martedì 3 luglio 2018

I diritti degli altri.

L'opinione pubblica vive ormai immersa nella cultura della crisi, figlia di una forte campagna comunicativa di alcune forze politiche, non solo nazionali. 
 
...È molto preoccupante, dunque, che i cittadini non chiedano di tutelare i diritti di cui al momento, e per fortuna, non devono godere, ma è molto più preoccupante, anche per il futuro del nostro Paese, che non riescano nemmeno a comprendere il senso e la portata dei diritti e della loro tutela. Quando capiterà di doverne godere, e non ci saranno più, sarà troppo tardi per capire quello a cui si è assistito in un assordante e colpevole silenzio.

Giorgio Varano Avvocato penalista, responsabile comunicazione dell’Unione delle Camere Penali Italiane
Caratteristica tipica di questo tipo di cultura è un apocalittismo selettivo, cioè l'indicare come imminente, se non già presente, il rischio di una catastrofe per determinate persone, "gli italiani", "le vittime dei reati", "i giovani", "i disoccupati", "gli onesti", che vengono minacciate da altre, "gli immigrati", "i delinquenti", "la casta", "i raccomandati", "i corrotti", etc.

La divisione delle persone in gruppi contrapposti è il primo passo per il divide et impera, per la creazione di una finta e pericolosa contrapposizione tra chi non riesce a ottenere i propri diritti contro chi glieli ruba, e questo al fine di far abbandonare un tessuto sociale comune per far coltivare a ciascuno il proprio interesse, di cui una determinata forza politica si pone come paladina. Diventa quindi molto attrattivo porsi in modo reazionario nei confronti dei diritti altrui, visti come un ostacolo al godimento dei propri.
Si smette di ragionare e ci si rifugia nell'irrealismo della "rete", inseguendo conferme, quasi sempre fasulle, che hanno il sigillo della verità perché scritte con un post o un tweet che diventa verità rivelata. È una degenerazione delle conseguenze della connessione perenne, che porta a cercare conferme delle paure, delle ignoranze, delle rivalse, delle invidie, più o meno latenti, che si hanno.
Si partecipa a un rogo virtuale, che alle volte diventa anche reale, alimentandolo con il fuoco delle nostre insicurezze. Nasce così un fenomeno molto pericoloso per il nostro futuro ma ormai anche per il nostro presente: si reagisce senza riflettere.
E allora plaudiamo a chi chiude i porti, limita i diritti o le protezioni di chi ci sta antipatico o li "censisce", aumenta le pene, elimina le lungimiranti pene alternative al carcere, confisca intere realtà economiche sulla base del solo sospetto, elimina alcune garanzie procedurali, rende i processi eterni, punisce chi si difende in appello aumentandogli la pena, anche quando il pubblico ministero non ha proposto appello.
E a questo rogo partecipiamo quasi tutti, perché ognuno di noi ha consapevolezza di alcuni diritti (spesso i propri) e antipatia per altri (spesso gli altrui). L'errore più grave è proprio questo, l'essere vittime e partecipi del divide et impera. In uno stato liberale e democratico i diritti non sono un insieme di sottoinsiemi scollegati, ma sono un corpo unico che non si può smembrare a pezzi secondo le convenienze.
Vedere le garanzie come dei bizantinismi incomprensibili è sintomo di un Paese che non si è fatto Stato, tutelando e rispettando i diritti costituzionalmente garantiti e fondanti il proprio vivere civile, ma che vive lo Stato come un qualcosa di esterno, se non addirittura un nemico del popolo. È una china scivolosa e molto pericolosa che può portare all'eversione dell'ordinamento giuridico e costituzionale.
Gli attacchi al presidente della Repubblica, nel corso della formazione del governo, ne sono stati una inquietante avvisaglia, sottovalutata da parte di tanti. Tutto questo avviene anche per la debolezza della politica, per cui alcune forze politiche hanno aizzato l'opinione pubblica contro quelle avversarie, non capendo che così facendo la politica tutta ne è uscita sminuita e ha perso la credibilità della sua importantissima funzione.
Questo ha comportato anche il mancato passaggio dalla campagna elettorale a una azione ponderata di governo. Siamo in una campagna elettorale perenne, in cui è aumentata a dismisura la ricerca del consenso e non attraverso l'azione di governo o di opposizione, ma attraverso pubblici editti e frasi a effetto, e senza mai ascoltare tutte le parti in causa, ma solo quelle che convengono all'efficacia dell'editto e a placare l'arsura di chi attende la realizzazione di sé stesso attraverso la compressione delle vite di altre persone.
Ma cosa accade quando ogni singola persona valuta tutto con le proprie misure? Inizia il declino del sentire comune e scompare quel denominatore unico, quella misura comune seppur minima, che consente di sentirsi un unico, grande paese civile e democratico. Non si comprende che qualsiasi diritto riconosciuto non è compresso o limitato da quello altrui, anzi ne è esaltato, e che chiunque di noi, nella vita, potrà essere tutelato da un diritto riconosciuto dal nostro ordinamento di cui al momento (per fortuna) non usufruisce.
È molto preoccupante, dunque, che i cittadini non chiedano di tutelare i diritti di cui al momento, e per fortuna, non devono godere, ma è molto più preoccupante, anche per il futuro del nostro Paese, che non riescano nemmeno a comprendere il senso e la portata dei diritti e della loro tutela. Quando capiterà di doverne godere, e non ci saranno più, sarà troppo tardi per capire quello a cui si è assistito in un assordante e colpevole silenzio.

Nessun commento:

Posta un commento