venerdì 12 luglio 2019

«La Grecia svolta a destra, ma il centrosinistra guidato da Syriza e la sinistra radicale restano forti»


 

dinamopress  Giansandro Merli
Intervista a Yannis Almpanis, attivista della “Rete per i diritti politici e sociali” e membro del comitato centrale di Syriza fino a settembre 2015, sulle elezioni che hanno restituito il governo a Nea Demokratia e sugli scenari che si aprono nelle strade e in parlamento. «Nell’opposizione sociale Syriza non può giocare un ruolo rilevante, ormai è un partito del potere, i suoi membri sono dei politici normali, non sanno come avere una presenza nelle strade o nei quartieri, come accadeva prima del 2015. E poi ormai è inviso a movimenti e attivisti»

Che parlamento è uscito da queste elezioni?
La destra ha la maggioranza assoluta con i conservatori di Nea Demokratia, che è parte del Partito popolare europeo. Hanno preso il 39,5% e 158 seggi su 300. Quindi avranno un governo molto forte, che potrà approvare qualsiasi legge e implementare un programma ultra neoliberale. Syriza ha ottenuto il 31,5% e 86 seggi. È una sconfitta, ma è andata meglio di quello che si aspettavano. I sondaggi davano Syriza intorno al 27%. Il suo risultato è la più grande sorpresa di queste elezioni. Adesso è il primo partito dell’opposizione e c’è ancora un grande futuro per Tsipras. Kinal, che significa “movimento del cambiamento” ed è l’ex Pasok (il partito socialdemocratico tradizionale che fa parte del Partito socialista europeo), ha preso l’8,1%. Anche questo risultato è sopra le aspettative, meglio delle precedenti elezioni. Alla fine di questo mandato, però, Kinal sarà stato fuori dal portere per circa otto anni. È troppo per questo partito, che adesso è sotto pressione da parte di Syriza, che domina il centro-sinistra.
Il partito comunista ha preso il 5,3%, come la volta precedente. Il Kke è riuscito a uscire dalla depressione di Syriza e della gente di sinistra, ma allo stesso tempo ottiene esattamente lo stesso risultato in ogni elezione. Significa che dovrebbe adottare una nuova linea politica per attrarre nuove persone e andare avanti.  Anche Varoufakis, il ministro dell’economia del primo governo Syriza, è riuscito a entrare in parlamento. È un successo molto importante per Mera25, che dimostra che ci sono centinaia di migliaia di elettori a sinistra di Syriza, di persone che hanno votato Syriza nel 2015 e sono deluse dalla sua politica. Quello di Varoufakis, però, è più un progretto che un vero partito politico.
L’ultimo partito entrato in parlamento è Soluzione Greca, di Kyriakos Velopoulos, una formazione di estrema destra, nazionalista e razzista sostenuta dalla Russia. Ha giocato meglio degli altri nella questione dell’accordo tra Grecia e Macedonia del Nord. Almeno, a differenza di Alba Dorata, non è un partito violento: è conservatore, religioso, nazionalista e razzista, ma non aggredisce le persone. La migliore notizia di queste elezioni è che Alba Dorata, il partito nazista, è fuori dal parlamento dopo sette anni. Questo è molto importante, anche perché tra sei/otto mesi ci sarà la decisione del tribunale nel processo ai suoi membri. Speriamo vengano incarcerati. Alle precedenti elezioni avevano preso circa il 7%, in queste il 2,95%: i loro voti sono andati a Nea Demokratia e Velopoulos.
Il voto, in generale, indica che c’è una svolta a destra della società greca, ma allo stesso tempo che il centro sinistra e la sinistra sono ancora molto forti.
Syriza non ha vinto ma ha comunque ottenuto il 31%, un “risultato sopra le aspettative” come ha sottolineato. Significa che esiste ancora uno spazio per la sinistra radicale in Grecia?
Syriza è sempre più un partito neo socialdemocratico, anche se non quello tipico della socialdemocrazia europea. Non è uguale al Partito Democratico italiano, al Partito Socialista francese o a quello tedesco dell’Spd. È un caso singolare e la sua caratteristica unica è la personalità di Tsipras, il suo carismo, il suo talento e la sua profonda relazione emozionale con gli elettori. Direi che Syriza è un ibrido tra un partito neo socialdemocratico europeo e il peronismo latino americano di sinistra. Di sicuro, comunque, Syriza non è un partito della sinistra radicale. Ha attuato un programma neoliberale molto duro, ha alleanze militari e diplomatiche con Stati Uniti e Israele e il suo governo non è diverso dal solito business. Anche se è stato molto più soft rispetto a quelli di destra. Ad esempio, ha approvato misure per i diritti di persone omosessuali e Lgbtq. Ma rimane un partito normale, il secondo pilastro del sistema politico. Molti elettori di sinistra o della sinistra radicale hanno scelto Syriza per fermare Nea Demokratia o almeno per avere un contropotere verso una destra molto forte. Adesso l’agenda di Tsipras è concentrata sull’attrarre i membri del vecchio Pasok. Sembra che ci sarà un dibattito interno a Syriza su questa apertura.
Per quanto riguarda la sinistra radicale, invece, è chiaro che in Grecia esiste un grosso spazio: Varoufakis ha preso il 3,5%, il Kke il 5,3% e le varie liste della sinistra extraparlamentare circa l’1%. Questo spazio è più grande che in altri paesi europei. Ma dopo il 2015 e la divisione di Syriza c’è grande frammentazione, settarismo e nessun gruppo ha avanzato una proposta politica capace di convincere le persone. In tanti non hanno votato Varoufakis per il suo programma, ma perché rappresenta un’icona. Un’icona del No al referendum del 2015. Un’icona della lotta contro l’Unione Europea e l’austerity. Un’icona di disobbedienza. In generale le persone ci sono, il problema della sinistra radicale è portare avanti una proposta politica che sia allo stesso tempo radicale, moderna e possa convincere gli elettori.

Nell’ultimo periodo grandi mobilitazioni di giovanissimi hanno portato sul tavolo della politica le questioni legate al climate change e all’ambientalismo. Come si è comportata Syriza su questo piano?
Il cambiamento climatico è stato parte della campagna elettorale di Syriza ma non è qualcosa di essenziale. In realtà il governo di Syriza è stato super estrattivista. Non ha cambiato nulla. Per esempio, aveva promesso che avrebbe fermato le miniere in Calcidica, invece la distruzione dell’ambiente è andata avanti. Ha anche avviato un enorme programma di ricerca di petrolio in tutta la Grecia, dando autorizzazioni alle principali compagnie per cercarlo praticamente ovunque. Uno scandalo totale! Appena prima delle elezioni ha chiuso un accordo con Exxon Mobil e Total per cercare il gas a sud-ovest di Creta. Mentre le ricerche a sud dell’isola di Samos hanno provocato una forte competizione militare con la Turchia. In generale, il governo di Syriza è stato molto amichevole con le grandi multinazionali del petrolio come Exxon Mobil, Shell, Total o l’italiana Eni.
Intorno al referendum del 2015 ci sono state le ultime mobilitazioi di massa in Grecia. Durante il governo di Syriza, invece, non è successo quasi niente di rilevante. In questo nuovo scenario potrebbe cambiare qualcosa?
Dopo la capitolazione di Syriza del 2015, la società greca e soprattutto la sinistra greca sono cadute in una forte depressione. C’era un sentimento di debolezza, che la situazione non sarebbe potuta cambiare, che era inutile manifestare. Che non si può vincere, non si può cambiare nulla. L’argomento principale del governo era T.I.N.A.: there is no alternative, non c’è alternativa. Esattamente il tipico slogan neoliberale. Se non c’è alternativa che si può fare? Ci sono state alcune manifestazioni, alcune mobilitazioni, ma niente di importante. Benché i giovani siano ancora radicali. Tra loro il dibattito è andato avanti e lo spazio politico tra la sinistra radicale e gli anarchici non è finito. Ma niente di importante è accaduto nelle strade.
Adesso si discute di quello che potrà accadere con Nea Demokratia. Da un lato, il sentimento di debolezza è ancora là. Le organizzazioni sociali della sinistra sono ancora deboli e i movimenti si trovano nella stessa situazione. Dall’altro, se Nea Demokratia prova a mettere in pratica il suo programma, che è ultra neoliberale, perfino più del memorandum, c’è la possibilità che si diano reazioni. Contro la repressione, la brutalità della polizia, gli attacchi ai diritti dei migranti, ma soprattutto contro le privatizzazioni del sistema sanitario e dell’educazione, che sono parte del programma del partito di destra. Ovviamente nessuno può sapere su che scala queste reazioni si daranno, se saranno di massa come nei primi cinque anni della crisi o no.
Syriza può avere un ruolo?
Sul livello dell’opposizione sociale Syriza non può giocare un ruolo rilevante per diverse ragioni. In primo luogo, perché Syriza è diventato un partito del potere. Adesso i suoi membri sono ormai dei politici normali. Fanno politica solo attraverso l’ambito istituzionale. Non sanno come avere una presenza nelle strade o nei quartieri, come accadeva prima del 2015. In secondo luogo, esiste una grossa divisione tra i membri di Syriza, da una parte, e chi ha lasciato il partito e il resto della sinistra radicale, dall’altra. Le persone non si rivolgono la parola, c’è un’atmosfera molto ostile tra gli attivisti e i politici di Syriza.
Devo dire, però, che tra la cosiddetta “gente di sinistra” la situazione è diversa. C’è ancora comunicazione e scambio tra gli elettori di Syriza e quelli di Varoufakis, del Kke e della sinistra extraparlamentare. Migliaia e migliaia di persone hanno scelto chi votare tra questi partiti all’ultimo momento. Nella società esiste uno spazio in divenire rispetto a questo campo, tra Syriza e la sinistra radicale. Vedremo cosa accadrà ma non credo che Syriza possa giocare un ruolo importante nelle strade.

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