martedì 8 ottobre 2013

Chi non è morto sarà uno schiavo.

Gli sbarchi, la speranza, lo sfruttamento 
I migranti raccontati da Mencherini 
Gli sbarchi, la speranza, lo sfruttamento. I migranti raccontati da Mencherini. Dalla prima denuncia del 2003 con 'Mare Nostrum' fino al prossimo 'Schiavi'. Così il nostro paese non accoglie, o vessa, chi fugge dalla disperazione.

L'Espresso di Michele Sasso












Dieci anni di racconti seguendo le storie dei migranti, due film-inchiesta, la storia di un Paese che (non) piange dopo la vergogna dei naufragi.
La campagna de “l’Espresso” per la candidatura di Lampedusa al Nobel per la Pace continua con i video in esclusiva tratti da due produzioni indipendenti: “Mare Nostrum” e “Schiavi” del regista e autore Rai Stefano Mencherini . Dalla prima lucida denuncia delle condizioni dei Centri di permanenza temporanea nel 2003, fino alla storia di chi è sbarcato in Sicilia ed è diventato un raccoglitore di pomodori nelle campagne del Sud. “Schiavi. Le rotte di nuove forme di sfruttamento” è l’anticipazione del film integrale che verrà presentato per la prima volta martedì 8 ottobre a Roma , grazie alla coproduzione di Flai (il sindacato dei lavoratori dell’agroindustria targato Cgil) insieme alla onlus Less di Napoli. Al centro del documentario, patrocinato dal ministero per l’Integrazione guidato Cecile Kyenge e proiettato alle giornate degli autori dell'ultima mostra del cinema di Venezia, l’odissea di quanti tentano di raggiungere l’Italia dalle coste africane in cerca di un lavoro e di un futuro migliore e troppo spesso si trovano ad essere sfruttati, vittime del lavoro nero e in condizioni di vita disumane.

«Dal ghetto di Foggia a Rosarno in Calabria, passando per la Campania e poi fino nel Nord Italia ho documentato con testimonianze esclusive e molto forti come uomini, donne e minori dopo essere sbarcati finiscono nella rete dei nuovi schiavismi nel tentativo di trovare un lavoro», racconta il regista Stefano Mencherini: «Drammi che quotidianamente si consumano sulla pelle dei lavoratori migranti».

Nato come un work in progress durante gli sbarchi della primavera del 2011, in trenta mesi è diventato la testimonianza inedita dell'unico processo aperto in Europa ai datori di lavoro e caporali nelle campagne pugliesi di Nardò con l’accusa di riduzione in schiavitù (il processo è in corso a Lecce). La voce narrante è di Mohamed che racconta la sua incredibile avventura attraverso due continenti: fuggito dalla Costa d’Avorio e costretto in schiavitù in Libia, viene caricato a forza su una carretta verso Lampedusa prima del crollo del regime di Gheddafi e una volta in Italia finisce a raccogliere angurie in Puglia.

Il filo rosso che unisce i due film sono le politiche di integrazione fallimentari, il ricorso a leggi d’emergenza, l’orrore e il degrado per i respingimenti, le prigionie nei Centri di non accoglienza, le violazioni dei diritti umani, l’incredibile sperpero di denaro pubblico (solo per l’emergenza Nord Africa oltre 1 miliardo e trecento milioni di euro come denunciato nell’inchiesta Scandalo profughi ). Dieci anni buttati via e tutte le colpe scaricate sulla pelle di chi scappa dalla guerra, la povertà, i soprusi, le violenze e si ritrova clandestino nella fortezza Europa, privato dei diritti fondamentali. Dei migranti e degli uomini.

Nessun commento:

Posta un commento