sabato 30 giugno 2018

Migranti & UE. Quello che non ho: il Consiglio Ue fissa solo principi sui migranti, senza concretezza nè soldi.

No di Italia, Francia e Spagna ai nuovi centri chiusi per migranti. Per l'Africa solo 500mln. L'11 luglio vertice informale ministri Interni a Innsbruck.

L'entusiasmo dell'intesa notturna è durato lo spazio di una notte, appunto. Già con l'inizio del secondo giorno di lavori qui al Consiglio europeo di Bruxelles emergono le prime spine dell'accordo a 28 sui migranti. Un guscio vuoto. Dal quale già si smarcano paesi come la Francia e il Belgio: eppure è stato Emmanuel Macron a lavorare fianco a fianco con Giuseppe Conte per raggiungere l'accordo.
In sostanza: Parigi insiste a dire che i nuovi centri chiusi per i migranti, gestiti dall'Ue, non nasceranno sul proprio territorio ma solo nei paesi frontalieri come Italia, Spagna, Grecia, Malta. Poco dopo si smarca anche Madrid, che si aggiunge ai no extra-Ue di Libia, Algeria e Tunisia. E poi langue il Trust fund per l'Africa, il fondo per bloccare sul nascere l'immigrazione in Ue, punto cruciale della trattativa italiana. Ci sono solo i 500 milioni di bilancio comunitario già promessi in precedenza: mancano i contributi degli Stati per arrivare al totale previsto di un 1 miliardo e 200 milioni di euro.

Ecco le parole di Emmanuel Macron, all'ingresso dell'Europa Building: "I centri sorvegliati di accoglienza in Ue su base volontaria vanno fatti nei Paesi di primo ingresso, quindi sta a loro dire se sono candidati ad aprire questi centri", ma "la Francia non è un Paese di primo arrivo". Ed ecco il premier spagnolo Pedro Sanchez che risponde così a chi gli chiede se la Spagna ospiterà i nuovi centri: "Abbiamo già un dispositivo perfettamente rodato e funzionante. Abbiamo squadre di salvataggio marittimo, la guardia civil, accordi con le ong, centri per i richiedenti asilo e per i migranti...". Ed ecco ancora il primo ministro belga Charles Michel: l'accordo "non ha cambiato il sistema di Dublino e conferma la responsabilità dei paesi di primo ingresso".
Sul trust fund per l'Africa, invece, l'ammanco è di 700 milioni di euro. Non è poca roba visto che l'obiettivo primario del governo italiano era e resta quello di fare accordi con i paesi africani per bloccare sul nascere i flussi migratori. Perché solo così, ripetono le fonti italiane, si risolve il problema dei movimenti secondari dai paesi di primo approdo verso il nord dell'Ue, il punto sul quale insiste la Germania, dove questo problema è diventato ormai ragione di crisi di governo tra Angela Merkel e l'alleato Horst Seehofer, ultra-conservatore e ministro degli Interni.
Ma sul Trust fund per l'Africa gli Stati membri ancora stentano a contribuire. Nel tentativo di assicurarsi un finanziamento, il governo di Roma ha anche scelto di non votare l'intesa sulla seconda tranche di soldi per la Turchia, in virtù dell'accordo con Erdogan deciso dal consiglio europeo nel 2016 e voluto fortemente da Berlino. La nuova intesa con Ankara prevede che due terzi del totale di 3 miliardi di euro siano versati dagli Stati membri e un terzo dalla commissione Ue (bilancio comunitario): la prima tranche prevedeva il contrario. Roma si è riservata di approvare l'intesa sulla seconda tranche proprio per vedere cosa si sarebbe deciso sull'Africa. Ecco qui: poco nulla, anzi più nulla che poco. Siamo fermi ai 500 milioni di euro della Commissione, che fa la sua parte. Ora tocca agli Stati, che non la fanno.
Qui il passaggio contenuto nel documento conclusivo del vertice, su cui l'Italia aveva minacciato il veto per poi accettare l'intesa:

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Ma gli Stati membri non fanno la loro parte nemmeno sui nuovi centri controllati e chiusi gestiti dall'Ue, quelli che dovranno smistare i migranti tra chi ha diritto all'asilo e chi invece deve essere rimpatriato. A Bruxelles Conte è partito dalla richiesta di crearli solo fuori dall'Ue. Mai in Italia, rispondevano ieri da Palazzo Chigi respingendo al mittente le insistenze francesi. Poi, in asse con Macron, il premier italiano ha accettato un'intesa su base volontaria: ok ai centri in territorio europeo, chi vuole può ospitarli. Un principio intorno al quale inizialmente si sono ritrovati la stessa Francia, l'Italia, la Spagna, il Belgio, Malta, la Grecia.
Ma poi, già stamane, Parigi ha cominciato con i distinguo. E fonti sia europee che italiane confermano che il governo francese non vuole ospitare i nuovi centri controllati, non essendo paese di primo ingresso. "Se è così, daremo battaglia", dicono fonti italiane. Ma resta il fatto che a distanza di poche ore dall'annuncio dell'intesa, traballa già tutto e Conte rischia di tornare a casa col sacco vuoto: pure Sanchez si sfila.
Basti vedere le dichiarazioni di Macron, che stamane entrando al vertice, ha messo in chiaro il fatto che - intesa o non intesa - le responsabilità dei paesi di primo approdo non vengono ritoccate, nessuna condivisione. Ecco: "La Francia non è un paese di primo arrivo. Alcuni volevano spingere a questo. Ho rifiutato. Le regole di diritto internazionale di soccorso in mare sono chiare. E' il paese più sicuro e vicino che deve essere scelto per essere un porto. Le nostre regole di responsabilità sono chiare: è il paese di primo ingresso nell'Ue. In nessun caso questi principi sono messi in discussione dall'accordo". Per contro, "per i paesi di primo ingresso dobbiamo essere più solidali con una presa in carico dal primo giorno" attraverso i cosiddetti "centri controllati" per migranti.
In soldoni significa che il regolamento di Dublino resta invariato. Ecco il passaggio chiave del documento conclusivo del summit:

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L'11 luglio a Innsbruck si riunisce il vertice informale dei ministri degli Interni dell'Ue. Ci sarà Matteo Salvini naturalmente e anche il tedesco Seehofer. Sarà un primo banco di prova degli esiti di questo consiglio europeo che per ora sta producendo principi non operativi. Troppo poco per esultare.

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