difenda barattando F35 con parmigiano e prosciutto?
Nessun commento:
Posta un commento