Nei bar e nelle sale giochi, ormai anche nelle case del popolo e in un padiglione per bambini. Le slot machine arricchiscono le dieci concessionarie statali e l'undicesima e più grande di tutte: la criminalità.
RICCARDO CHIARI
Si mette l'euro, si tira la leva, il nastro a
ruota gira. In un attimo il gioco è finito e si riparte subito, si
vinca o si perda. Un altro euro, un altro tiro di leva. C'è chi lo fa
per dieci minuti, chi per un'ora, chi per l'intera giornata. Un
meccanismo tanto semplice quanto seducente quello delle slot, vista la
loro diffusione sempre più ramificata nelle sale giochi, nei bar e nei
circoli di tutta la penisola. Ad esempio solo nel Lazio sono più di 37
mila, accese ogni giorno in più di 9 mila bar ed esercizi commerciali.
Perché gli italiani, di ogni età e condizione sociale, giocano, giocano,
giocano. Sono drogati dall'azzardo e stanno aumentando a dismisura,
denuncia l'associazione Libera di don Ciotti, a nome dei tanti che
criticano giochi in cui non serve l'abilità o la logica ma solo la
fortuna. Le dieci concessionarie ufficiali dello Stato (dalla Snai alla
Sisal, da Slot a Lottomatica) ribattono che le ludopatie accertate
riguardano solo l'1% dei giocatori.
L'undicesima concessionaria non prende
parte alla discussione e continua a lavorare. Alla criminalità
organizzata non è mai piaciuta la pubblicità. Se gli affari sono
semplici e sicuri, meno se ne parla meglio è. Fra quelli che invece
ne vogliono parlare ci sono personaggi anche pittoreschi come Marino
Pederiva, che in questi giorni ha portato una slot machine sul
Catinaccio della Dolomiti, a 2.275 metri di altezza, per continuare una
sua battaglia personale contro la diffusione delle macchinette. È
bastato che gli escursionisti alpini la notassero sul Sella, perché la
notizia trovasse spazio in pagina. Almeno in Trentino. Dalle cronache
fiorentine arriva invece una denuncia tutta particolare. Quella fatta da
un gruppo di genitori contro il padiglione per bambini Mondobimbo al
Parterre, dove insieme ai giochi di abilità c'è una macchinetta a forma
di bocca aperta di rana che assomiglia tanto a una slot machine. Perché
con la sua leva e il suo nastro invita i più piccoli a tentare la
fortuna, per vincere non soldi ma buoni ticket per il ritiro di premi
come una consolle Nintendo, oppure una bicicletta. «Sono macchine con
regolare autorizzazione - hanno replicato i responsabili del padiglione -
e non c'entrano con l'azzardo». Poi però hanno tolto l'insegna
all'ingresso della sala giochi. Quella che recitava: «Sfida la fortuna.
Gioca e vinci. Sala giochi a ticket». La macchinetta no. Quella, come tante altre, ha il via libera del ministero competente.
Dai giochi lo Stato ci guadagna. Tanto. L'Agicos, agenzia giornalistica
concorsi e scommesse, fa sapere che nei primi cinque mesi del 2012 le
entrate totali relative ai giochi, che includono varie imposte
classificate come entrate erariali dirette e indirette, sono risultate
di 5 miliardi e 582 milioni di euro. «In particolare le entrate
derivanti dagli apparecchi e congegni di gioco sono pari a 1.675
milioni, in crescita di 85 milioni». Poi ci sono gli apparecchi
irregolari. Quelli della criminalità organizzata, che le tasse non le
pagano. «In Italia ci sono 200 mila slot machine illegali - ricorda
Diana De Martino della Direzione nazionale antimafia - non collegate
all'anagrafe tributaria e quindi fuori dal controllo dei Monopoli di
Stato. C'è grande interesse della criminalità verso il settore giochi, e
prima di tutto dovrebbero essere fatte delle correzioni alle norme
relative alle videolottery: non capisco come sia possibile che, a fronte
di una giocata massima di 10 euro, sia consentito di introdurre nelle
macchinette anche banconote da 500 euro.
È chiaro che in questa maniera si favoriscono le operazioni di riciclaggio del denaro sporco.
Per giunta, su un giro di affari certificato di 200 mila euro al giorno
nelle slot machine illegali, la sanzione irrogata due anni fa dai
Monopoli di Stato è stata di appena mille euro». La denuncia del
magistrato antimafia sulle videolottery, nuova frontiera delle slot in
prepotente ascesa, getta un fascio di luce su macchine che assomigliano
alle slot ma erogano vincite massime di 5 mila euro contro i 100 delle
slot, e assommano al meccanismo della classica slot vari altri giochi
come poker, black jack e roulette. Una nuova tentazione per gli
italiani, l'ennesima "offerta di mercato" per quella che l'associazione
Libera ritiene essere diventata la terza impresa del paese, con i suoi
76,1 miliardi di fatturato legale. «Cui vanno aggiunti - puntualizza don
Luigi Ciotti - con una stima sicuramente approssimata per difetto, i 10
miliardi di quello illegale». Proprio da Libera, nei mesi scorsi, è
arrivato un dossier esplicativo fin dal dal titolo: "Azzardopoli - il
paese del gioco d'azzardo. Quando il gioco si fa duro... le mafie
iniziano a giocare".
All'interno trovano spazio notizie come
quella relativa ai giocatori a rischio, calcolati in almeno due milioni e
con 800 mila da considerare ormai dipendenti dal gioco d'azzardo.
Mentre i clan della criminalità organizzata, dai Casalesi ai Mallardo,
dai Santapaola ai Condello, dai Mancuso ai Cava, dai Lo Piccolo agli
Schiavone, si sono gettate a pesce nel lucroso business, con particolare
riguardo a quello con più valore aggiunto. Guarda caso, quello delle
slot: lo segnalano le indagini di ben dieci direzioni distrettuali
antimafia solo nell'ultimo anno. Ma di fronte all'attività mafiosa di
alterare le macchinette in modo da annullare o abbattere i dati da
comunicare al fisco, per i magistrati è quasi impossibile dimostrare la
presenza di un'associazione criminale. Così arrivano le denunce solo per
l'intrusione abusiva in un sistema informatico, o per concorrenza
sleale. Sempre dal dossier di Libera, emerge che il settore legale del
comparto giochi dà lavoro a circa 120 mila addetti e muove gli affari di
5 mila aziende fra grandi e piccole. Di fronte a questi numeri, don
Ciotti soppesa le parole: «Vogliamo sollecitare, senza evocare scenari
di proibizionismo, una risposta da parte delle istituzioni. Perché c'è
un rischio di dipendenza crescente. Bisognerebbe applicare le direttive
dell'Oms, che dicono che la dipendenza da gioco è una malattia sociale e
quindi va fatta prevenzione». La risposta del governo, fresca fresca, porta la firma del ministro Andrea Riccardi:
«La Camera ha appena concluso un'analisi conoscitiva sul gioco
d'azzardo e le sue conseguenze sociali, indicando delle norme sulla
regolamentazione della pubblicità e sulla necessità di tutelare i minori
e le fasce più esposte. Credo sia venuto finalmente il momento di farsi
carico della questione, anche con provvedimenti d'urgenza». Ma le leve
continuano ad essere tirate e i nastri delle slot a girare. Perché sono
ormai diventate una necessaria fonte di introiti per i bar e gli
esercizi commerciali in genere. Compresi i circoli ricreativi, e
addirittura molte case del popolo.
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