Diego Fusaro Filosofo
Salvare le banche è il motto dell’élite globalista e dei suoi araldi, gli armigeri del pensiero unico politicamente corretto ed eticamente corrotto. Occorre salvare il popolo, non le banche. Salvare le banche significa, com’è ovvio, massacrare il popolo: cioè usare fondi pubblici per interessi privati, ancora una volta attuando un keynesismo rovesciato, che giova unicamente ai dominanti. E che, per dispiegarsi, necessita di misure di lacrime e sangue per i dominati.
Se fallissero, ne scaturirebbero sciagure sociali immani. È una narrativa fuorviante, propria di chi, con essa, vuole colpire il basso per favorire sempre e solo l’alto.
Che fare, dunque, per riprendere il noto e sempre valido quesito leniniano? In primis, evitare intrusioni dei famelici lupi dell’Unione europea, id est della Bce. I quali, com’è ovvio, non vedono l’ora di intervenire con i soliti dispositivi di cattura, cioè per rinsaldare la nostra schiavitù. In secondo luogo, evitare senza esitazioni l’aiuto alle banche e il loro salvataggio con pubblici danari. In terzo luogo – ed è il punto decisivo – procedere in direzione dell’interesse nazionale-popolare, cioè nazionalizzare il sistema bancario. È ora di porre fine a questo sciagurato “comunismo capitalistico”, con cui si privatizzano gli utili e si rendono pubbliche le perdite, addossando alla collettività l’onere del salvataggio. Occorre nazionalizzare gli assetti fondamentali di questo Paese, dalle banche alla Fiat, reagendo alla “bestia selvatica” (Hegel) del mercato deregolamentato.
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