lunedì 14 maggio 2018

Palestina. Festa in Israele, carneficina a Gaza.

Bilancio drammatico nella Striscia nel giorno dell'inaugurazione dell'ambasciata Usa a Gerusalemme.

Una festa per gli Israeliani. Una catastrofe per i Palestinesi. Festa e catastrofe insanguinate, nel giorno dell'"Intifada dell'ambasciata". Si muore a Gaza, mentre in una Gerusalemme iper blindata si inaugura l'"Ambasciata della discordia". Le previsioni della vigilia si sono tristemente avverate: morti e feriti hanno scandito il settantesimo anniversario della fondazione dello Stato d'Israele. Sentimenti opposti, impastati di rabbia e di dolore, che convergono su un punto: la pace non alberga in Terrasanta. E mai come in un presente che non riconosce futuro, se non quello dominato dall'esercizio della forza, parole come "dialogo", "compromesso", "riconoscimento" delle ragioni e dell'identità (nazionale) dell'altro da sé, sono estranee al vocabolario politico mediorientale.

E allora, a dominare è sempre e solo cronaca di guerra. Quella che semina vittime sul campo, alla quale si aggiunge quella mediatica, fatta di proclami roboanti, di minacce, ultimatum. I falchi dei due campi si ritrovano assieme nello spazzare via ogni posizione intermedia, perché ci￲ò che più temono, e non da oggi, è l'affermarsi di una cultura, e di una pratica, dell'ascolto su cui fondare un percorso di pace. Non si militarizza solo il territorio. Si militarizzano le coscienze, si arruola l'informazione. E si massacra. Almeno 55 morti e 2.700 palestinesi feriti, inclusi gli intossicati: questo il bilancio provvisorio fornito dal ministero della sanità palestinese dei duri scontri con l'esercito israeliano al confine di Gaza che sono ancora in corso."A Gerusalemme non è stata aperta un'ambasciata ma un avamposto americano". Lo ha detto, citato dalla Wafa, il presidente palestinese Abu Mazen che ha parlato di schiaffo da parte degli Usa ribadendo che "l'America non è più un mediatore in Medio Oriente". Abu Mazen ha poi annunciato lo "sciopero generale dei Territori Palestinesi" e tre giorni di lutto per gli uccisi a Gaza.
Le autorità di Gaza hanno intanto chiesto all'Egitto aiuti medici immediati e la autorizzazione a trasferire in quel Paese i feriti più gravi. La prima vittima è stata identificata in Anas Qudeih, 21 anni, colpito dal fuoco israeliano a Est di Khan Younis, nel Sud della Striscia di Gaza, mentre la seconda vittima è il 29enne Musaab Abu Leila, ucciso a est di Jabalya dal fuoco dell'esercito israeliano, sarebbero poi tra gli uccisi Obaida Salem Farhan di 30 anni, Mohammed Ashraf Abu Sittah di 26 anni, Izzeddine Mousa al-Sammak di 14 anni, Izzaddine Nahed al-Owaiti di 23 anni e Bilal Ahmad Abu Diqqa di 26 anni. In precedenza, erano 54 i palestinesi uccisi nella Striscia di Gaza da spari israeliani dall'inizio della Marcia del Ritorno, il 30 marzo, organizzata ogni venerdì lungo la barriera per chiedere il "diritto al ritorno" a 70 anni dall'esodo forzato del 1948. Ci sono "anche sei minori" tra i palestinesi uccisi a Gaza. Lo afferma Amnesty International denunciando una "ripugnante violazione delle norme internazionali e dei diritti umani". Tra i quasi "2.000 feriti, molti sono stati colpiti alla testa e al petto. Oltre 500 sono stati feriti da pallottole. Bisogna porre fine adesso a tutto ciò￲", afferma l'Ong via Twitter.
Si tratta del giorno più sanguinoso nel conflitto israelo-palestinese dalla guerra del 2014. Gli ospedali di Gaza hanno lanciato appelli alla popolazione affinché giunga in massa per donare sangue. Le autorità hanno chiesto all'Egitto aiuti medici immediati e l'autorizzazione a trasferire oltre frontiera i feriti più gravi. "Quello che si sta perpetrando nella Striscia di Gaza è un massacro pianificato a tavolino dai governanti israeliani - dice ad HP Allam Mousa, ministro dell'Informazione dell'Autorità nazionale palestinese, raggiunto telefonicamente nel suo ufficio alla Muqata, il quartier generale dell'Anp a Ramallah -. I soldati israeliani hanno aperto il fuoco contro migliaia di palestinesi che manifestavano entro i confini di Gaza. Israele non ha esercitato il diritto di difesa, ma ha praticato un terrorismo di Stato. E' stato un tiro al bersaglio". Il portavoce del governo palestinese Yusuf al-Mahmoud ha chiesto "un intervento internazionale immediato per fermare il terribile massacro a Gaza commesso dalle forze di occupazione israeliane contro il nostro popolo eroico". La risposta israeliana non si fa attendere. "Chiunque si avvicini alla barriera tra Gaza ed Israele viene considerato un terrorista", ribatte Naftali Bennett - ministro dell'Istruzione e leader di Habayt Hayehudi (Casa Ebraica), il partito ultranazionalista legato a doppio filo al movimento dei coloni - in un'intervista radiofonica, commentando l'operato di Tsahal. In una dichiarazione l'esercito israeliano afferma che "sta rispondendo con mezzi ed uso di armi da fuoco per disperdere rivolte e che sta operando secondo le procedure standard" nel rispondere a 35mila "rivoltosi". In particolare l'esercito afferma di aver sventato un attentato vicino a Rafah, nel sud della Striscia. "Un commando di tre terroristi armati - ha detto un portavoce - stava cercando di deporre un ordigno. Le nostre forze hanno reagito e i tre sono morti. Secondo i media, i militari hanno fatto ricorso a un carro armato. Il portavoce ha aggiunto che velivoli israeliani hanno colpito anche un obiettivo di Hamas a Jabalya, dopo che da lì erano partiti spari. I caccia israeliani lanciato volantini che recitano: "Ai rivoltosi, state prendendo parte a rivolte violente che mettono a rischio le vostre vite, salvatevi e mettete al primo posto la costruzione del vostro futuro", secondo quanto riporta il Guardian. "Non lasciatevi usare cinicamente come dei burattini da Hamas", continua il volantino che conclude: "State lontani dalla barriera di sicurezza", avvisando del fatto che l'esercito "rispondere ad ogni tentativo di danneggiarla o mettere in pericolo militari o civili israeliani".
Avvertimenti simili, ma di segno opposto sono stati lanciati da Hamas nei giorni scorsi: in un video in ebraico il movimento islamico si è appellato agli abitanti delle comunità israeliane vicino al confine con Gaza, esortandoli ad andarsene. "Siete stati avvisati, attraverseremo il confine e raggiungeremo tutte le vostre comunità. Non moriremo da soli". Scontri tra manifestanti palestinesi e l'esercito israeliano, con scambio di sassate e lacrimogeni, si sono susseguiti per l'intera giornata anche in Cisgiordania. In particolare a Betlemme e ad Hebron, ma sono segnalati in altre località come Kalandia, a nord di Gerusalemme. Le notizie che giungono dalla Striscia non scalfiscono le certezze dell'inquilino della Casa Bianca.
Per Donald Trump i morti di Gaza non sembrano esistere o se sì, vengono ridotti ad "effetti collaterali", dolorosi, forse, ma che non intaccano la giustezza delle scelte compiute. Oggi è un grande giorno per Israele!", scrive su Twitter The Donald ricordando, che l'inaugurazione dell'ambasciata Usa a Gerusalemme sarà trasmessa live su Foxnews dalle 9 ora americana (le 15 in Italia). L'ambasciatore americano, David Friedman, parlando stamattina alla Orthodox Union Organization, ha ringraziato Trump per "il suo coraggio e la sua visione" e "il dipartimento di Stato che ha fatto un lavoro impressionante". Friedman ha quindi sottolineato di aver "ricevuto sostegno da due cari amici che hanno lavorato per rafforzare le relazioni tra Israele e gli Stati Uniti, Jared Kushner (il consorte, tutt'altro che decorativo, di Ivanka Trump, ndr) - e Jason Greenblatt", rappresentante speciale americano per i negoziati internazionali. La missione americana è composta anche dal segretario al Tesoro Usa Steve Mnuchin, dal vicesegretario di Stato John Sullivan e da 12 membri del Congresso. "Gerusalemme resterà la capitale di Israele qualunque sia l'accordo di pace che immaginate, aveva ribadito ieri sera il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, accogliendo a un ricevimento Ivanka Trump e Jared Kushner.
Il dubbio non è un sentimento coltivato nell'entourage di Trump, e lo stesso dicasi negli ambienti governativi israeliani. L'inaugurazione dell'Ambasciata statunitense ne è la riprova. Non solo per la scelta in sé, contestata dalla quasi totalità dei Paesi europei e dalla maggioranza di quelli che fanno parte delle Nazioni Unite. Ci￲ò che colpisce, e dà il segno dei tempi, è la visione manichea che permea i discorsi: da un lato c'è il Torto, dall'altro la Ragione, in mezzo, niente. E' una rottura culturale, prim'ancora che politica, tanto più possente perché tende a cancellare la specificità del conflitto israelo-palestinese, la cui essenza, tragica, sta proprio nel fatto, ricorda Amos Oz, che ha scontrarsi non sono il Torto e la Ragione, ma due diritti egualmente fondati e che l'unico cammino percorribile, se si vuole davvero dare soluzione a questa tragedia dostoievskiana, è praticare l'arte benefica del compromesso. Tra falchi e avvoltoi non c'è spazio per le "colombe". La cerimonia di inaugurazione dell'Ambasciata americana è uno spot mediatico per il duo Bibi&Donald. Al suo arrivo Netanyahu è stato accolto dagli applausi. In prima fila Ivanka Trump, Jared Kushner, l'ambasciatore Usa David Friedman e il vice segretario di Stato Usa John Sullivan insieme al segretario al Tesoro David Mnuchin. Presente anche il presidente di Israele Reuven Rivlin.. Israele, come ogni Stato sovrano, ha il diritto di determinare la sua capitale", ribadisce Trump nel video messaggio inviato per la cerimonia di apertura dell'ambasciata Usa a Gerusalemme. "La nostra speranza è per la pace e gli Stati Uniti restano impegnati per un accordo di pace", sottolinea il presidente Usa nel messaggio, senza per￲ entrare nel merito. Per Netanyahu è un successo personale. Se qualcuno al mondo ancora nutriva dei dubbi sul legame di ferro esistente tra il "sovranista" americano e il "sovranista" israeliano, la cerimonia di oggi quei dubbi li seppellisce. La famiglia Trump ha sposato una sola causa: quella d'Israele. "Ritorno a Gerusalemme con grande gioia", ha scritto Ivanka su Instagram. "Sono onorata di parte della delegazione che rappresenta il presidente, la sua amministrazione e il popolo americano a questa storica cerimonia", ha aggiunto.
Visto che sono tempi da falchi, eccone rispuntare uno dalle caverne ai confini tra Pakistan e Afghanistan: il capo di al Qaeda Ayman al-Zawahiri, interviene sul trasferimento dell'ambasciata Usa a Gerusalemme. Il successore di Osama bin Laden attacca i Paesi islamici che hanno "di fatto riconosciuto Israele quando hanno sottoscritto la Carta dell'Onu che obbliga al rispetto dell'integrità territoriale degli Stati membri", quindi anche dello Stato ebraico: "Molti hanno stabilito rapporti ufficiali o segreti con Israele e accettato Tel Aviv o Gerusalemme Ovest come sua capitale, anche se sono terre islamiche e nessuno pu￲ accettare che sia cedute agli ebrei". Quanto a Trump, sostiene al-Zawahiri, spostando l'ambasciata Usa a Gerusalemme "ha svelato il vero volto della moderna crociata. Con lui non funziona la pacificazione ma solo la resistenza tramite il jihad". A tuonare è anche il presidente della Turchia Recep Tayyip Erdogan. "Gerusalemme Est è la capitale della Palestina", ribadisce Erdogan durante la sua visita a Londra," nonostante i passi intrapresi" per riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele. Il leader turco ha ricordato che all'Assemblea dell'Onu 128 Paesi si sono espressi contro il trasferimento dell'ambasciata. "Il regime israeliano massacra innumerevoli palestinesi a sangue freddo durante una protesta nella pi grande prigione a cielo aperto. Nel frattempo, Trump celebra il trasferimento illegale dell'ambasciata Usa ed i suoi collaboratori arabi cercano di distogliere l'attenzione" commenta il ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif, su Twitter. Gli avvoltoi impazzano, mentre a Gaza si continua a morire. A colpire non sono solo le dichiarazioni ma anche i silenzi. Assordanti. Come quello dell'Arabia saudita. Nell'agenda del principe ereditario, Mohammed bin Salman, la questione palestinese è fuori pagina, semplicemente non esiste. Per Riyadh il nemico del mio nemico (l'Iran) è mio stretto alleato. L'alleato israeliano, a cui si abbuona tutto, anche il pugno di ferro nella Striscia.

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