giovedì 24 maggio 2018

Governo. Savona al Mef sarebbe una buona notizia.

Chi in questi giorni, da Bruxelles, da altre capitali europee e da Roma, insiste a richiamare il nascituro governo M5S e Lega al "rispetto delle regole", in particolare del Fiscal Compact, forse non ha chiara la portata della richiesta e le conseguenze da essa derivanti. Oppure, l'ha chiarissima e gioca al tanto peggio, tanto meglio.


Oppure ancora, tenta di normalizzare anche M5S-Lega, dopo aver normalizzato Syriza in Grecia.
Per provare a realizzare l'obiettivo del Fiscal Compact, sarebbe necessaria una manovra correttiva per il 2019 di circa 31 miliardi di euro che dovrebbero diventare quasi 50 nel 2020 per raggiungere il pareggio di bilancio, obiettivo coerente con "le regole". A 31 miliardi di euro si arriva sommando i 16 miliardi necessari alla correzione indicata del saldo strutturale (0,2% del Pil mancante per il 2018 e 0,6% per il 2019), i 12 miliardi per disinnescare le clausole di salvaguardia, infine i 3 miliardi per finanziare le cosiddette politiche invariate (ossia finanziamenti per missioni internazionali, agevolazioni fiscali per autotrasporto, ecc). Ovviamente, 31 miliardi è l'importo netto della manovra. Interventi aggiuntivi sarebbero necessari per finanziare qualsivoglia punto del Contratto di Governo.
È evidente che un governo che si impegnasse a rispettare le sacre regole di bilancio del Fiscal Compact condannerebbe l'Italia a recessione, aumento della disoccupazione e, inevitabilmente, innalzamento del debito pubblico, ossia la spirale vissuta attraverso il governo Monti.

Certo, la necessità di forzare le regole non implica che si ha mano libera. Come noto, oltre alle regole del Fiscal Compact, ci sono non generici mercati, ma le grandi istituzioni finanziarie compratrici dei titoli del nostro debito pubblico e i limiti veri dell'economia reale. Fissare l'obiettivo di deficit per ciascuno degli anni del triennio di fronte a noi al 2% del Pil sarebbe una ragionevole forzatura. Il "Contratto di Governo" M5S-Lega, nel suo insieme, è impraticabile sul piano di finanza pubblica. Vanno selezionate e messe in sequenza, in un orizzonte pluriennale, le priorità.
Oggi, le priorità sono: disinnescare in deficit le clausole di salvaguardia, ossia senza ulteriori tagli di spesa o aumenti di entrate; aumentare, in particolare nel Mezzogiorno, gli investimenti pubblici, portati e programmati dai Governi Renzi-Gentiloni al livello più basso dal secondo dopoguerra; incrementare le risorse per innalzare gli importi e estendere la platea del Reddito di inserimento; avviare la riscrittura della Legge Fornero, a cominciare dalla nona salvaguardia degli esodati e dalla proroga di "opzione donna", per poi introdurre "quota 100" e il via libera con 41 anni di contributi effettivi. Speriamo che una personalità consapevole e equilibrata come Paolo Savona arrivi al Mef.

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