Roma, 26 gennaio, Sapienza, aula 1 Facoltà di Lettere Università la Sapienza(Piazza Aldo Moro 5), ore 13,30
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Siamo
i comitati, i movimenti, le associazioni e i singoli che da anni si
battono contro le grandi opere inutili e imposte e per una nuova
stagione di giustizia climatica. Ci siamo ritrovati a Venezia lo scorso
settembre, poi ancora a Venaus, in Val Susa e in molti altri luoghi, da
nord a sud, dando vita ad assemblee che hanno raccolto migliaia di
partecipazioni. Siamo le donne e gli uomini scesi in Piazza a Torino, a
Padova, in Puglia, in Sicilia ed in centro Italia, lo scorso 8 dicembre.
Tutte
e tutti noi abbiamo accolto una sfida, quella di portare a Roma la
nostra voce ed un nuovo messaggio. Un messaggio che ribadisca la
necessità di farla finita con il modello di sviluppo legato alle grandi
opere: una tragedia per l'ambiente, un furto di denaro pubblico per
interessi di pochi, una manna per i corrotti, con progetti e cantieri
che, in barba alla volontà popolare, vengono imposti manu militari,
reprimendo il dissenso.
Anche
su questo fronte il “governo del cambiamento“ sta dando il peggio di
sé. Non possiamo stupirci della Lega, da sempre sponsor della
cementificazione dei territori e dalla parte dei poteri forti
dell'impresa e della finanza. Il Movimento 5 stelle, dal canto suo, ha
gettato alle ortiche tante promesse elettorali, facendo esattamente il
contrario di quanto promesso fino alle elezioni. Non basta tergiversare
sull'analisi costi benefici del TAV in Val di Susa, per fare dimenticare
le vergognose retromarce che riguardano tutte le altre opere e gli
altri territori. Il TAV Terzo Valico, il TAP in Puglia, le grandi navi
ed il MOSE a Venezia, l'ILVA a Taranto, le trivellazioni nello Ionio, in
Adriatico e in centro Italia, Il MUOS in Sicilia e così via.
Vogliamo
dunque portare a Roma, fino nelle stanze del governo il nostro sdegno.
Dalla prospettiva dei territori, infatti, non vediamo alcun cambiamento,
anzi, pare che tutto venga gestito, dopo i proclami elettorali, nella
più vergognosa continuità con il passato.
Assieme
al no alle grandi opere, la nostra piazza vorrà essere un'enorme
affermazione della necessità di cambiare il nostro modello di sviluppo
che deve iniziare, da subito, a fare fronte alla crisi climatica.
Vogliamo
affermare un punto di vista chiaro su ciò che il nostro Paese ha
davvero bisogno, facendola finita con le grandi opere inutili a favore
delle vere necessità del popolo e dei territori: cura e messa in
sicurezza del territorio, piccole opere necessarie a vivere meglio,
sanità e pensioni decorose.
Noi
diciamo che la crisi climatica è già qui, ed è collegata al modello di
sviluppo attuale che ha già fatto troppi danni. Assistiamo ai continui
fallimenti delle COP governative (l'ultima a Katowice, in Polonia, pochi
mesi fa) e siamo consapevoli che solo un grande movimento può cambiare
il corso di questa catastrofe climatica che si aggrava di anno in anno.
Si
può fare molto, da subito, diminuendo il ricorso ai combustibili
fossili, abbandonando progetti di infrastrutture inutili, finanziando
interventi dai quali potremo trarre benefici immediati (messa in
sicurezza dei territori martoriati da fenomeni sempre più estremi,
riconversione energetica e della produzione, educazione e ricerca
ambientali), cessando così di contrapporre salute e lavoro.
Noi
diciamo che questa transizione ecologica la devono pagare i ricchi, i
grandi gruppi finanziari, le élite che negli ultimi anni hanno
approfittato della crisi per arricchirsi, riservando alle persone e ai
territori solo la ricetta dell'austerità e la distrazione di massa della
guerra tra poveri.
Sappiamo
che nessun governo, tantomeno quello in carica, ci regalerà quello che
vogliamo. A fronte delle emergenze reali che chiamiamo in causa, loro
sono impegnati a soffiare sul fuoco del razzismo, del sessismo e
dell'autoritarismo. Insieme, abbiamo l'ambizione di costruire un
movimento, non una rete, non un coordinamento, non una sommatoria di
soggetti, ma uno spazio pubblico aperto che in tante e tanti stiamo
cercando per trasformare finalmente il modo in cui si guarda alla vita
dei territori, per decidere da noi, insieme, il nostro futuro, per
iniziare un cammino di giustizia ambientale, che non può più aspettare.
La tappa di Roma, il prossimo 23 marzo, sarà un passo importantissimo. Prepariamolo assieme!
I comitati contro le grandi opere e i movimenti per la giustizia climatica
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