martedì 11 marzo 2014

Elezioni Europee, come ti riciclo il desaparecido.

Elezioni Europee, come ti riciclo il desaparecidoScajola e Mastella ma anche D’Alema, Di Pietro e perfino De Mita. Sono solo alcuni dei “gattopardi” pronti a correre alle elezioni di maggio. Tutti in pista per un ultimo giro di giostra. E uno stipendio da 18 mila euro al mese.

L'Espresso di Paolo Fantauzzi













Uno spettro s’aggira per l’Europa. Non preannuncia la rivoluzione né l’esproprio proletario. Chiede solo uno strapuntino per i prossimi cinque anni o magari soltanto un’ultima occasione. Per mettersi di nuovo alla prova. Dimostrare di avere ancora un peso in cabina elettorale. E, aspetto non secondario, puntare allo stipendio da 18 mila euro al mese che assicura lo scranno da eurodeputato tra stipendio base, diarie, bonus, indennità giornaliere e di trasferta.
Un esercito composito fatto di rottamati, trombati, naufraghi di partiti ormai estinti, perfino superstiti della Prima Repubblica. Tutti alla ricerca di un approdo sicuro in un ultimo, disperato tentativo di far girare all’indietro la ruota del tempo. E se le elezioni europee sono ancora lontane, gli aspiranti candidati non mancano. Anche perché le ultime tornate elettorali hanno via via ingrossato le fila dei politici rimasti senza scranno. I quali adesso vedono nel voto di primavera l’ultima chance (o quasi) per tornare nel giro della politica che conta.


Chi da tempo guarda fuori dai confini di casa nostra è Massimo D’Alema, costretto al passo indietro giusto un anno fa. Pier Luigi Bersani gli chiese di non ricandidarsi per dimostrare che non servivano le bordate rottamatrici di Matteo Renzi per dar luogo al ricambio generazionale. Il sottinteso era che, con Bersani a Palazzo Chigi, si sarebbero spalancate le porte di un ministero di peso. Forse proprio quelle della Farnesina, come ai tempi del Prodi bis. Poi la “non vittoria” del Pd ha lasciato D’Alema fuori dal Parlamento per la prima volta dal 1987.

Lui, orgoglioso, ha incassato senza darlo a vedere fino a smarcarsi pubblicamente dalle beghe del Nazareno. «Non ho ruoli nel Pd, sono un dirigente del Pse» ha affermato di recente, alludendo alla presidenza della Feps ( Foundation for European progressive studies ), il centro studi dei partiti che fanno riferimento al Partito socialista europeo. Insomma, quanto basta per immaginarlo proiettato oltre frontiera, visto anche che in lizza per la presidenza della commissione c’è l’amico di vecchia data Martin Schulz. Con un successo socialista, per D’Alema potrebbe aprirsi anche un ruolo da commissario. Chissà. Intanto resta il nodo della candidatura: Renzi non vuole saperne, per non subire quello che ritiene un danno d’immagine e l’ex ministro degli Esteri ha fatto sapere di non essere interessato all'Europarlamento. Se poi proprio volesse uno scranno a Strasburgo, potrebbe sempre correre nelle fila del Psf francese o della Spd tedesca. Circostanza che peraltro lo esimerebbe dal confronto con le preferenze: in questi due paesi, infatti, le liste sono bloccate. .

Altro nome dato per certo è quello di Claudio Scajola. Da tempo l’ex ministro dello Sviluppo economico, costretto alle dimissioni nel 2010 per la casa al Colosseo acquistata a sua insaputa, sta cercando di tornare in ballo. Adesso che il tribunale di Roma lo ha anche assolto per quella vicenda, Scajola - che in Liguria può contare su un consistente pacchetto di preferenze - è determinato a far valere tutto il suo peso elettorale. «Sarebbe una sfida e a me piacciono le sfide. Mi piacerebbe vedere se i cittadini del Nord-ovest fanno un segno sul mio nome» ha detto in un’intervista un mesetto fa. Insomma, tutto è pronto. La data per l’annuncio ufficiale sarebbe già fissata: domenica 9 marzo all'Auditorium della Camera di commercio di Imperia.

In cerca di riconferma è invece un altro desaparecido, passato dal centrodestra al centrosinistra (e ritorno): Clemente Mastella. Un anno dopo aver fatto cadere Romano Prodi, Silvio Berlusconi lo ricompensò con una candidatura a Strasburgo sotto le insegne del Pdl. L’ideale, per un signore delle preferenze come lui. Da par suo, l’ex Guardasigilli non deluse le aspettative: raccolse 115 mila voti e nella “sua” Benevento ne prese perfino più del Cavaliere, che allora era premier (23.792 contro 21.512). Ed è di nuovo con Berlusconi, senza filtri né intermediari, che Mastella è in trattativa in questi giorni. Senza contare che l’appeal dell’ex leader Udeur è addirittura aumentato: per compensare l’addio di Angelino Alfano e le varie manovre centriste in atto, le facce nuove senza seguito elettorale lasciano il tempo che trovano. E la presenza di “vecchie glorie” per Forza Italia sono al tempo stesso una garanzia e una necessità.

Alla veneranda età di 86 anni non pare intenzionato a rinunciare allo scranno nemmeno Ciriaco De Mita, entrato in Parlamento oltre mezzo secolo fa (era il 1963) e pure lui eurodeputato uscente. Basta ricordare che nel 2008 disse addio al Pd perché Walter Veltroni non lo voleva candidare al Senato. L’ex segretario Dc ci mise un attimo: un colpo di telefono a Pier Ferdinando Casini e subito ottenne un posto in lista. Non venne eletto ma l’anno dopo finì a Strasburgo con 56 mila preferenze. Adesso, in rotta con l’Udc, girano voci che sia intenzionato a tornare nel Pd. O magari finire nel listone centrista, purché venga candidato. In caso contrario, non è escluso che dopo aver piazzato il nipote Giuseppe (consigliere regionale in Campania e poi deputato), stavolta possa essere la volta della figlia Antonia. Sempre sfruttando la forza che il “brand” De Mita ancora riscuote in Irpinia.

Quasi certa è anche la candidatura di Antonio Di Pietro, affondato dagli scandali in salsa Idv e dall’insuccesso di Rivoluzione civile. L’ex pm, che già da mesi ha manifestato l’intenzione di tornare in pista, ambisce a guidare la lista in tutta Italia, per fare da traino a un partito in stato comatoso e aumentare le possibilità di elezione. In una delle ultime riunioni del partito, però, Di Pietro è finito in minoranza. «Non puoi invocare il ricambio e poi essere il capolista in tutte le circoscrizioni» gli hanno rimproverato i suoi. Offeso e mortificato, Di Pietro ha ritirato la propria candidatura. Allo stato attuale, però, in pochi sono pronti a scommettere che non sarà in pista: senza di lui e con la concorrenza di Beppe Grillo, per l’Idv le possibilità di ottenere un seggio sono pressoché pari a zero. Male che va, potrà dimostrare di essere necessario al centrosinistra per raggiungere la soglia per il premio di maggioranza, fissata al 37%.

Sicura ricandidatura anche per il giornalista “identitario” Magdi Cristiano Allam, che di recente ha detto addio a Casini (che l’ha fatto eleggere nel 2009) ed è passato con Giorgia Meloni. Stando ai rumors, sotto la rediviva fiamma di An potrebbe tentare la fortuna in Europa anche Gianni Alemanno, attualmente relegato al misero ruolo di consigliere comunale di opposizione in Campidoglio. Proprio come l’artefice della sua sconfitta Goffredo Bettini, deus ex machina della sinistra romana per un ventennio e scomparso dai radar da tempo. Lo scorso anno Bettini è stato il regista dell’operazione che ha fatto ottenere la fascia tricolore a Ignazio Marino ma pochi mesi dopo la vittoria elettorale il rapporto fra i due è sceso ai minimi termini.

Dopo vari cambi di maglia, pare invece destinato a rinunciare al seggio il filosofo Gianni Vattimo. Dal passato radicale, nel 1999 fu eletto in Europa coi Democratici di sinistra. Nel 2004 passò coi Comunisti italiani per contrastare “la deriva moderata dei Ds” che non lo volevano ricandidare. Cinque anni dopo, la scoperta dell’Italia dei valori, “unica vera opposizione al regime berlusconiano”. Inclusa una brusca virata a destra: «Condivido anche l’uomo d’ordine che è in Di Pietro» affermò in quei giorni. E adesso? Nelle settimane scorse il padre del pensiero debole, sentendosi “legato da simpatie e solidarietà no tav”, ha cercato di riciclarsi col Movimento cinque stelle. Dopo qualche giorno, però, è stato lo Beppe Grillo a smorzare le sue speranze sul nascere: «Vattimo non è candidabile, ha già svolto due mandati».

Il professore, da parte sua, non l’ha presa bene: «Sapevo di questa regola ma non mi sembrava così ovvio che si applicasse automaticamente anche alle elezioni europee». Un mancato abboccamento, insomma, maturato peraltro in maniera tragicomica, stando al racconto fatto dallo stesso Vattimo sul suo blog (che ora, rassegnato, si definisce “politico trombando”): uno dei due numeri che gli avevano di Grillo non esisteva e l'altro suonava a vuoto. E così lui, non sapendo come fare, ha lasciato un messaggio nella segreteria telefonica di Gianroberto Casaleggio.

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