(open.online) – A meno di 24 ore dal voto di fiducia sul nuovo governo giallorosso (prima alla Camera e poi al Senato), il presidente del Consiglio Giuseppe Conte sa che dovrà considerare non solo i numeri della maggioranza attuale, ma anche valutare come a breve il sostegno (numerico) dei partiti potrebbe cambiare.
A spostare gli equilibri potrebbe essere Matteo Renzi, attuale senatore ‘semplice’ del Pd eletto nel collegio di Scandicci-Firenze, ma vero detentore del controllo dei gruppi Dem alla Camera e al Senato. Dove la maggioranza dei parlamentari eletti alle elezioni del 4 marzo, sono riconducibili più a lui che all’attuale segretario Pd Nicola Zingaretti.

Il progetto è quello di creare un gruppo che appoggi l’esecutivo – almeno inizialmente, dicono gli osservatori più malevoli – composto da quei parlamentari che usciranno dal gruppo Dem. Secondo Il Messaggero, l’annuncio di questa nuova creatura parlamentare potrebbe tenersi già alla Leopolda di ottobre.
Alla Camera il gruppo potrebbe essere guidato da un renziano di ferro come Roberto Giachetti, che potrebbe crearlo insieme a una trentina di fedelissimi (tra cui Boschi, Morani e Marattin).
La questione è più delicata al Senato, sia perché la maggioranza gode di numeri ben più risicati sia perché il nuovo regolamento di Palazzo Madama non consente la formazione di nuovi gruppi parlamentari.
L’unica possibilità è confluire nel gruppo Misto, come ad esempio hanno fatto gli espulsi dal Movimento 5 Stelle. Matteo Renzi potrebbe uscire dal gruppo Pd insieme a 5 o 6 fedelissimi, come la senatrice Simona Malpezzi e il senatore Davide Faraone.
L’attuale capogruppo Marcucci, tra gli artefici delle trattative con i 5 Stelle, resterebbe al suo posto e farebbe da anello di congiunzione tra i senatori Pd e i fuoriusciti. Così come Luca Lotti e il neo ministro Lorenzo Guerini.
Un segnale è stato, secondo quanto riporta Il Messaggero, l’assenza di quest’ultimo al pranzo con Matteo Renzi per l’inizio del nuovo governo. Al suo fianco invece, c’erano le neo-ministre Bellanova e Bonetti.
Strategicamente, l’ex premier Renzi potrebbe presentare questa mossa come un tentativo di far riavvicinare più facilmente gli esponenti di LeU e delle altre formazioni di sinistra al Pd, che ora sostiene il governo Conte 2. Il presidente del Consiglio ne uscirebbe rafforzato, almeno nel breve periodo.