Una scuola che si occupa di tutto dimentica quello che conta davvero: formare personePerché accade? Perché la Costituzione nelle scuole è un’appendice. Un riferimento. Un cenno affidato alla sensibilità degli insegnanti, soprattutto nelle scuole secondarie di primo grado. Certo esiste il D.l. n. 62 del 2017, secondo il quale la valutazione del comportamento degli alunni dovrà considerare lo sviluppo delle competenze di cittadinanza. Certo esistono, soprattutto, due specifiche circolari ministeriali: la n. 100 del 2008 – che ha fornito alle scuole le prime informazioni sull’insegnamento di cittadinanza e Costituzione, indicando le piste da seguire – e la n. 86 del 2010, che ha dato indicazioni ancora più dettagliate sui contenuti. Quali? Sembra semplice, a leggere. Conoscenza approfondita della Costituzione, studio degli Statuti regionali, dei documenti nazionali, europei e internazionali. Quanto questo si verifichi nella realtà rimane quanto meno in dubbio.

Il dato certo è che le competenze relative a cittadinanza e Costituzione vanno sviluppate nell’ambito delle aree storico-geografica e storico-sociale e del monte ore complessivo previsto per le stesse. Lo stabilisce l’art.1 del D.l. n. 137 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 169 del 2008. Detto più semplicemente, cittadinanza e Costituzione non sono una materia a sé stante ma un argomento da inserire nell’insegnamento di storia e geografia. Più propriamente, un argomento per il quale trovare spazio, nel corso della settimana, nell’ora di geografia e nelle due di storia. Impresa quasi proibitiva. Ben inteso, proibitiva non certo per l’incapacità degli insegnanti di modulare i tempi, organizzare le attività, programmare la didattica. E neppure perché la gran parte degli insegnanti non considerino cittadinanza e Costituzione un fondamento imprescindibile. La gran parte dei professori lo sa che non se ne dovrebbe fare a meno. Ma poi accade, spesso; verrebbe da dire, loro malgrado.
Il problema non sono storia e geografia. E neppure gli insegnanti. Ma piuttosto i programmi ministeriali che prevedono quel che nella realtà è sostanzialmente impossibile. Trovare spazio per la Costituzione tra Carlo Magno e il clima, la prima rivoluzione industriale e gli Stati europei, la Prima guerra mondiale e l’America latina. Così si fa quel che è possibile. Si tenta di fornire quanto meno alcune nozioni. Si cerca di formare anche attraverso il richiamo alla Costituzione. Ma il più delle volte è davvero poco. Troppo poco. La Costituzione meriterebbe più attenzione. Gli alunni dovrebbero avere più tempo a disposizione per capirne i fondamenti. Più semplicemente, la straordinaria importanza. Perché non conoscere la nostra Costituzione significa privare i ragazzi della possibilità di essere consapevoli dei loro diritti e doveri. Perché conoscerla in maniera approssimativa equivale ad ignorare la nostra storia democratica.
Il problema è che la scuola che si vuole occupare di tutto rischia di dimenticare quel che conta davvero. Che non è la geografia e neppure la atoria. Non la matematica e non le lingue. Non tecnologia e neppure la storia dell’arte. Ma la crescita personale. La formazione non solo culturale, con l’ausilio di tutte le materie ed il contributo determinante di principi e valori senza tempo.
Anche per questo sarebbe necessario che la Costituzione e l’educazione civica tornassero ad essere materia autonoma. Di questo si è discusso all’ultimo Salone internazionale del libro di Torino, presso lo stand MiurSenato, in occasione delle celebrazioni dei 70 anni della Costituzione italiana, un incontro organizzato dall’Associazione professionale degli insegnanti di scienze giuridiche ed economiche.
Iniziativa rispettabilissima. Una delle tante per parlare della scuola. Una scuola che per inseguire una presunta modernizzazione e un adeguamento ai programmi di altri Paesi europei dimentica troppo spesso la sua missione. Costruire persone responsabili.