Il Fmi taglia le stime di crescita per l'Italia. Il pil del nostro Paese crescerà quest'anno dell'1,0% (-0,3 punti percentuali rispetto alle previsioni di gennaio) e nel 2017 dell'1,1% (-0,1 punti). È quanto emerge dalle tabelle del World Economic Outlook. "La crescita è stata più lenta del previsto in Italia" afferma il Fondo, parlando di crescita "modesta" per Germania, Francia e Italia. Le stime del Fmi sono più basse di quelle contenute nel Def, nelle quali si stima una crescita dell'1,2% nel 2016 e dell'1,4% nel 2017.
Dall'ambasciata italiana a Teheran, dove si trova in visita ufficiale, Matteo Renzi risponde all'Fmi mostrandosi sereno: "i conti - dice - si fanno alla fine, l'Italia sta crescendo":
"Dobbiamo uscire da questo costante esercizio intellettuale delle previsioni. Sono talmente tante che soltanto per orientarsi tra gli acronimi ci vuole un moderno Virgilio. L'anno scorso siamo cresciuti dello 0,8% quindi più delle stime. Naturalmente io non sono affatto contento perché vorrei che il valore fosse maggiore, ma siamo cresciuti. L'Fmi ha ridotto le stime mondiali. La verità è che i conti si fanno alla fine. Se mi chiedete se sono preoccupato, vi dico di no. C'è un rallentamento dell'economia mondiale, non credo sia una notizia. L'Italia continuerà il trend di crescita: calma e gesso e avanti tutta". Così il premier Matteo Renzi nell' ambasciata italiana a Teheran, in merito alle stime del Fmi.Ma la brutte notizie, secondo Washington, riguardano anche il debito, destinato a salire nel 2016 al 133,0% del Pil, dal 132,6% del 2015. Il debito calerà al 131,7% nel 2017, per attestarsi al 121,6% nel 2021. Il debito nel Def è stimato in calo al 132,4% nel 2016 per poi scendere ancora al 130,9% nel 2017.
Il deficit strutturale sarà dell'1,8% nel 2016 e dello 0,8% nel 2017. "Le stime e le proiezioni dello staff del Fmi sono basate sui piani di bilancio inclusi nel budget del 2016" spiega il Fmi, precisando che "le stime per il bilancio corretto per il ciclo includono le spese" per gli arretrati alla pubblicazione amministrazione nel 2013, "che sono esclusi dal bilancio strutturale. Dopo il 2016, le stime dello staff del Fondo prevedono una convergenza verso un bilancio strutturale in linea con la fiscal rule, che implica misure correttive in alcuni anni, non identificate".
Non è soltanto l'Italia però a doversi preoccupare. I governi - ha messo in guardia il Fondo - devono preparare piani anti-shock perché la ripresa rischia di deragliare. I governi "non devono ignorare la necessità di prepararsi per possibili scenari avversi - avverte il capo economista dell'Fmi, Maurice Obstfeld - identificando pacchetti di politiche strutturali e fiscali, in grado di sostenersi reciprocamente, da dispiegare nel caso si materializzassero in futuro rischi al ribasso".
Tra i fattori di rischio elencati, accanto al terrorismo e alla crisi dei rifugiati, figura anche il rischio di uscita della Gran Bretagna dall'Europa. Una "Brexit", secondo il Fondo, potrebbe provocare "un grave danno regionale e globale mettendo a rischio relazioni commerciali costituite". Lo sottolinea il Fondo monetario internazionale nel World Economic Outlook indicando come il referendum in calendario a giugno sulla possibile uscita del Regno Unito dall'Unione europea abbia "già creato incertezza per gli investitori". La rivolta "contro l'integrazione economica globale rischia di bloccare, se non di invertire, il trend del dopoguerra e rapporti commerciali ancora più aperti", rimarcano gli economisti di Washington sottolineando come il fenomeno non riguardi solo l'Europa ma anche gli Stati Uniti.
In questo contesto i governi "devono concentrarsi su due compiti" precisa Obstfeld. Il primo è "il rafforzamento della crescita", importante in sè ma anche come antidoto contro rischi al ribasso. "Il secondo compito - prosegue - è quello di preparare piani di emergenza". Il peggioramento delle prospettive economiche globali impone "una immediata vigorosa risposta", insiste l'istituzione di Washington e "non c'è più molto margine di errore". Tuttavia, "individuando i pericoli e agendo insieme, preparandosi, i governi nazionali possono accrescere la fiducia, sostenere la crescita", conclude l'Fmi, "e proteggersi in modo più efficace dai rischi di una ripresa deragliata".
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