mercoledì 4 luglio 2018

Rosa Parks, i servizi e la caduta dell'impero occidentale.


Non mi accade tutti i giorni, ma è accaduto già due volte da gennaio ad oggi, di difendere Rosa Parks e il suo posto, mentre Rosa Parks tentava di minimizzare "ma no signora, non si preoccupi, sto in piedi, è lo stesso" e io urlante che no! Non è lo stesso cavolo! Non è lo stesso e si sieda. La prego, si sieda. Lo faccia per me, si sieda. Si sieda in quel posto, che devo salvarmi l'anima.


Mentre il "questi negri" e il "se ne tornino da dove sono venuti" montano intorno e adesso si aggiunge al "traditrice" nemmeno più tanto sussurrato.
È colpa della tv. È colpa della propaganda e io ero davanti alla tv a vedere. È colpa della crisi del 2008 e io ero davanti alla tv a sentire dibattiti su dibattiti mentre intorno si sgretolava roccia e non me ne accorgevo. È colpa di quel muro abbattuto a Berlino nel 1989 e io ero davanti alla tv a vedere. È colpa dell'11 settembre e anche lì io c'ero, con la faccia basita e il sudore che colava, davanti alla tv a vedere. È colpa di tutto quello che vogliamo. La globalizzazione, il liberismo, i crediti deteriorati, il capitale, il locale in conflitto con il globale, il sovranismo, il suprematismo, la terza via e l'assenza di vie. Ma è anche colpa nostra.

Se ogni giorno vedo scontrarsi ideali e identità culturali e collettive di solidarietà, libertà, uguaglianza e fraternità, di fronte al dubbio che per troppi non fossero tali, né identità né collettive, di fronte a una banalità del male con cui non vogliamo fare mai i conti e invece dovremmo. Farci i conti quando le file ai pronti soccorsi sono infinite, e vedi montare rabbia, che non sanno dove canalizzare. Quando gli asili non ci sono, e non sai più a chi chiederli: colpa del comune, colpa della regione, colpa dello stato, per colpa di chi, chi chi chi e intanto non ci sono. Quando i bus non passano e se stai in centro te la risolvi in bici ma se stai allo zen o a Tor bella monaca, hai voglia a pedalare. E signora mia ste periferie, lei ci vuol tornare e noi ce ne vorremmo andare. E l'ipocrisia nostra che si taglia a fette in visite tanto finte quanto scontate perché gliene frega poco della tua visita alle persone. Gli interessa che ti fai carico delle richieste e dell'immondizia per strada. Le cose le devi fare. Colpa di quelli di prima, colpa di quelli di adesso.
No, il riformismo e la solidarietà può essere che si infrangano anche di fronte a servizi che non ci sono combinandosi con una formazione inadeguata? Non solo per i paradigmi dei problemi, il lavoro, le pensioni, i conti pubblici. Il riformismo e la solidarietà può essere che si sfaldano non solo di fronte alle miserevoli mediocrità individuali, qualora fossero tali, quanto piuttosto di fronte a quelle politiche di un paese che non si è curato abbastanza della sanità per gli ultimi, dei servizi sociali per gli ultimi, degli asili per gli ultimi, delle scuole per gli ultimi, della formazione culturale e del bagaglio minimo di ideali coltivati così bene e così forti da non infrangersi di fronte alla puzza di curry che sale nei pozzi delle scale scrostate degli enormi palazzoni di Bonagia, piuttosto che del Corviale. A tutte le scale di responsabilità, attenzione.
E l'immondizia che cresce anche con la nostra complicità di gente poco educata, "che mica è tutta colpa dello stato, lo stato siamo noi, signora mia!" Eccerto. Intanto il riformismo annega a Bellolampo. Colpa del comune, della regione, dello stato, di quelli di prima, di quelli di adesso, loro le ville, no, ho lasciato la scuola, non serve a niente, non lo vedi che non serve a niente? Possiamo fare tutti i ragionamenti che vogliamo e pare persino banale ripeterlo che forse è con la mediocre mediocrità che dobbiamo fare i conti. Se non la vogliamo quella mediocre mediocrità ci dobbiamo mettere di puzzo buono, diceva mia nonna, a educarci e a educare, a selezionarci e a selezionare. Signora mia.
Posto che sia veramente tutta mediocre mediocrità egoista lamentarmi di come mia figlia allo zen non abbia quella comfort zone che ha tua figlia in via Libertà. Non dimentico che quella storia è la mia e piango come di fronte a Via col Vento nel pensarci e caccio indietro le lacrime, che il piagnisteo anche basta. E a nessuno gli passa per la testa di capire che i poveri pensano, che gli ignoranti pensano. E chiedono il conto, rivendicano, libertà, fraternità e uguaglianza, ma un attimo dopo, come ogni sana massa subalterna è autorizzata a fare, dopo essersi messi in paro, legittimamente, altro che piagnisteo.
E che in quei luoghi il razzismo non c'era, era altrove, ma non lì. La guerra tra i poveri ancora non era stata innescata. Anche perché i poveri ancora non si parlavano e non parlavano. E tra i poveri ci metto anche un ceto medio che si sente sull'orlo dell'abisso anche se non lo è. Ora si parlano, ora parliamo, e chiedono il conto. Magari lo fanno male e non facendosi bene i conti. Ma è legittimo che lo chiedano. Il razzismo lo abbiamo portano noi disattendendo alla nostra funzione sociale: emancipare sempre, emancipare tutti, metterli nelle stesse posizioni di partenza. Ed il razzismo dei ricchi, signora mia? E l'egoismo dei ricchi, signora mia? Che tanto loro l'autobus, i servizi sociali, la sanità, le scuole, ... mica li usano, signora mia. Però ve li pago, mi risponde da qualche parte là fuori qualcuno, e per cosa pago? Per uno stato sociale o asociale?
Cosa c'entra tutto questo con Rosa Parks e con me che urlo sugli autobus, io che quei servizi pessimi li vivo, che mi ritrovo a saperlo dopo che sono tornati a casa che mia madre, 82 anni, è stata tre giorni e tre notti in corridoio in barella al pronto soccorso con accanto mio padre, 89 anni, che l'assisteva ed era un eufemismo piuttosto che un marito. E cosa c'entra tutto questo con Rosa Parks? C'entra con l'osmosi della rabbia che monta. Perché signora, guardi, c'è chi sta molto peggio di lei. Ed era pur vero. Ma qualcosa comunque non funziona.
Colpa del comune, colpa della regione, colpa dello stato, colpa mia che ogni volta mi metto in fila per cambiare le cose e la mia voglia si infrange; così mi dicono, non mia madre o mio padre che votano dal 1950 allo stesso modo, pur coi tre giorni e le tre notti in barella, me lo dicono sugli autobus, me lo dicono sui treni, me lo dicono quelli che magari poi "sbagliano a votare" o non votano. Sbagliano? Ogni voto è legittimo, nessuno metta in croce la gente che vota come vota.
C'entra che me ne sento responsabile per non aver urlato ieri molto di più, che non le mozioni sui massimi sistemi ma l'educazione è la via contro i razzismi e i conti fatti male degli ultimi e dei quasi ultimi e dei manco ultimi e che sistemi di welfare adeguati ed efficaci, accanto a un lavoro fatto bene con l'integrazione, non salvano le periferie o le coscienze, o il posto sul bus a Rosa Parks, salvano i pensieri grandi, la libertà, l'uguaglianza e la fraternità e tutto l'Occidente per come li conosciamo.

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