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Attraverso un briefing paper del settembre 2013, passato piuttosto in
sordina ai globocrati di Bruxelles e ai neoliberisti impenitenti,
l’Oxfam aveva lanciato lanciato un monito deciso e inequivocabile all’Europa, affinché abbandonasse le rovinose politiche economiche dell’austerità. Lo ricorda sul suo blog Ilaria Bifarini, “bocconiana redenta”, autrice di saggi sulla catastrofe del neoliberismo di cui in Europa l’Ue e la Bce
sono i principali guardiani. Una politica – quella dell’austerity – che
preoccupa seriamente l’Oxfam, una confederazione internazionale di
organizzazioni no-profit che si dedicano alla riduzione della povertà
globale, attraverso aiuti umanitari e progetti di sviluppo. «I programmi
di austerità attuati in Europa
hanno smantellato le misure di riduzione della disuguaglianza e di
stimolo alla crescita equa», scrive l’Ofxam. «Con tassi di
disuguaglianza e povertà in crescita, l’Europa
sta vivendo un decennio perduto: se queste misure continueranno –
scriveva l’associazione, nel suo rapporto di ormai cinque anni fa –
altri 15-25 milioni di persone in Europa potrebbero diventare poveri entro il 2015».
L’Oxfam sostiene di conoscere bene questa situazione, perché si è già
verificata nel passato. Afferma: «I programmi di austerità europei
assomigliano alle rovinose politiche di “aggiustamento strutturale”
imposte in America Latina, Sud Est Asiatico
e Africa Sub-Sahariana negli anni ’80 e ’90. Queste politiche –
fallite: medicine che curavano la malattia uccidendo il paziente – non
devono essere attuate di nuovo». Per questo, l’Oxfam chiedeva ai governi
europei (inutilmente) di allontanarsi dalle misure di austerità e
scegliere, invece, «un percorso di crescita inclusiva che porti a
risultati migliori per le persone, le comunità e l’ambiente». Questa,
sottolinea Ilaria Bifarini, la raccomandazione da parte
dell’organizzazione internazionale per uscire da una crisi
che, senza un cambiamento di rotta, è destinata ad aggravarsi e ad
autoalimentarsi. «Ci sono alternative alle politiche di austerity»,
insiste l’Oxfam. «In primo luogo, il problema del debito pubblico
europeo deve essere affrontato attraverso un processo trasparente, che
eventualmente includa misure di ristrutturazione o cancellazione
parziale del debito».
Cinque anni dopo, il presidente della Repubblica italiana – Sergio
Mattarella – è arrivato a motivare la penalizzione di Paolo Savona
(candidato dai gialloverdi al dicastero dell’economia)
sostenendo che “i mercati” avrebbero punito l’Italia, se avesse osato
dare rilievo istituzionale a un personaggio pronunciatosi in modo
critico rispetto alla gestione tecnocratica dell’Ue. Per l’Oxfam, al
contrario, sarebbe necessario «affrontare e risolvere le distorsioni del
sistema finanziario portate alla luce dalla crisi
economica». Purtroppo, chiosa Ilaria Bifarini, l’appello
dell’associazione è caduto nel vuoto, «e le file di poveri continuano a
ingrossarsi senza tregua», proprio come previsto. Secondo l’economista
post-keynesiano Nino Galloni, solo un deficit di almeno il 4% avrebbe
permesso di dare risultati, in termini di rilancio economico e
occupazionale, a partire dal 2019. Invece, l’eurocrazia ha costretto il
governo Conte a rinunciare persino al misero 2,4% inizialmente
annunciato. Difficilmente l’esecutivo riuscirà a mantenere le sue
promesse, con un deficit al 2,04%. Ancora rigore, dunque, e ancora crisi.
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venerdì 11 gennaio 2019
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