martedì 21 ottobre 2014

Giù le mani dalla canapa! L'auto-produzione come alternativa a business ed opportunismi economici di Federica Montebelli Lab.paz Project


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20 / 10 / 2014
global project
Si è tenuto lo scorso weekend (17 e 18 ottobre) il Forum Coldiretti di Cernobbio (CO) durante il quale è stato presentato il primo studio sulle potenzialità economiche ed occupazionali della coltivazione, trasformazione e distribuzione della Cannabis indica ad uso terapeutico in Italia.

La Coldiretti ha registrato nell'ultimo anno un aumento del 150 per cento dei terreni coltivati nel 2014 a Cannabis sativa (canapa) rispetto all’anno precedente, dato che si concretizza in 1.000 ettari di terreno coltivato nel 2014 contro i circa 400 del 2013. Terreni coltivati a scopo tessile, edile, cosmetico, etc.. perché innumerevoli sono gli utilizzi che di questa pianta si possono fare: dai tessuti ai materiali edili fino all'uso interno per prevenire patologie legate allo stress ossidativo ma anche olio, vernici, saponi, cere, cosmetici, detersivi, carta o imballaggi fino ad arrivare a quelli più innovativi come gli eco-mattoni di canapa da utilizzare nella bio-edilizia che, oltre a garantire un’alta capacità isolante, sia dal caldo che dal freddo, assorbono anche CO2.
Un bagaglio di conoscenze patrimonio dei nostri nonni e di un'Italia che negli anni '40, con quasi 100.000 ettari coltivati, era il secondo maggior produttore di canapa al mondo (dietro soltanto all’Unione Sovietica) e che il proibizionismo ha cercato di spazzare via.
Lo studio della Coldiretti mette in luce anche il parere favorevole alla coltivazione della Cannabis indica espresso da 2 italiani su 3 (64 per cento) - che rimarca il totale fallimento dell'impianto normativo proibizionista, reo dell'incremento massiccio del poli-abuso di sostanze stupefacenti tra i più giovani e dell'immissione nei circuiti del narcotraffico di miliardi di dollari – e gli enormi profitti che il mercato può trarre da questa coltivazione parlando di un business di 1,4 miliardi e la garanzia di almeno 10.000 posti di lavoro.
Questi dati, se da un lato forniscono un prezioso contributo all’interno del dibattito pubblico relativo alla legalizzazione della Cannabis, dall’altro rivelano il rischio di banalizzare la questione, riducendola ad una mera questione di opportunismo economico.
Torna allora attualissimo e prioritario affermare con determinazione e convinzione come la via da percorrere sia quella dell'auto-produzione, dell'auto-coltivazione per sottrarre in primis una specie botanica che contribuisce ad incrementare la biodiversità terrestre e a mantenere in equilibrio l'ecosistemaa speculazioni finanziarie, al business della green economy e in generale ai meccanismi di accumulazione capitalistica che si materializzano in maniera feroce e totalizzante laddove intravvedono margini di arricchimento e ritorno economico. Guardiamo ad esempio cosa sta accadendo negli Stati Uniti d'America, dove anche Stati conservatori e proibizionisti come il Colorado non solo hanno liberalizzato la Cannabis per l'uso terapeutico, ma anche per un utilizzo ricreativo, intuendo un'entrata monetaria sicura per colmare i bilanci in rosso causati dalla crisi economica.
Auto-produzione anche per tutelare questa pianta dalle lunghe mani delle multinazionali farmaceutiche sempre scaltre nell'ibridare e manovrare i profili genetici delle specie viventi al fine di apporre brevetti e marchi registrati sulla vita, ma anche come garanzia per il consumatore rispetto ai metodi di coltivazione, mettendo al bando l'utilizzo di fertilizzanti, diserbanti, fitormoni e coltivazioni intensive per privilegiare invece una coltivazione in piccola scala, biologica con certificati di garanzia partecipata ed autogestita.
Pochi dati significativi che ci permettono però di esprimerci nuovamente su questo tema e di ribadire quello che come movimenti diciamo da tempo: spingere per la legalizzazione della Cannabissignifica ora più che mai spingere per la costruzione di una società anti-capitalista, alimentare la battaglia per la rivendicazione di reddito e nuovo welfare, attraverso pratiche di riappropriazione dal basso condivise ed allargate.
Ora più che mai occorre continuare a seminare indipendenza.

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