mercoledì 4 luglio 2018

L’Aids è scomparso dal radar dei media, ma non è sconfitto.

C'era al governo Aldo Moro quando partì la campagna nazionale di vaccinazione contro la poliomielite. Era il 1° marzo 1964, si utilizzò il vaccino Sabin, somministrato per via orale a 7 milioni di bambini, una goccia di vaccino su una zolletta di zucchero. Non mi risulta che ci fossero state opposizioni né in Parlamento e neppure nel Paese; ma ovviamente non c'era Internet. In occasione dei quaranta anni dall'assassinio del presidente Aldo Moro, si è giustamente molto parlato e molto scritto del suo ruolo fondamentale nella politica del nostro Paese e della sua figura di professore e uomo di cultura, gentile e misurato e questa fu una delle tante pregevoli iniziative che adottò.
 


I risultati della campagna furono eccezionalmente positivi. Nel 1958 erano stati censiti circa 8500 invalidi da polio per paralisi flaccida degli arti, e si presume ci siano stati molti decessi. Nel 1964, inizio della campagna, erano stati registrati circa 3000 nuovi casi di polio; che rapidamente diminuirono, finché nel 1982 il Ministero della Sanità registrò ufficialmente l'ultimo caso. Purtroppo la polio è ancora endemica in Nigeria, Pakistan e Afghanistan, con difficoltà politico-religiose che ostacolano una eradicazione globale.
La storia dell'Aids è purtroppo drammaticamente differente. La cosiddetta "pestilenza di fine millennio" emerse come nuova grave malattia infettiva negli anni ottanta, prevalentemente nelle comunità di omosessuali di San Francisco e New York; tanto che inizialmente fu indicata in un articolo del New York Times, maggio 1982 con la sigla GRID (Gay-Related Immune Deficiency).
L'attenzione dei media per il diffondersi di questa malattia incurabile, che portava a morte in breve tempo (circa 28 settimane), divenne continua e quasi ossessiva, catalizzata da casi eclatanti quali la morte a 52 anni dell'attore Rock Hudson.
I progressi della ricerca biomedica portarono rapidamente a importanti risultati: fu identificato l'agente patogeno un virus a RNA e chiarite le principali vie di trasmissione, trasfusioni di sangue non controllato (via iatrogena) e rapporti sessuali non protetti e con più partners (via sessuale); si dimostrò che il target del virus è il sistema immunitario con distruzione progressiva di linfociti, macrofagi e di altre cellule di difesa; fu messo a punto un test sierologico per evitare trasfusione di sangue infetto; furono definite procedure e comportamenti per la prevenzione, a partire dal consiglio pressante di fare "sesso protetto" usando sempre il preservativo.
Molti erano terrorizzati da altre possibili modalità di contagio, quali trasmissione per contatto con altri liquidi biologici oltre lo sperma e il sangue; e si registrarono casi di discriminazione dei malati sul posto di lavoro. Alcuni ricorderanno una trasmissione televisiva del 1991 nella quale il Prof. Fernando Aiuti, famoso immunologo de La Sapienza, baciò sulla bocca una ragazza sieropositiva per mostrare plasticamente la sua convinzione che il virus non si trasmette con il bacio.
Questa emergenza spinse le autorità sanitarie (e in particolare il National Institutes of Health NIH di Bethesda) a investire grandi risorse nella ricerca fondamentale sul virus HIV (Human Immunodeficency Virus) con risultati positivi. Nel 1987 fu approvato e introdotto il primo farmaco anti-retrovirale la Zidovudine (AZT, Azidotimidina); negli anni successivi furono progettati e sintetizzati specifici ed efficaci inibitori di proteine virali essenziali per il suo ciclo vitale, e fu progressivamente introdotto uno schema terapeutico anti-retrovirale (ARV) che utilizza una combinazione di farmaci (in genere tre diversi).
Queste scoperte hanno consentito una eclatante caduta della mortalità trasformando l'AIDS in una malattia cronica che consente decenni di vita. Il vero grande problema è la mancanza di un vaccino efficace contro HIV, che sarebbe evidentemente la soluzione ideale per raggiungere l'obiettivo di una generazione finalmente liberata dall'incubo del AIDS. Il Dr Anthony Fauci, eminente immunologo e direttore al NIH, ha spiegato in più occasioni che la messa a punto di un vaccino efficace è un problema scientifico di estrema complessità per la elevata variabilità genetica di HIV.
Accademia dei Lincei
A parte il costo elevato, la terapia antiretrovirale (ARV) non porta a guarigione e quindi deve essere proseguita per tutta la vita, e non è senza effetti collaterali. Purtroppo un aspetto negativo del trattamento ARV è rappresentato dalla errata percezione che l'epidemia sia debellata; mentre in Italia si registrano circa 4000 (quattromila) nuovi casi all'anno -numero probabilmente sottostimato- apparentemente dovuti in gran parte a sesso non protetto con preservativo.
La Lila lamenta che le campagne di comunicazione e prevenzione sono quasi scomparse e che i finanziamenti sono carenti, anche se in Italia ci sono quasi 130.000 sieropositivi. Nel mondo sono quasi 40 milioni e il numero è destinato ad aumentare drammaticamente. Molto importante è sapere che anche sotto trattamento ARV il virus sopravvive nell'organismo - a basso livello di attività- in alcuni reservoirs cellulari (alcune cellule del sistema immunitario come linfociti e macrofagi): il genoma virale è integrato nel genoma dell'ospite e non è aggredibile dai farmaci anti-retrovirali. Le cellule infette in modo"latente" possono riattivarsi nel caso in cui si sospenda la terapia anti-retrovirale.
Considerata la situazione, molti laboratori di ricerca sono al lavoro per esplorare altre strade e scoprire nuovi metodi di cura dei malati di AIDS. Una strategia alternativa prevede di aggredire il genoma virale integrato (e per così dire "protetto") direttamente nel linfocita, distruggendo selettivamente alcuni geni di HIV che sono essenziali per l'espressione e maturazione del virus.
Molto recentemente ricercatori dell'Università di Kobe hanno pubblicato un interessante lavoro con l'obiettivo di distruggere nel linfocita-T "latente" due geni regolatori di HIV (detti Tat e Rev). Per ottenere questo risultato, che richiede un editing accurato ed efficace del genoma virale integrato nei linfociti-T, gli autori hanno utilizzato una metodica straordinariamente potente, specifica e anche economica detta CRISPR/Cas9, scoperta nel 2012 da due scienziate ormai famose, Jennifer Doudna Biochimica di Berkeley e Emmanuelle Charpentier Microbiologa del Max Planck di Berlino.
Dell'importanza di questa scoperta abbiamo dato comunicazione su HuffPost in occasione della "Conferenza Louis Pasteur" tenuta ai Lincei dalla Charpentier lo scorso 9 febbraio. I risultati positivi pubblicati dal Dr. Kameoka e collaboratori, anche se ottenuti in vitro, fanno sperare che in futuro si possa utilizzare la metodologia di editing genomico CRISPR/Cas9 per modificare geni essenziali di HIV e sopprimere la replicazione virale nei linfociti "latenti", ottenendo si spera la guarigione.
Rimane centrale il grande impegno della ricerca globale per ottenere, nonostante la grandissima complessità del problema, un vaccino anti-HIV che sia efficace; sarei ottimista e presumo che quando un bambino nato questa notte avrà 20 anni, la vaccinazione anti-HIV sarà a regime e forse nessuno si ricorderà dell'incubo AIDS, così come oggi quasi nessuno si ricorda delle epidemie di vaiolo o poliomielite.

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