Rifiuti, in Campania i cittadini non vogliono gli impianti di compostaggio. E fanno bene“Vogliamo collaborare con i Comuni non passarci sopra a carrarmato – dice il governatore Vincenzo De Luca – Dopo il no agli inceneritori, sugli impianti di compostaggio se c’è da fare qualche forzatura, la faremo”.
L’attenzione è sulla realizzazione degli impianti di compostaggio per il trattamento della frazione umida dei rifiuti urbani, che sono la bandiera di qualsiasi politica ambientalista. Anche perché la Regione ha rinunciato, con totale approvazione della nostra associazione, a nuovi maxi inceneritori in Campania.
Come Medici dell’ambiente e competenti tecnici siamo stati convocati immediatamente per consulenza (ovviamente giammai dalla regione Campania) dai comitati dei cittadini e dei colleghi medici sia di Battipaglia che di Napoli est che ci hanno fatto notare la sospetta localizzazione degli impianti (non piccoli) di biodigestione nelle immediate vicinanze non solo delle abitazioni civili ma soprattutto degli impianti di depurazione finiti sotto l’inchiesta Fanpage dello scorso febbraio 2018 per le proposte di smaltimento illecito di ingenti quantità di fanghi di depurazione, pressocché “perfetti” da infiltrare nell’umido dei rifiuti urbani degli impianti di compostaggio.

I comitati dei cittadini temono la corruzione della qualità di compost derivato e soprattutto notevole danno alla salute sia per la presenza di potenziali rifiuti tossici che per le eccezionali puzze in zone come Napoli est già pesantemente gravate dai maleodoranti impianti di deposito e stoccaggio di benzine, gasolio e gpl mai delocalizzati come da piano regolatore del Comune di Napoli, oltre che dai depuratori .
Siamo alle solite: i cittadini destinatari degli impianti, specie di compostaggio, si oppongono strenuamente alla loro localizzazione e vengono accusati di sindrome nimby (not in my back yard = non nel mio giardino) ostacolando di fatto il virtuoso completamento del ciclo dei rifiuti urbani in Regione Campania, oggi già a un buon livello e superiore in termini di raccolta differenziata (tranne Napoli) per esempio alla Toscana (55% vs 51%). La Regione Campania ha un assoluto bisogno di impianti di compostaggio a norma e ben gestiti ma la storia infinita della mancata realizzazione degli impianti di compostaggio in Campania è a me sin troppo ben nota e oggetto addirittura della mia tesi di specializzazione in Igiene e medicina preventiva nel lontano 2010.
A quella data, la regione Campania aveva già programmato e parzialmente finanziato circa 50 impianti di compostaggio intraregionali ma tutti – dopo un congruo anticipo dato alle ditte e puntualmente perduto dalle casse regionali (circa 6 milioni di euro in media per un totale di circa 20 milioni ad impianto) – sono stati bloccati per la strenua opposizione delle comunità locali sindaci in testa e i pochissimi realizzati (Caivano, Pomigliano) , dopo poco tempo sono stati sequestrati dalla Magistratura perché fortemente puzzolenti e dannosi alla salute pubblica per la dimostrata presenza di rifiuti tossici al loro interno e infine, di norma, nel corso del sequestro, sono stati incendiati da ignoti per evitare di trovare le prove di tale smaltimento scorretto anche di rifiuti tossici.
L’inchiesta di Fanpage ha dimostrato che, ancora oggi nel 2018, fanghi tossici sono pronti a essere smaltiti illegalmente innanzitutto per la totale assenza di impianti a norma (sono rifiuti speciali e tossici non urbani) nel territorio regionale campano. Nulla più della puzza intollerabile genera le rivolte partecipate dai cittadini in regione Campania: per tutte ricordo la rivolta violenta e vittoriosa delle mamme vulcaniche di Terzigno nel 2010.
In questi anni di studi e analisi dei fenomeni di ecomafia in Regione Campania mi sono reso conto che la parola chiave è sempre una sola, costantemente disattesa, a vera garanzia della popolazione residente: tracciabilità. Da sempre e ancora oggi in tutta Italia ed ancor più in Regione Campania – dove siamo sempre a sottozero per impianti strategici essenziali per rifiuti tossici come impianti per rifiuti ospedalieri e radioattivi, amianto e fanghi di depurazione – nulla è tracciato se non su carta (truffa del giro bolla con variazione dei codici Cer dei rifiuti) , e tutto ciò che “assomiglia” al rifiuto umido urbano è oggetto costante di tentativi di infiltrazione da parte di tutto il rifiuto industriale assimilabile al rifiuto umido urbano e destinato ai mai costruiti (ma tutti lautamente pagati) impianti di compostaggio in Regione Campania.
Occorre essere chiarissimi: non esiste alcuna sindrome Nimby in Regione Campania per i rifiuti, né è mai esistita. Esiste invece una precisa e chiarissima sindrome che obbliga i cittadini campani a opporsi strenuamente alla localizzazione di tali impianti e di cui nessun governo né regionale né nazionale sinora vuole ancora farsi vero garante con i necessari controlli e la dovuta tracciabilità dei rifiuti anche umidi: la sindrome S.t.r.u.n.s. (Senza tracciabilità dell’umido nessuno è sicuro).
Se non diamo priorità strategica ai veri impianti che mancano, cioè a quelli per i rifiuti speciali e tossici (fanghi di depurazione, amianto, rifiuti ospedalieri e radioattivi), e senza tracciabilità dei rifiuti speciali e tossici, in Italia e ancora di più in Campania nessun impianto e nessun cittadino residente in prossimità di questi può sentirsi al sicuro dal danno certo alla salute provocato dalle infiltrazioni dei rifiuti speciali: S.t.r.u.n.s.