lunedì 7 maggio 2018

Governo? Incombe il voto.

Franati i negoziati su un Governo politico, incerti i numeri di uno di tregua, il Quirinale mette in conto elezioni a luglio, unicum nella storia. Salvini: "8 luglio data migliore".

 

hp.it By Alessandro De Angelis
Come in drammatico gioco dell'oca, si torna al punto di partenza. Ma con la differenza che, ad ogni giro, si restringe il ventaglio delle possibilità. E questa volta, il terzo appuntamento con le consultazioni, ha certificato l'impossibilità di far nascere un governo politico. E, con essa, la difficoltà anche di ricorrere alla scialuppa di un "governo del presidente" che – sostenuto per qualche mese dai partiti con senso di responsabilità - riporti il paese al voto il prossimo anno, dopo aver approvato una delicata finanziaria e scongiurato l'aumento dell'Iva. Tentativo che comunque il presidente farà, anche se il nome non sarà annunciato oggi.
Parliamoci chiaro, dietro lo stallo del terzo giro incombe la prospettiva di un ritorno rapido alle urne. A settembre ma anche, e questa è la novità, a luglio.
"Per evitare che gli italiani perdano ancora 3-4 mesi di tempo sentendo parlare solo di legge elettorale, l'8 luglio è la data più vicina e netta per votare" dice Salvini, dopo un confronto con Di Maio alla Camera.

Non è colpa o responsabilità di Mattarella, anzi questa è la soluzione che il capo dello Stato ha provato a scongiurare. Ma il capo dello Stato non ha la bacchetta magica. E nel corso dei colloqui di oggi si è limitato a registrare che non ci sono più strade da percorrere. Non ci può essere l'eventualità di un incarico al centrodestra per tentare la via di un governo di minoranza, come ha chiesto Salvini, perché se venisse bocciato in Parlamento resterebbe comunque in carica per gli affari correnti e avrebbe un vantaggio competitivo sugli altri. È franato, almeno per ora, l'ultimo tentativo di Luigi Di Maio verso la Lega, perché sia pur tentato, arrivato al dunque, Salvini non ha rotto dinanzi a un irremovibile Berlusconi. Ed è maledettamente complicata la via di un governo del presidente, perché Lega e Cinque stelle si sono mostrate indisponibili e a conti fatti un governo di questo tipo avrebbe il sostegno del solo Pd.
Ecco, che fare? In una situazione del genere è impossibile farsi illusioni dopo aver fatto il possibile per scongiurare l'eventualità, ma la parola voto non è più un tabù, nemmeno associato alla data di luglio, col caldo, le scuole chiuse e mezzo paese in vacanza. In fondo, tutta questa differenza rispetto a settembre non c'è, politicamente parlando. La vera grande differenza sarebbe tra un "governo di tregua" in grado di fare la manovra e un governo "elettorale" che porta il paese al voto, con ombrelloni aperti o appena chiusi. Qualora il governo nato su iniziativa del presidente venisse bocciato ci sarebbero i margini per votare prima dell'estate, anche se non è mai accaduto. Ma, in fondo, tante coste viste negli ultimi mesi non sono mai accadute contribuendo a determinare un unicum: siamo di fronte alla prima volta, nella storia d'Italia, che non si riesce ad avviare la legislatura con il capo dello Stato, suo malgrado, non riesce a fare un governo. Al Quirinale, in un clima in cui il rischio che si voleva scongiurare è diventato realtà, si ragiona di date, dopo che i partiti hanno emesso la loro sentenza definitiva sul governo di tregua. Tra scioglimento e voto, per farla breve, passano circa una sessantina di giorni. Il che significa che se Mattarella sciogliesse a metà maggio, si può votare a metà luglio, ad esempio domenica 15. È un'ipotesi estrema, e c'è nell'ipotesi un altrettanto estremo tentativo di pressione per far ragionare i partiti, ma la situazione è tale che, se Di Maio e Salvini continuano a impuntarsi, lì si finisce. E la rabbia degli albergatori e il malumore dei bagnini? Toccherà ai partiti placarli dopo che il capo dello Stato parlerà, indicando di chi sono le responsabilità di questa confusione mai vista.

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