La notizia è rimbalzata su tutti i media, spaventando in parte anche quelli più strettamente di regime (fa eccezione solo qualche fulminato del pig journalism). Il ministro dell’Interno Marco Minniti ha presentato “il Primo protocollo operativo per il contrasto alla diffusione delle fake news attraverso il web”, predisposto dal Ministero del’Interno in collaborazione con la Polizia. Ovvero con se stesso.
Una classica misura da ministro fascista. Ma questa definizione non gli si attaglia più molto, perché persino il fascismo storico – quello che metteva come ministro dell’istruzione il miglior filosofo italiano del tempo, Giovanni Gentile – ha evitato di affidare a dei poliziotti il compito di stabilire cosa fosse “vero” e cosa no. Inventò infatti un ministero apposito, quello della stampa e propaganda, poi diventato Minculpop, incaricato di far girare la voce del regime su qualsiasi argomento, censurando tutte le altre.
Non c’era molta differenza con la pensata di Minniti, all’effetto pratico, ma in qualche modo si faceva capire che la “verità di regime” era una verità di parte, basata sulla forza.
Il deciso passo avanti di Minniti sta in due passaggi decisivi: la pretesa di stabilire quasi automaticamente cos’è vero e cos’è falso (fake news), tramite un “red button” affidato a dei poliziotti, e soprattutto la pretesa di far credere che questa sia un’operazione “democratica”.
Andiamo con ordine. La discussione sulla verità è antica quanto l’essere umano e continuerà fin quando esisterà un bipede pensante sulla Terra. In ambito scientifico – assai più rigoroso di quello politico, specie italico – la verità viene espressa in leggi e teorie, che per essere considerate valide debbono essere verificate da qualsiasi appartenente alla comunità scientifica di riferimento (i biologi non si impicciano di fisica, e viceversa), tramite la replicabilità degli esperimenti che hanno portato alla loro formulazione.
La relatività di Einstein, per fare un esempio, è “verità accettata” da un secolo a questa parte. Ma ciò non toglie che ogni esperimento o ricerca punti esplicitamente a verificare se qualche aspetto della realtà fisica possa metterla in discussione.
Questo modo di procedere assume insomma che “la verità” sia un processo storico infinito – che naturalmente è fatto di punti temporaneamente fermi e accettati da tutti –, ma anche e soprattutto un processo che deve essere affidato a esperti della materia. E le materie sono una moltitudine, per cui anche tra gli scienziati ognuno parla di quel che studia e sa, mentre tace e ascolta (al massimo fa domande) sul lavoro altrui in materie diverse.
Vabbeh, dirà qualcuno, però i poliziotti di Minniti si occuperanno di cose ben meno difficili, tipo cancellare la pletora di falsi palesi sull’infinito numero di presunti parenti di Laura Boldrini che sarebbero stai assunti da qualche parte (un tormentone in effetti osceno che dura da cinque anni e terminerà il 4 marzo…).
E’ un’obiezione idiota quasi quanto l’istituzione del red button e i meme offensivi. Il punto è infatti uno solo: l’affidamento alla polizia di stabilire cosa sia vero o no. Una volta fissato per legge, questo potere sarà applicato secondo i regolamenti e le indicazioni del ministro dell’interno e del governo in carica. Non crediamo che Salvini riuscirà a fare molto peggio di Minniti (visto che Berlusconi lo candida in quel ruolo), ma è chiaro che si tratta di un potere enorme e abnorme, che costringerà ogni blogger, giornalista, cronista o free lance, ad evitare qualsiasi notizia potenzialmente sgradita al governo. Il red button vigila sulle sue parole.
Qualcuno ha giustamente assimilato questa pretesa a quella medioevale del Sant’Uffizio, che arrivò a un passo dalla tortura su Galileo o che aveva già mandato al rogo Giordano Bruno. Ma anche qui Minniti è riuscito a far peggio. In fondo il Sant’Uffizio vigilava sulla nascente attività scientifica, che metteva inevitabilmente in discussione le cosiddette sacre scritture. Insomma, una roba che riguardava allora poche centinaia di persone e su materie che non erano accessibili alle masse sterminate degli analfabeti.
Qui, invece, il bottoncino di Minniti pretende di vigilare sul notiziume quotidiano, quello su cui ognuno di noi – per proprio conto – forma le proprie opinioni. Dunque Minniti instaura uno strumento che vorrebbe proprio essere un controllo delle fonti con cui si costruisce l’opinione pubblica.
Una pretesa stupida, diciamolo subito. La massa di informazione circolante è largamente superiore alle capacità di lettura quotidiana di un reparto anche numeroso di poliziotti del pensiero. Dunque bisognerà far ricorso a qualche algoritmo incentrato su un certo numero di “parole sensibili”. Non è difficile immaginarle, perché avranno come criterio di individuazione la “sicurezza”, che è sempre quella del potere. Quindi ogni “critica” ai potenti verrà registrata, monitorata, soppesata nella frequenza e ripetizione, e – quando il “limite di guardia” sarà raggiunto – entrerà in funzione il famigerato bottoncino.
Una pretesa stupida non è per questo meno pericolosa. E lo sanno benissimo, perché scrivono: «non esiste nessun sistema tecnologico in grado di individuare in maniera assoluta le notizie false e la loro veridicità è dimostrabile solo attraverso la valutazione di esperti di settore». Insomma, il bottone deve essere azionato da un bipede pensante, che ha le sue idee come tutti noi. Immaginatevi un poliziotto stile Bolzaneto o Diaz come potrà comportarsi…
La stupidità prepotente del fascista, però, risalta maggiormente mettendola a confronto con la realtà del mondo dell’informazione attuale. In cui, come spiegava addirittura Obama qualche tempo fa, «Il mondo di uno che si informa su Fox News non ha praticamente nessun punto in comune con quello di uno che si informa ascoltando la NPR». Cosa significa? Che si sono creati “microcosmi” fatti di informazioni coerenti tra loro e assolutamente diversi tra loro. Esempio? Chi si abbevera al microcosmo composto da Libero-Giornale-Rete4-”Dalla vostra parte” è convinto di vivere in un mondo alieno, senza alcun punto di contatto con quello reale e meno ancora con quello di altri microcosmi.
La molteplicità di questi mondi è tale da mettere in discussione radicale ogni “autorevolezza”. Un po’ quello che abbiamo visto accadere nel microcosmo della cosiddetta sinistra radicale degli ultimi 25 anni, quando si è imposta la criminale psicologia dell’”ognuno dice la sua”; alla fine chiunque si sente in grado di discettare alla pari con chiunque altro, fosse pure il massimo esperto della materia di discussione.
E ovviamente quando scompare l’autorevolezza si apre un vuoto terribile in cui ogni imprenditore della paura ritiene di potersi infilare, surrogandola con l’autorità. Non c’è più un un universo condiviso, una comunità che riconosce chi ha ragione per la forza degli argomenti? E allora ecco qui quello che sbandiera l’argomento della forza per ridurre la complessità inestricabile del reale.
E’ a questo punto che emerge un Marco Minniti.
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