venerdì 15 giugno 2018

La gig economy fa sorridere solo i padroni.

Analisi Inapp sul fenomeno: i colossi digitali hanno pochi dipendenti e saltuari, grandi capitalizzazioni e pagano poche tasse sui ricavi.

"Le piattaforme digitali occupano poco personale e pagano nel nostro Paese poche tasse rispetto ai ricavi. Quindi c'è un problema molto rilevante di distribuzione dei guadagni".
Parole tranchant quelle del presidente Inapp Stefano Sacchi. L'istituto che dirige (Istituto nazionale per le analisi e le politiche pubbliche) ospita una due giorni (termina venerdì 15 giugno) su lavoro e impresa nei colossi del web. Sono finiti sotto la lente giganti come Google, Facebook, Amazon, le piattaforme della ristorazione Deliveroo, Foodora e Just-Eat, e infine i siti Casa.it, Booking e Subito.it.
E di consigli da dare ai "policy maker" l'Inapp sembra averne molti.
Le aziende studiate hanno attività diverse, pesi diversi nel mercato globale, ma elementi unificanti che suscitano parecchie preoccupazioni: poco lavoro e poca redistribuzione a fronte di immensi ricavi.
In una parola: una polarizzazione della ricchezza mai vista finora.
Tanto che Sacchi sottolinea come "assieme al problema molto sentito di come garantire adeguata protezione sociale ai lavoratori della gig-economy, la questione fondamentale dei prossimi anni è come redistribuire i guadagni di produttività e il valore aggiunto che vengono dal progresso tecnologico".
Insomma, con Internet si condividono (alcune) conoscenze, ma i soldi vanno da una parte sola.

A spiegare come funziona questo meccanismo è Maurizio Franzini, docente di politica economica all'Università "La Sapienza". "I giganti come Amazon tendono a produrre pochi utili – spiega – Non solo e non tanto perché i profitti spesso vengono allocati altrove, nei paradisi fiscali o in Paesi come l'Irlanda, dove si pagano poche tasse. C'è un elemento in più. Si tratta infatti di aziende che puntano innanzitutto ad alzare il valore delle azioni, cioè alla capitalizzazione di borsa. Ci riescono, nonostante mantengano bassi i profitti, sulla base di una narrazione. Agli investitori si dice che, in vista di una futura espansione, non si distribuiscono dividendi (da profitti). In altre parole, la crescita è sostenuta dall'aspettativa di ulteriori futuri guadagni".
Il meccanismo è funzionale soprattutto ai grandi manager che si trovano al vertice della piramide. I quali ricevono retribuzioni fisse relativamente basse, ma moltiplicano i loro guadagni grazie alle ricche stock options che ricevono. In questo modo si crea una sorta di grande bolla, una rendita incredibile, non sostenuta né da occupazione, né da investimenti reali.
I dati forniti da Inapp confermano questa analisi. "Nel 2016 – si legge nei paper dell'Istituto – in Italia Google e Facebook contavano rispettivamente 195 e 22 dipendenti". Un colosso come Facebook, che nella scorsa primavera in sole 48 ore ha perso 60 miliardi di capitalizzazione (numeri stellari), e che nel 2016 in Italia ha registrato 426.355 euro per dipendente, in bilancio ha solo 22 dipendenti. Certo, la tecnologia c'entra molto: i processi sono automatizzati, bastano poche persone altamente specializzate per far marciare la "macchina". Fa eccezione in questo Amazon, che non a caso è la piattaforma con il maggior numero di dipendenti: 1.169 nel 2016. Seguono Booking con 239 addetti e Google con 195. Sul fronte del lavoro, tuttavia, impressiona il rapporto tra dipendenti iscritti a bilancio e numero di avviamenti al lavoro. Amazon, quella più "labour intensive" (si fa per dire) nel biennio 2016-17 a fronte di 1058 lavoratori dipendenti riportati in bilancio aveva ben 7.133 avviamenti al lavoro. Un numero che da solo dà l'idea della volatilità occupazionale all'interno della singola impresa.
Le piattaforme di consegna pasti sono tutte a bassa intensità occupazionale (tra 45 e 80 dipendenti). Nel settore si sono utilizzati diversi sistemi per organizzare il lavoro. Foodora, a fronte di un ridotto nucleo di dipendenti (meno di 50) a tempo determinato, utilizza i cosiddetti rider con contratti diretti di collaborazione coordinate e continuative (1.814 avviamenti). Anche Just-Eat utilizza collaboratori, ma in modo indiretto: essi vengono contrattualizzati da una società terza. Deliveroo usa contratti di lavoro occasionale, attraverso rapporti di lavoro autonomo a partite Iva.
Quanto al valore aggiunto, i big del web Google, Amazon e Facebook mostrano crescite impetuose e valori altissimi. Un trend che va in controtendenza rispetto al dato mediano dei settori dove le tre piattaforme operano

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