La prima volta che il Movimento 5 stelle ha scelto Giuseppe Conte è stato nel 2013. “Mi hanno telefonato e mi hanno chiesto la disponibilità a farmi nominare come membro dell’organo di autogoverno della Giustizia amministrativa. Io per onestà intellettuale dissi che non li avevo votati e che non ero un simpatizzante”. Il racconto lo ha fatto lui stesso il giorno in cui, a fine febbraio 2018, è stato presentato da Luigi Di Maio come ministro della Pubblica amministrazione di un eventuale governo 5 stelle. “Dobbiamo combattere l’ipertrofia normativa”, disse sempre quel giorno, “contrastare l’ignoranza coatta che avvantaggia i disonesti e puntare sulla meritocrazia”. E oggi che, secondo le ricostruzioni, è uno dei nomi più quotati per fare il presidente del Consiglio del governo Lega-M5s, le sue parole assumono ancora più significato. Lui, 54enne professore di diritto privato all’università di Firenze e alla Luiss, è il profilo che ha convinto Di Maio a proporlo come uno dei nomi su cui puntare: “un volto serio, anche se defilato”, che “al di là delle debolezze dà garanzie di serietà”. Insomma per alcuni il meno peggio che potrebbe piacere alla base M5s perché parla di “legalità” ed ha coordinato l’istruttoria che ha condotto alla destituzione del consigliere di Stato Francesco Bellomo, finito sotto accusa per i corsi per aspiranti magistrati in cui le borsiste venivano obbligate a indossare minigonne. Sul suo nome però i leghisti non hanno mai mostrato grandi entusiasmi e resta da vedere se effettivamente i due leader sono riusciti ad accordarsi oppure ci saranno sorprese.