lunedì 18 giugno 2018

La verità per Giulio Regeni e il “problema Salvini”



 
Sarà sfuggito a pochi il fatto che Matteo Salvini abbia liquidato quello che ha definito come il “problema Regeni” dicendo che “comprende bene la richiesta di giustizia della famiglia di Giulio Regeni. Ma per noi, l’Italia, è fondamentale avere buone relazioni con un Paese importante come l’Egitto”. Da un certo punto di vista, il contenuto di questa affermazione non è sorprendente, nel senso che riassume quella che nei fatti è stata anche la linea del governo precedente.
Basti ricordare che le relazioni economiche tra Italia ed Egitto (unica vera leva negoziale) non sono mai state messe in discussione, che l’ambasciatore italiano è stato rinviato al Cairo senza che nulla fosse stato ottenuto, o che l’allora ministro degli esteri Alfano definiva Al-Sisi come un “interlocutore appassionato nella ricerca della verità”.
A questo proposito, mi sento di ripetere quanto già scritto nel febbraio 2016: “Visti gli interessi in gioco, è chiaro che il passaggio di una versione di comodo che assolva il regime civico-militare farebbe tirare un sospiro di sollievo a svariati soggetti su entrambe le sponde del Mediterraneo. Solo attraverso la mobilitazione di un’opinione pubblica scioccata ma anche giustamente sdegnata si può tentare di evitare l’insabbiamento” (1).
La campagna per la verità e la giustizia per Giulio Regeni è riuscita effettivamente a smontare gli strampalati alibi del regime, tant’è vero che nessuno (eccetto terrapiattisti e affini) oggi crede veramente all’innocenza dello stato egiziano. La campagna non è riuscita però a provocare un sostanziale mutamento nella politica estera italiana, cosa che in ogni caso avrebbe necessitato un più ampio contesto di radicali (e veri) cambiamenti. La gravità delle affermazioni di Salvini sta nel fatto che, ormai, un’alta carica dello stato possa permettersi di dichiarare pubblicamente che Al-Sisi sia per “noi, l’Italia” un amico non perché “appassionato nella ricerca della verità” ma nonostante il fatto che non lo sia. Le torture, gli assassinii e le sparizioni forzate – tutta la repressione controrivoluzionaria – del regime egiziano vengono così platealmente normalizzati. Le parole di Salvini – come peraltro la lunga serie di provocazioni messe in fila nelle sue prime due settimane da razzista con ministero – simboleggiano quindi il più generale slittamento nei rapporti di forza in seguito all’ultima tornata elettorale e alla formazione del governo giallo-verde.
Anche in questa vicenda, i grillini hanno per ora dimostrato nuovamente tutta la loro complice subalternità al 17% leghista. Solo cinque giorni prima delle dichiarazioni di Salvini, Fico aveva incontrato Amnesty International e dichiarato di “volere la verità a ogni costo”. Ma al momento il presidente della camera e gli altri leader M5s non sembrano essere eccessivamente disturbati dal fatto che il loro alleato abbia detto l’esatto contrario. D’altronde, non è più un mistero, la coerenza non è da annoverarsi fra i tratti caratteristici dei pentastellati. Inutile aggiungere che, in quanto a sforzi per la verità, non c’è nulla da aspettarsi da questo governo. Per noi, è fondamentale risolvere il “problema Salvini”.

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