mercoledì 5 luglio 2017

Classe dirigente. Banche. Mps dopo il salvataggio taglia: 5.500 esuberi e 600 filiali da chiudere al 2021.

Da smaltire 28,6 miliardi di Npl, al Fondo Atlante ceduti al 21%. Si stima a fine piano un utile netto di 1,2 miliardi di euro.


Cinquemila e cinquecento persone nel gruppo Mps sono di troppo. Da qui al 2021 usciranno dal gruppo, la gran parte (circa 4.800) attraverso l'attivazione del Fondo di solidarietà, 450 uscite legate alla cessione/chiusura di attività, 750 uscite derivanti da turnover fisiologico e circa 500 nuove assunzioni. Seicento le filiali da chiudere, con un dimagrimento dalle 2000 del 2016 alle 1400 del 2021. Ed ancora 28,6 miliardi di sofferenze da smaltire, per le quali si prevede la cessione al Fondo Atlante 2 delle tranche junior e mezzanine a un prezzo pari al 21% del loro valore lordo. Sono i numeri del piano di ristrutturazione di Mps, approvato dall'Ue e reso noti oggi: nel 2021 si stima un utile netto pari a 1,2 miliardi di euro, con un Roe pari al 10,7%, e un rafforzamento del coefficiente patrimoniale Cet1 al 14,7%, con un rapporto crediti/depositi al 90% e una liquidity coverage ratio al 150%.
Entro luglio lo Stato diventerà il primo azionista di Mps con il 70%.
Dopo sei mesi di trattative l'Unione europea ha dato il via libera all'ingresso pubblico nel capitale della banca più antica del mondo che sarà quindi oggetto di una ricapitalizzazione precauzionale da 8,1 miliardi: 5,4 miliardi dei quali in capo al Tesoro, il resto dalla conversione dei bond subordinati nel rispetto del burden sharing. Una operazione che segna "la svolta" per l'intero sistema bancario italiano, ha detto ieri il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, rivendicando la bontà di un intervento che minimizza l'esborso per lo Stato e quindi "non scarica il costo dei salvataggi sui contribuenti".
Nell'approvare l'aiuto di Stato Bruxelles ha precisato che "sussistono le condizioni", cioè l'istituto di Siena è "solvibile e soddisfa i requisiti patrimoniali", come confermato dalla Bce, e "l'Italia ha ottenuto un impegno formale da parte di investitori privati ad acquistare il portafoglio di Npl". Il Monte si appresta a cedere entro la prima metà del 2018, come ha confermato Padoan, 28,6 miliardi di sofferenze, riducendole di più della metà la percentuale di crediti deteriorati sul totale del portafoglio crediti.
A portare avanti il piano di ristrutturazione che "chiude un anno horribilis per la banca", come ha detto il presidente Alessandro Falciai, e "non prevede licenziamenti", come ha sottolineato l'ad Marco Morelli, sarà lo stesso management che ha guidato sin qui la banca: "Ho massima fiducia nel top management", ha chiarito Padoan, mentre al Tesoro si ricorda che Morelli già a gennaio aveva accettato il tetto allo stipendio imposto da Bruxelles. Il manager, che ora guadagna 1,4 milioni, resterà al suo posto con uno stipendio di 460mila euro lordi, cioè 10 volte lo stipendio medio dei dipendenti. Nel piano c'è la riduzione di circa 6000 dei 25mila dipendenti tramite esuberi volontari ('non faremo licenziamentì ha ribadito Morelli).
Il contributo di azionisti e obbligazionisti junior, che consente appunto di limitare i costi per i cittadini, sarà di 4,3 miliardi ma per la clientela retail ci sarà un rimborso al 100%, come già previsto con il decreto 'salva-risparmio' di Natale. Agli obbligazionisti sarà proposto di ricevere azioni che saranno a loro volta riacquistate dallo Stato fino a un massimo di 1,5 miliardi. In cambio gli investitori retail riceveranno dal Monte obbligazioni garantite. Una operazione che si completerà entro l'autunno mentre l'ingresso del Tesoro nell'azionariato avverrà nelle prossime settimane, dopo l'emanazione del decreto che disciplina il burden sharing.
Il piano per Mps "dà certezze e un orizzonte temporale sostenibile alla banca che avrà un livello di capitale molto importante", ha ribadito Padoan, parlando appunto di un momento di "svolta" dopo l'accordo raggiunto la scorsa settimana sulle banche venete. Proprio il destino di Popolare Vicenza e Veneto Banca resta da 'mettere in sicurezza' con la conversione del decreto varato il 25 giugno. Nonostante la mole "impressionante" di emendamenti e i mal di pancia, anche all'interno dello stesso Pd, Padoan ha espresso "massima fiducia nella saggezza del Parlamento nel dare il via libera a un decreto che è importante per le banche e per il Paese". L'operazione che coinvolge Intesa Sanpaolo, ha ricordato il ministro, ha clausole chiare che vanno rispettate. Compresa quella che prevede un 'recesso automatico' nel caso in cui il decreto non venga convertito o venga modificato rendendo il processo "più oneroso" per la banca.

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