Almeno
una cinquantina i missili che sono piovuti nella notte tra mercoledì e
giovedì su diverse postazioni militari israeliane nelle alture del Golan
occupato.
«Un
attacco condotto direttamente dai Guardiani della rivoluzione iraniani e
nello specifico dalla brigata Al Quds guidata dal generale Soleimani»
come affermato ai media da un comunicato stampa delle IDF (forze armate
israeliane). Il quotidiano Haaretz ha riconosciuto che il sistema missilistico Iron Dome ha «funzionato parzialmente e numerosi missili, provenienti dal territorio siriano, hanno colpito delle postazioni israeliane».
La televisione libanese Al Mayadeen
ha dichiarato che almeno «50 missili hanno colpito obiettivi e
postazioni difensive dell’esercito di Tel Aviv con ingenti danni»,
mentre, per quanto riguarda la sorte dei militari, il governo Netanyahu
avrebbe imposto un momentaneo black-out, fornendo ai media nazionali un
solo comunicato «sull’inefficacia dell’attacco missilistico» per non
creare panico nella popolazione e nei coloni dei territori
settentrionali.
Proprio l’incapacità del sistema missilistico di difesa israeliano, secondo l’agenzia AFP,
avrebbe spinto le autorità a lanciare un attacco aereo verso alcune
postazioni militari siriane vicino Damasco e nella zona di Deraa, senza
provocare ingenti danni o vittime.
Dopo
le numerose provocazioni israeliane in territorio siriano, la guerra
sembra essere cominciata anche se il ministro della difesa israeliano,
il falco Avigdor Lieberman, ha subito annunciato alla stampa nazionale
che «Israele non vuole una escalation militare e spera che questo sia un episodio isolato».
All’indomani
del bombardamento la stessa stampa nazionale israeliana sembra
insoddisfatta e preoccupata dalle possibili conseguenze di un conflitto.
Mentre numerosi politici israeliani invocano ogni giorno la guerra, i
responsabili della difesa restano cauti e si dichiarano preoccupati per
le possibili conseguenze di un conflitto dagli esiti incerti visto che
«Hezbollah e Pasdaran hanno acquisito una notevole esperienza in sette
anni di conflitto in Siria e possiedono armamenti di ultima
generazione».
Di
parere opposto il capo di stato maggiore, Gadi Eizenkot, che si dice
convinto della superiorità militare israeliana che porterebbe ad «una
possibile vittoria contro Hezbollah ed i suoi alleati». Eizenkot ha,
inoltre, confermato l’incontro tra Mohamed Bin Salman, principe
ereditario saudita, e Meir Ben Shabbat, presidente del consiglio di
sicurezza nazionale israeliano, nel quale i due paesi hanno consolidato
la loro alleanza a livello operativo ed hanno analizzato la situazione
riguardo ad un possibile confronto militare contro l’Iran.
Sul fronte opposto Al Akhbar,
quotidiano libanese, analizza l’attacco dell’altra sera sia come una
possibile risposta alle provocazioni israeliane in territorio siriano,
sia come un “test” sulle capacità difensive israeliane in caso di
attacco missilistico. Un possibile conflitto, secondo numerosi analisti,
potrebbe infiammare tutta l’area poichè coinvolgerebbe i palestinesi
nei Territori Occupati, i siriani, Hezbollah e tutte quelle milizie
sciite (afgane, pachistane, irachene, yemenite) – prime fra tutti Al
Nujaba considerato “Hezbollah iracheno” e forse la milizia che ha
attaccato la scorsa sera – che hanno combattuto per sconfiggere Daesh in
Siria ed Iraq e che sono pronte a combattere Israele.
Significativa
in quest’ottica la dichiarazione del segretario generale di Hezbollah,
Hassan Nasrallah, che, in seguito al successo elettorale alle
parlamentari in Libano, ha dichiarato che «Beirut conferma di essere la
capitale della Resistenza contro le politiche colonialiste ed aggressive
di Tel Aviv e Riyadh con un paese unito che è capace di resistere a
qualsiasi aggressione dallo jihadismo al sionismo».
A
livello internazionale il presidente francese Emmanuel Macron insieme
alla cancelliera Merkel hanno invitato Israele e l’Iran «a fare un passo
indietro» e confermando le preoccupazioni, dopo il ritiro americano
dall’accordo sul nucleare con Teheran, che un simile gesto unilaterale
«rischi di aprire il vaso di pandora e di causare un conflitto
nell’area».
Per
quanto riguarda la Russia il vice ministro degli esteri, Mikhail
Bogdanov, ha invitato “alla calma” ed ha aggiunto che Mosca resta in
contatto per mediare con entrambe le parti visto che l’escalation
dell’altra sera «suscita preoccupazione per tutto il mondo e per i
pericoli connessi ad una guerra con effetti devastanti in Medio
Oriente».
Bisogna
ricordare che Israele occupa le Alture del Golan dalla guerra del 1967
ed in seguito, senza nessun riconoscimento da parte della comunità
internazionale, si è annesso parte del territorio siriano
definitivamente nel 1981. Da allora la popolazione di quei territori,
prevalentemente drusi, deve sottostare alle leggi ed all’amministrazione
di Tel Aviv, mentre rivendica da sempre la sua appartenenza allo stato
siriano. Lo stesso ONU ha riaffermato che non riconoscerà nessuna
annessione unilaterale delle Alture del Golan da parte dello stato
israeliano come affermato più volte in questi anni dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.
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