mercoledì 13 settembre 2017

10 Consigli per un’alimentazione sostenibile

http://www.oneplanetfood.info/alimentazione-sostenibile/10-consigli/

1) acquista prodotti locali
4 buoni motivi per acquistare "locale":
  • Compri prodotti freschi
  • Sostieni l’economia locale e le filiere italiane
  • Riduci le emissioni di CO2 limitando i trasporti
  • Privilegi prodotti tipici e varietà nostrane, spesso a rischio di estinzione
Acquistare locale vuol dire privilegiare la filiera corta, cioè ridurre i passaggi tra i produttori e i consumatori, eliminando gli intermediari, con vantaggi di riduzione degli impatti ambientali, di sostegno agli agricoltori italiani e riduzione della spesa settimanale. La filiera italiana è il prodotto alimentare le cui materie prime derivano dall’agricoltura italiana e il cui processo di trasformazione avviene totalmente nel nostro Paese. È, infatti, evidente come più lungo sia il viaggio effettuato da un alimento, maggiori siano l’inquinamento, i consumi di energia e le emissioni di gas serra associate. Per esempio, per la loro stessa natura i frutti tropicali (tra cui le banane) per arrivare nei nostri carrelli riciedono in primis il trasporto ma anche molto packaging e un processo di conservazione. Ciò ha un prezzo, prima di tutto, ambientale. Cerca di orientare quanto più possibile le tue scelte verso le varietà di frutta e verdura italiane e prodotte nella tua zona.
Sotto la spinta dell’aumento della produttività e dei profitti negli ultimi decenniil patrimonio genetico delle specie animali e vegetali domestiche (l’agrobiodiversità) si è notevolmente ridotto, determinando la selezione di un numero limitato di varietà di piante e di razze animali tutte caratterizzate da un elevato rendimento e traducendosi in un grave impoverimento. Tale impoverimento determina anche la perdita della capacità di adattamento delle specie alimentari ai cambiamenti ambientali in atto. In quest’ottica riscoprire colture di nicchia, prodotti locali per i quali la distribuzione non si sviluppa su grande scala, rappresenta una scelta importante per la salvaguardia dell’ambiente e del gusto.

2) mangia prodotti di stagione
Se mangiare frutta e verdura è importante, altrettanto importante è mangiarle nel momento giusto. La frutta e la verdura hanno una propria stagionalità. In natura le specie animali si nutrono in maniera diversa a seconda delle stagioni e questo è importante per la conservazione degli ecosistemi. L’uomo, grazie alla tecnologia e alle importazioni, può potenzialmente mangiare in ogni momento dell’anno qualsiasi alimento, mentre uno dei principi più importanti di una dieta sana ed equilibrata è proprio nella varietà. Consumare frutta e verdura di stagione aiuta a rispettare questo principio. Inoltre i prodotti di stagione, soprattutto se locali, impiegano poco tempo per arrivare sulle nostre tavole mantenendo così maggiore contenuto di vitamine e nutrienti rispetto a quelle che, fuori stagione, devono fare molta strada e permanere nei frigoriferi prima di giungere sui banchi del supermercato. Sono inoltre più buone, profumate e aromatiche oltre che economiche.Associate a questi aspetti ci sono ovviamente le questioni ecologiche: i prodotti di stagione aiutano l’ambiente perché in generale determinano minori impatti. Per esempio, la produzione in serre richiede un’enorme quantità di energia per il mantenimento dell’illuminazione e delle temperature di coltivazione, energia che viene prodotta in massima parte con l’impiego di combustibili fossili. È il caso del pomodoro dove, per la coltivazione in serra, il fattore di emissione è circa 60 volte superiore a quello della coltivazione in campo. In inverno, una buona soluzione per ridurre il consumo di pomodori freschi sta nell’usare le conserve e limitare al massimo le insalate, mangiando altre verdure e provando ricette diverse.

3) diminuisci i consumi di carne
L’attuale modello industriale di allevamento animale è la causa di gravissimi problemi ambientali: cambiamenti climatici, inquinamento, consumo di acqua, perdita di biodiversità, deforestazione e consumo di risorse fossili. La gran parte della carne che consumiamo proviene da proprio allevamenti industriali intensivi: per ottenere 1 kg di carne di manzo sono quindi necessari circa 15 kg di cereali e soia, 15.000 litri d'acqua e si emettono fino a 68 kg di CO2eq. Inoltre se nell’allevamento tradizionale le deiezioni rientrano nel ciclo naturale della concimazione, negli allevamenti intensivi "senza terra” l'enorme quantità degli deiezioni prodotte (una vacca da latte produce un quantitativo di deiezioni pari a quello di 20-40 persone) non può essere “assorbita” dall'ambiente circostante. E la produzione di carne è in costante crescita: dal 1980 al 2010, il numero di polli destinati al consumo umano è cresciuto del 169%, passando da 7,2 miliardi di animali a 19,4 miliardi. Nello stesso periodo, la popolazione di capre e pecore ha raggiunto i 2 miliardi e la popolazione dei bovini è cresciuta del 17% raggiungendo 1,4 miliardi. Un’altra conseguenza di questo incredibile incremento è che oggi quasi la metà della produzione agricola mondiale viene utilizzata come fonte alimentare per gli animali d’allevamento. In particolare, il consumo di carne in Europa è il doppio della media mondiale, per prodotti caseari è 3 volte superiore. Il consumo italiano annuale medio di carne si attesta sui 90 kg a testa, ben oltre qualsiasi raccomandazione salutistica. Se non vuoi rinunciare alla carne, cerca di ridurre il numero di volte in cui la mangi a settimana e le porzioni, consumando meno carne e di migliore qualità (prodotta localmente con metodi di allevamento estensivo) e sostituendo il resto con altre fonti proteiche.

4) scegli i pesci giusti
1) PREDILIGI il pesce pescato, rispetto a quello di acquacoltura;
2) SCEGLI specie non in pericolo di estinzione;
3) RISPETTA la regola della taglia legale di vendita delle specie;
4) DAI LA PRECEDENZA al pescato locale, diversificando le specie;
5) CONSIDERA la stagionalità delle specie.
Le risorse ittiche non sono illimitate. Nel Mediterraneo il 96% degli stock ittici di acque profonde è sovra sfruttato, così come il 71% delle specie di mare aperto (come sardine e acciughe). Sulle tavole dei consumatori italiani arriva però pesce da tutto il mondo. Nessuno si chiede da dove vengano sogliole, scorfani o rane pescatrici. In Italia quasi nessuno mangerebbe una specie terrestre a rischio d’estinzione, mentre spesso questo avviene quando si consuma del pesce come il baccalà o l’anguilla. Delle oltre 700 specie marine commestibili presenti nel Mediterraneo solo il 10% circa è commercializzato. La conseguenza di questa "ignoranza" è un sovrasfruttamento degli stock delle specie più conosciute (come alici, nasello, merluzzo, pesce spada, sgombro, sogliole), che tendono col tempo a scarseggiare nei nostri mari. Eppure in tutta Italia tante sono le ricette tradizionali da nord a sud che si basano su pesci meno noti, spesso denominati “poveri” (invece molto ricchi di sapore e di grassi essenziali - tra cui gli Omega 3 - ritenuti ottimi agenti di prevenzione delle malattie del sistema cardiocircolatorio). È fondamentale di conseguenza diffondere il concetto di stagionalità del pescato, che consente di comprare, in certi periodi dell’anno, il pesce in periodi opportuni per gli stock e a prezzi migliori, promuovendo così anche la pesca locale. Questo perché abbiamo pescato e stiamo pescando più di quanto le popolazioni ittiche siano in grado di riprodursi.


5) riduci gli sprechi del cibo
La dimensione dello spreco ha numeri inaccettabili: 1/3 della produzione mondiale non raggiunge i nostri stomaci, ovvero 1 miliardo e 600 milioni di tonnellate di alimenti viene gettato di cui l’80% è ancora buono. Oltre alle ripercussioni etiche, un cibo che non nutre nessuno è anche dannoso: l’acqua necessaria per produrre il cibo che si spreca a livello mondiale è di 250 miliardi di litri (il consumo di New York nei prossimi 120 anni), si sprecano 1,4 miliardi di ettari di suolo (si sfrutta inutilmente ossia il 30% della superficie agricola), si immettono nell’atmosfera 3,3 miliardi di tonnellate di CO2, (la terza fonte di emissione dopo la Cina e gli USA). In Italia, lo spreco di cibo ha numeri altrettanto impressionanti: vale complessivamente 8,1 miliardi di euro l'anno, ovvero 6,5 euro settimanali a famiglia e 630 grammi di cibo buttati ogni settimana. Annessa a questi sprechi c’è anche tanta natura che viene sprecata con essi. Il principale motivo di questo spreco è la disattenzione: si acquistano quantità maggiori del necessario e non si conservano correttamente. Per ridurre gli sprechi in casa è buona norma preparare una lista della spesa e attenersi ad essa, controllando le date di scadenza al momento d’acquisto e riponendo gli alimenti in frigo massimo un’ora dopo. Accertarsi del buon funzionamento del frigo, controllando le guarnizioni e la temperatura (l’ideale è tra 4-5°C), favorisce la buona conservazione degli alimenti: c’è inoltre un ripiano giusto per ogni alimento, è importante controllare sul manuale! Fai ruotare i cibi nel frigo: porta avanti quelli più vicini alla scadenza e indietro i più freschi. Al momento di cucinare, fai attenzione alle quantità. Servi poi porzioni contenute perché si può sempre fare il bis! Conserva gli avanzi in frigo in contenitori idonei e ricorda di riscaldarli bene prima di servirli.

6) privilegia i prodotti biologici
L’agricoltura biologica (definita nel Regolamento CE n. 834/07) è un sistema integrato di produzione agricola, sia vegetale sia animale, che non solo consente di disporre di cibi più sani e saporiti ma cerca al contempo di ridurre il più possibile l’impatto ambientale delle attività produttive, basandosi sul rispetto dei processi ecologici, delle risorse (in primis suolo e acqua) e della biodiversità ed eliminando l’uso di sostanze chimiche di sintesi (come concimi, diserbanti, insetticidi, pesticidi, antibiotici). L'agricoltura biologica, proibendo l’uso di fertilizzanti e i pesticidi chimici per le piante, così come antibiotici e ormoni per gli animali, riduce significativamente il rischio di contaminazione dei corsi d’acqua e di bioaccumulo di sostanze tossiche nella rete alimentare. I sistemi di allevamento biologici devono soddisfare i bisogni etologici e fisiologici degli animali creando ambienti più adatti alle specie animali con giacigli e stalle adeguate, divieto di stabulazione fissa, accesso all'aria aperta, cibo che rispetti il loro fabbisogno con prodotti vegetali ottenuti anch'essi con metodo di produzione biologico, coltivati di preferenza nella stessa azienda o nel comprensorio in cui l'azienda ricade. Si privilegiano inoltre varietà locali di piante e razze autoctone di animali (proibendo l'uso di organismi geneticamente modificati), preservando così la diversità genetica delle specie addomesticate, permettendo anche alle specie selvatiche di integrarsi alle pratiche agricole e contribuendo così alla conservazione degli habitat e delle specie selvatiche.

7) cerca di non acquistare prodotti con troppi imballaggi
Ciascun italiano produce oltre 528 kg di rifiuti l’anno, per un costo medio di gestione di 186 euro per famiglia. Circa il 40% dei rifiuti è costituito da imballaggi. Tutto quello che, infatti, acquistiamo (bibite, prodotti per la casa e per l’igiene personale, conserve, pane, ecc.) per poter arrivare sullo scaffale del supermercato e poi nelle nostre case ha bisogno di essere impacchettato o confezionato. Gli imballaggi però, una volta giunti nelle nostre case e conclusa la propria funzione di “protezione e trasporto”, si trasformano in rifiuti da smaltire. Il problema dei rifiuti si risolve anche limitando a monte la quantità di scarti che produciamo: come consumatori possiamo scegliere di acquistare merci con meno imballaggi, ricordando che questi rappresentano un costo a carico dell’ambiente in quanto richiedono risorse (energia, acqua, materie prime) per essere prodotti e hanno impatti sulle emissioni di gas serra, sulla biodiversità e salute umana. Inoltre gli imballaggi incidono notevolmente sul prezzo del prodotto finito. La soluzione sta nella scelta di prodotti sfusi e alla spina (in cui i consumatori si recano nei punti vendita muniti di un contenitore che poi riempiranno grazie al sistema dei dispenser) che puntano a ridurre rispettivamente i contenitori necessari o a permetterne il riutilizzo. Queste metodologie di vendita dovrebbero diventare pratica diffusa per la gran parte dei prodotti (frutta,verdura, detersivi, latte, pasta, acqua minerale e quant’altro) quanto prima.

8) cerca di evitare cibi eccessivamente elaborati
I piatti pronti hanno fatto registrare, tra tutti gli alimentari, il record di aumento delle quantità acquistate, con una crescita del 10% negli ultimi anni. Nella categoria dei cibi elaborati, i consumi di verdure pronte sono triplicati negli ultimi 10 anni, arrivando nel 2010 ad essere presenti nel carrello di 1 italiano su 2, soprattutto insalate pronte. Il volume del mercato dell'ortofrutta pronta per l'uso, la cosiddetta “quarta gamma”, è stato pari a 90 milioni di chili per una spesa di oltre 700 milioni di euro.Questa tipologia di alimenti (che include anche sughi, surgelati, caffè in cialde, piatti pronti refrigerati, barrette di cereali, frutta già tagliata in vaschetta e prodotti light) ha impatti molto elevati, prioritariamente dovuti alle richieste di energia nelle fasi di produzione e conservazione. Per valutare la sostenibilità dei principali alimenti, un indicatore è il rapporto fra l’energia utilizzata per la preparazione di un determinato alimento e l’apporto energetico dell’alimento stesso. Se nel 1910, nelle società pre-industriali, il suddetto rapporto era all’incirca unitario (tanta energia veniva spesa per produrlo, tanta ne restituiva in calorie l’alimento), oggi, in alcuni casi si arriva a superare quota 100 (ossia occorre 100 volte più energia per produrlo di quanta ne fornisca l’alimento). Basti pensare ai prodotti light! È evidente dunque l’importanza di essere consapevoli delle conseguenze esplicite ed implicite di natura ecologica, sociale ed economica delle proprie scelte alimentari. Non si deve rinunciare a tutto, ma provare a sostituire qualche snack con un frutto fresco e rimettersi qualche volta in più ai fornelli, per non perdere la conoscenza delle caratteristiche e proprietà dei cibi che si portano a tavola e delle tradizioni culinarie italiane.

9) bevi l'acqua del rubinetto
L’acqua in bottiglia è totalmente insostenibile sotto il profilo ambientale. Il suo uso potrebbe essere giustificato solo laddove quella del rubinetto non fosse idonea per l'uso alimentare ma, nella gran parte delle città italiane, invece, la qualità dell'acqua di rubinetto è sicura, salubre, batteriologicamente pura e accettabile al gusto. Di contro gli italiani, attirati probabilmente dalla pubblicità che attribuisce all'acqua imbottigliata proprietà "terapeutiche" e di dimagrimento (difficili da dimostrare ma effettive soprattutto sul prezzo) sono i più grandi consumatori d'Europa di acqua in bottiglia, con 192 litri a testa. Per rendersi conto dell’entità del problema basti pensare che siamo oltre 60 milioni di persone in Italia. Spesso, inoltre, si tratta solo di una questione di gusto: molti non sanno che bisogna solo lasciare riposare l'acqua per qualche ora perché il sapore diventi più gradevole. É invece un dato di fatto come l'acqua imbottigliata determini un enorme aumento dei cicli di produzione e smaltimento dei contenitori in plastica (solitamente in PET la bottiglia e in differente polimero, il tappo), nonché un inquinamento dovuto alle operazioni di trasporto, principalmente effettuate su gomma. Sotto il profilo ambientale è assolutamente insensato trasportare, per i normali consumi familiari, bottiglie di acqua da una parte all'altra del nostro Paese spostandole per migliaia di chilometri così come è insostenibile la mole di rifiuti che ogni anno deve essere di conseguenza gestita. La migliore acqua da bere non si trova necessariamente in una bottiglia: se vogliamo bere acqua pura dobbiamo porre maggiori sforzi nel proteggere fiumi, laghi e falde idriche e investire affinché l’acqua arrivi in modo sicuro alle case del consumatore attraverso i rubinetti.

10) evita sprechi anche ai fornelli
Oltre a riciclare quello che avanza in cucina, anche l’uso corretto dei fornelli può aiutare a non “bruciare” risorse! Quando usi il forno, puoi decidere di mettere a cuocere più teglie insieme, cercando di evitare di aprire in continuazione il forno. Puoi, inoltre, spegnere qualche minuto prima dell’avvenuta cottura, ultimandola con il calore residuo. Un’altra potenziale forma di risparmio è legata all’uso del coperchio capace di ridurre i tempi di cottura e l’energia utilizzata. In questo la pentola a pressione è maestra: dimezza i tempi ed è ottima per soprattutto per cibi che vanno lessati, stufati o cotti al vapore. Occhio alla fiamma: è importante scegliere pentole e fornelli proporzionati tra di loro, infatti solo il calore che raggiunge il fondo della pentola è utile alla cottura…se la fiamma va oltre i bordi spreca energia e brucia i manici! Anche la scelta del recipiente in cui cucinare è importante: i recipienti in rame e alluminio, ad esempio, possono essere dannosi per la salute perché durante la cottura rilasciano sostanze pericolose. Stesso discorso vale per le pentole in coccio e terracotta rivestite spesso da smalti e colori tossici, come il piombo, usati per dare maggiore brillantezza ai colori. Attenzione anche alle pentole antiaderenti: al momento dell’acquisto controlliamo sull’etichetta che non contengano PFOA, acido perfluoroottanoico, la cui tossicità è ormai ampiamente dimostrata. In alternativa sono stati fabbricati pentole antiaderenti in ceramica, ma alcuni processi produttivi impiegano sostanze inquinanti o smalti non completamente atossici. L’acciaio inox è un materiale particolarmente inerte, atossico e adatto praticamente ad ogni tipo di cottura. È necessaria semplicemente un po’ di attenzione per evitare che i cibi si attacchino al fondo, ma la salute ci guadagna! Un altro materiale sicuro è il vetro Pirex ottimo per cucinare in forno.

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