Quattordici mesi fa veniva ritrovato, lungo la strada che collega Il Cairo ad Alessandria il corpo massacrato di Giulio Regeni: da allora una lunga e complessa indagine ha fatto la spola tra Egitto e Italia, e tante manifestazioni di solidarietà verso la famiglia del ricercatore si sono susseguite, attraverso le quali migliaia di cittadini sui social e nelle piazze hanno chiesto di sapere la verità sulla morte di Giulio. La verità sulla morte di Giulio oggi è più vicina, ma ancora non c’è, ed è indubbio che molte falsità siano arrivate in questi quattordici mesi dall’Egitto.

La madre: “Quattordici mesi surreali”
Ma la famiglia continua a chiedere giustizia: “Sono stati quattordici mesi surreali. Noi siamo una famiglia normale catapultata in questa situazione. Non possiamo abbassare mai la guardia perché abbiamo scelto di essere dentro le cose. Per avere verità per Giulio dobbiamo agire, non basta proclamare ‘verità per Giulio’ e poi la bolla si sgonfia- dice la madre del ricercatore in conferenza stampa al Senato accanto al senatore Luigi Manconi -. Papa Francesco il 28/29 aprile andrà in Egitto per una visita storica. Noi siamo sicuri che non potrà in questo viaggio non ricordarsi di Giulio”. Il padre del giovane dottorando ha chiesto che “non venga rinviato l’ambasciatore e questo esempio sia seguito anche da altri paesi europei. Abbiamo avuto rassicurazioni dal premier Gentiloni. Continuiamo a confidare nelle nostre istituzioni”. Il signor Claudio ricorda come con l’Egitto “gli scambi commerciali vadano a gonfie vele”. “Abbiamo diritto al verità per la nostra dignità ma anche per guardare negli occhi a testa alta i tanti giovani che stanno seguendo questa vicenda e ci stanno scrivendo – dice Paola Regeni -. Pochi giorni fa si è celebrato l’anniversario dei Trattati di Roma – aggiunge – ma se non cerchiamo la verità cosa insegneremo a questi ragazzi, che sono già della generazione post Erasmus, dei valori dell’Europa?”.
Nessuna risposta alla rogatori: “Silenzio oltraggioso”
Non ha ancora avuto risposta la rogatoria
partita da Roma a metà marzo, e diretta all’autorità giudiziaria del Cairo per provare a raccogliere nuove prove indispensabili per fare chiarezza sull’omicidio. La procura di Roma crede che dagli apparati della National Security egiziana e dagli agenti del Dipartimento investigazioni municipali del Cairo (almeno una decina tra polizia e servizi segreti le persone coinvolte nell’inchiesta) siano arrivate, negli interrogatori effettuati dai magistrati del Cairo, innumerevoli falsità nel corso delle indagini. “Da parte dell’Egitto, nonostante gli spiragli annunciati e gli impegni presi, possiamo dire che quello che prevale è uno stato di inerzia” dice Manconi.
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