Nel bel mezzo delle vacanze estive, senza voto formale, il CETA [Comprehensive Economic and Trade Agreement, l’accordo economico e commerciale tra Canada e Unione Europea, ndt]
verrà presentato all’Assemblea Nazionale.
L’unico paese al mondo che
immette sul mercato un animale geneticamente modificato e non menziona
l’origine OGM delle sue verdure ottiene il diritto di commerciare
liberamente con il mercato europeo.
Questo
è l’ultimo accordo di libero scambio firmato dall’Unione europea che
passerà al Parlamento nazionale.
Dal maggio 2018, i governi europei
hanno deciso che questo tipo di accordo sarebbe andato solo al
Parlamento europeo.
In questa occasione non votiamo senza ragione.
Il testo contiene una novità: la creazione di tribunali arbitrali.
Questi consentirebbero alle società multinazionali di chiedere un
risarcimento quando gli Stati adottano leggi ritenute contrarie ai loro
interessi.
Sappiamo
di cosa si tratta. È con questo tipo di tribunali che la Germania è
stata condannata a pagare 1 miliardo di euro per la sua decisione di
abbandonare il nucleare.
Che l’Australia e la Nuova Zelanda hanno dovuto
rinunciare alla loro legislazione sul controllo del tabacco a seguito
dell’azione legale dei produttori di sigarette in questi tribunali. E
così via.
In
questo caso, la differenza è che l’Unione Europea ha deciso di
istituire un tribunale arbitrale “permanente”.
Ma questo rimane comunque
un tribunale arbitrale. Cioè, non è la legge del paese interessato che
viene applicata, ma una specifica procedura di contrattazione tra
“giudici”, “denuncianti” e Stati.
In
tutto il mondo sono state compiute 850 azioni di questo tipo e la pena
media degli Stati condannati è di 410 milioni di euro.
Il voto
dell’Assemblea nazionale del 17 luglio non ha altro significato se non
quello di convalidare l’esistenza di questo tribunale.
In seguito, sarà
automaticamente incluso in tutti gli altri accordi di libero scambio in
sospeso.
Poiché
non bisogna mai dimenticare che accordi bilaterali e regionali di
questo tipo sono stati resi necessari dopo il fallimento del WTO [World Trade Organization,
ndt] che pretendeva di negoziare un accordo globale. Dopo questo
fallimento, il metodo è consistito nel firmare accordi regionali e
nell’intrecciarli l’un con l’altro attraverso la clausola della nazione
più favorita. Vedremo
presto che il Canada, costretto a stare all’interno dell’accordo a cui
ancora partecipa con il Messico e gli Stati Uniti [NAFTA, North American Free Trade Agreement, ndt], sarà la porta d’ingresso per le merci da tutta quest’area del Nord America verso il continente europeo.
Questo è un esempio che illustra il metodo di contaminazione
a macchia di cui l’accordo con il Canada è uno degli elementi. Dalla
conclusione dell’accordo CETA, l’Europa ha adottato il trattato JEFTA [Japan-EU Free Trade Agreement,
ndt] con il Giappone, che copre complessivamente un terzo del commercio
mondiale! E ancora più in profondità ci sono l’accordo con il Cile, la
Nuova Zelanda, l’Australia, l’Indonesia, la Tunisia e così via.
Il
discorso dell’Unione Europea è che in questo modo essa riesce ad
imporre i suoi standard a livello mondiale attraverso questi accordi.
Ovviamente non è così. Il caso dell’accordo con il Canada ne è un
esempio drammatico.
Il
Canada è uno dei principali produttori mondiali di verdure OGM. La sua
legislazione non prevede nessuna rintracciabilità. É quindi impossibile
controllare all’ingresso in Europa se in ciò che viene importato sono
contenuti OGM. Abbiamo capito che la logica è quella del libero scambio
globalizzato.
Questa
è l’ideologia della fine del XX secolo. Oggi sappiamo tutti che
l’incentivo dovrebbe andare alle attività di relocalizzazione. Che senso
ha mettere la carne bovina canadese in concorrenza con la carne bovina
europea fintanto che sia Canada che Francia vogliamo avere carne bovina?
E se vogliamo ridurre la percentuale di proteine derivate dalla carne
nell’alimentazione, perché spingere per la produzione di massa quando,
al contrario, è in una produzione più limitata e di qualità superiore
che in futuro dovranno trovarsi nicchie di mercato della carne?
Il
libero scambio ci spinge a produrre costantemente più di ciò che viene
venduto. Dalla firma e all’entrata in vigore del CETA nel 2017, la quota
canadese di petrolio e gas di scisto esportati in Europa è aumentata
del 46%. Ciò significa che la produzione sul campo è aumentata di
conseguenza. É questo il momento, nel bel mezzo dell’accelerazione della
crisi climatica, di aumentare l’uso di questo tipo di energia ad alta
emissione di carbonio?
L’introduzione
di questi accordi in Europa è una spirale. Dopo l’accordo con il Canada
e poi con il Giappone, in due anni la Francia ha ratificato tre
importanti accordi di libero scambio.
Venerdì
28 giugno, infatti, la Commissione Europea ha annunciato la firma di un
accordo di libero scambio con il Mercosur. Questa zona di scambio
sudamericana comprende Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay. Il
mandato di negoziazione per la conclusione di questo trattato è stato
conferito nel 1999. Il mandato comprende un elenco degli obiettivi da
perseguire. E in 20 anni, nonostante le ripetute richieste delle
associazioni, il suo contenuto non è mai stato reso pubblico. Inoltre,
il testo integrale dell’accordo stesso non è ancora pubblico. La
Commissione ha semplicemente messo online 17 pagine che dovrebbero
riassumerlo, ma che sono piuttosto un esercizio di comunicazione.
Abbiamo
ormai esperienza a riguardo: il crudo e provocatorio segreto che
circonda questo tipo di documenti non è di buon auspicio. E in questo
tipo di accordi, il diavolo è spesso anche nei dettagli. In ogni caso,
nonostante tutta la retorica dei bei discorsi sulla lotta al cambiamento
climatico, in particolare da parte di Macron, l’Unione Europea continua
la sua corsa frenetica nella distruzione del mondo. L’accordo con il
Mercosur arriva dopo l’entrata in vigore dell’accordo di libero scambio
con il Canada, il CETA nel 2017, dopo la conclusione di un accordo con
il Giappone, il JEFTA nel 2018, e la riapertura dei negoziati con gli
Stati Uniti nel 2019.
E
ancora una volta si tratta di un disastro ecologico. Si tratta di
eliminare il 91% dei dazi doganali del Mercosur sulle esportazioni
europee e il 92% dei dazi doganali europei sulle esportazioni dei paesi
del Mercosur. L’obiettivo di questi ultimi è in particolare quello di
incrementare le loro esportazioni agricole verso l’Unione Europea. A tal
fine, saranno autorizzati contingenti supplementari di esportazione di
99.000 tonnellate di carne bovina, 180.000 tonnellate di zucchero e
100.000 tonnellate di pollame con dazi doganali molto bassi.
I
primi ad essere interessati sono naturalmente gli agricoltori europei.
La carne, ad esempio, viene venduta a un prezzo inferiore del 30%
rispetto a quella degli allevatori del nostro continente. I sindacati
degli agricoltori stimano che 33.000 posti di lavoro nel settore
agricolo nell’Unione Europea saranno minacciati ogni anno da questo
accordo.
Nell’altra
direzione, l’Unione Europea auspica un aumento delle esportazioni
industriali: i dazi doganali sulle automobili, sulle attrezzature
industriali o sui prodotti chimici saranno gradualmente eliminati sul
versante sudamericano. I dirigenti tedeschi si strofinano le mani. I
loro obiettivi hanno prevalso su tutti gli altri. Ma anche sul versante
sudamericano l’allarme esiste. Si tratta del timore, espresso in
particolare dalla Confederazione Generale dei Lavoratori Argentini, di
un declino dell’industria e di una “re-primarizzazione dell’economia”.
In altre parole, un ritorno all’epoca in cui questi paesi non avevano
un’industria.
Il
Brasile è il principale paese del Mercosur. É la nona potenza economica
del mondo. É da questo paese che domani arriverà un numero ancora
maggiore di esportazioni agricole rispetto ad oggi. Firmando con il
Brasile, stiamo promuovendo un modello agricolo ultra-distruttivo per
l’ambiente, che è stato aggravato negli ultimi sei mesi da Bolsonaro. È
il più grande consumatore mondiale di pesticidi. Consuma il 18% del
mercato mondiale da solo. Un terzo dei prodotti utilizzati nelle aziende
agricole sono vietati in Europa a causa della loro pericolosità.
Ma,
paradossalmente, sono le multinazionali europee, e in particolare
quelle tedesche, a beneficiare di questo consumo eccessivo. Così, dal
2016, i quantitativi di prodotti vietati dall’Unione Europea esportati
da Bayer in Brasile sono aumentati del 50%. Quelli esportati da BASF del
40%. Per la coltivazione del caffè, il 25% dei pesticidi autorizzati
non lo sono alle nostre latitudini. Il raccolto di soia utilizza 30
prodotti che abbiamo bandito dal nostro continente. E negli ultimi sei
mesi, il governo brasiliano di estrema destra ha firmato autorizzazioni
per 239 nuovi pesticidi, più di uno al giorno.
E
non è tutto. La politica agricola di Bolsonaro sta accelerando la
deforestazione in Amazzonia. All’inizio del 2019, la sua velocità è
aumentata del 54% grazie alle autorizzazioni concesse alle imprese
agricole. L’allevamento di bestiame, che è l’obiettivo principale
dell’accordo, è responsabile dell’80% del declino della foresta più
grande del mondo. Lo stesso vale per la coltivazione della soia, per la
quale l’Unione Europea non è autosufficiente.
Nell’ultimo
mezzo secolo, il 20% della foresta primaria è scomparso. Si tratta si
di un polmone naturale la cui scomparsa aumenterebbe l’effetto serra,
che di un ecosistema unico nel suo genere. La sua biodiversità si
perderà per sempre. Con l’azione dell’agricoltura produttivista in
Amazzonia, siamo al centro del disastro ecologico che si sta preparando
su scala globale. Al centro del riscaldamento globale e del meccanismo
che porta alla sesta estinzione delle specie.
L’accordo
contiene, naturalmente, clausole relative alla biodiversità, al
rispetto degli impegni internazionali sul clima o alla lotta contro la
deforestazione. Le parole ci sono. Ma, come al solito, tutto rimarrà
sotto forma di una frase che dipende dalla buona volontà dell’industria
agroalimentare per la loro attuazione. In breve: niente di vincolante.
Non
si può fare a meno di essere sbalorditi da tanta disprezzante
disinvoltura verso i problemi del nostro tempo. Non si può concludere
altrimenti che sottolineando come questa nuova era produttivista e
finanziarizzata del capitalismo sia incapace di prendersi cura così poco
dell’interesse umano generale. La logica del mercato porta sempre
all’esatto contrario.
* Traduzione di Andrea Mencarelli (Potere al Popolo) dell’editoriale pubblicato sul sito di Jean-Luc Mélenchon.
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