Istat: “Italia secondo Paese più vecchio al mondo. Niente mobilità sociale: dote familiare determinante per il successo”L’Italia è il secondo Paese più vecchio al mondo con un declino demografico confermato per il terzo anno consecutivo, mentre le nascite sono in calo da nove anni.
Ci sono 168,7 anziani ogni 100 giovani.
Ma è anche il Paese con un ascensore sociale bloccato, dove la “dote familiare” – in termini di beni economici ma anche di titoli di studio e attività dei genitori – è “determinante” per avere successo nello studio e nel lavoro: solo il 18,5% di chi parte dal basso si laurea e solo il 14,8% ha un lavoro qualificato.
Questo il quadro che emerge dal rapporto Istat 2018.

IL DECLINO DEMOGRAFICO – Dal 2015 l’Italia è entrata in una fase di declino demografico. All’1 gennaio 2018 si stima che la popolazione ammonti a 60,5 milioni di residenti, con un’incidenza della popolazione straniera dell’8,4% (5,6 milioni). La popolazione totale è diminuita di quasi 100mila persone rispetto ai dati dello scorso anni. “Si accentua contemporaneamente l’invecchiamento della popolazione – sottolinea il rapporto – nonostante la presenza degli stranieri, caratterizzati da una struttura per età più giovane di quella italiana e con una fecondità più elevata”.
Per il nono anno consecutivo le nascite registrano una diminuzione: nel 2017 ne sono state stimate 464mila, il 2% in meno rispetto all’anno precedente. Si tratta di un nuovo minimo storico, dovuto anche al fatto che si diventa genitori sempre più tardi. Considerando le donne, l’età media alla nascita del primo figlio è di 31 anni nel 2016, in continuo aumento dal 1980 quando era di 26 anni.
GLI EFFETTI DEL DEBITO DEMOGRAFICO – L’invecchiamento della popolazione dovuto anche al guadagno di quella anziana in termini di sopravvivenza “porta con sé – si spiega nel rapporto – un’accresciuta domanda di cura che mette in tensione il ruolo di sostegno della rete di parentela”. Si tratta del ‘debito demografico’ contratto da un paese nei confronti delle generazioni future in termini di previdenza, spesa sanitaria e assistenza. L’evoluzione demografica degli ultimi decenni non solo ci consegna un Paese profondamente trasformato nella struttura e nelle dinamiche sociali e demografiche, ma non ci fa ben sperare per il futuro. La tendenza demografica, infatti, è destinata ad accentuare ulteriormente il processo di invecchiamento. Secondo le previsioni, tra 20 anni lo squilibrio intergenerazionale sarà ancora più critico, con 265 anziani ogni 100 giovani.
LA SPESA SOCIALE E LA PERCEZIONE DEL SOSTEGNO – Ed è per questo che la spesa per il welfare assume un’importanza cruciale. Nel 2015 la spesa per protezione sociale è stata in Italia pari al 30% del Pil. Un dato superiore a quello registrato nei Paesi dell’Unione Europea che hanno speso mediamente il 28,5% del Pil. Le prestazioni sociali in denaro predominano su quelle in natura, con l’Italia che presenta il valore più elevato (il 22% del Pil). Eppure tra le persone di 75 anni e più la quota di coloro che dichiarano un sostegno debole (19,1 per cento) rimane comunque alta, poiché entrano in una fase della vita particolarmente critica. Nel confronto con l’Unione europea, l’Italia mostra una maggiore fragilità: per tutte le classi di età è più bassa la quota di chi percepisce un sostegno forte (27,8 contro 34,1 per cento) ed è più elevata la quota di chi dichiara una percezione di un sostegno debole (17,4 contro 15,5 per cento).