mercoledì 14 marzo 2018

Reddito di cittadinanza: un necessario cambiamento di prospettiva culturale.

A parte la complessa discussione sul nuovo governo, gran parte dei commenti postelettorali si sta concentrando sulla proposta che ha rappresentato la maggiore novità della campagna e, ora che i Cinque Stelle sono risultati vincitori, potrebbe diventare la maggiore concreta innovazione: il reddito di cittadinanza.


Fabio Cavallucci Critico e curatore d’arte contemporanea

L'idea agita gli animi. È un argomento difficile da digerire, perché pagare le persone per non fare nulla va contro a qualche migliaio di anni di storia dell'umanità. Il lavoro è sempre stato visto, nel bene e nel male, come fondamentale prerogativa umana, ciò che distingue l'uomo dagli animali.
Fatica, punizione divina, ma anche redenzione, riscatto, dal biblico "lavorerai con sudore" al darwiniano "il lavoro nobilita l'uomo". Al punto che su di esso noi italiani abbiamo fondato la nostra Repubblica, il che significa che per farne a meno teoricamente dovremmo cambiare il primo articolo della Costituzione. Per molti è davvero impensabile ritenere che il lavoro non ci sarà più.
Peccato, perché si dà il caso che Jeremy Rifkin avesse messo in guardia sulla sua fine fin dal 1995 (La fine del lavoro, trad. it. Mondadori, 2002), e che oggi illustri intellettuali raccontino con chiarezza le sorti di questo millenario fardello umano (per esempio Gian Marco Montesano, La fine del lavoro e la fine del mondo, 2016; Domenico De Masi, Lavoro 2025. Il futuro dell'occupazione (e della disoccupazione), Marsilio 2018).

Nel giro di pochi decenni non esisterà più alcun tipo di attività umana, comprese quelle di carattere intellettuale, che non possa essere svolta da macchine. Non lo dico io, ma alcuni tra i più celebri (e ricchi) imprenditori del nostro tempo: Jack Ma e Elon Musk. I robot non sono più un'idea fantascientifica, ma una realtà in sempre maggiore espansione.
E non guardiamo che ancora, in molti settori, conviene arruolare lavoratori sottopagati piuttosto che macchine. È una questione di tornaconto temporaneo e di investimenti necessari per cambiare i sistemi organizzativi. Ma Google ha appena acquistato da Fca alcune migliaia di automobili per lanciare il taxi senza autista, a Yokohama già in strada proprio in questi giorni. E di sicuro c'è già una pattuglia di fattorini automatici pronta a prendere il posto dei dipendenti troppo sindacalizzati di Amazon...
La fine del lavoro coglie di sorpresa soprattutto chi proviene dalla cultura marxista. Se non c'è il lavoro, non c'è nemmeno un proletariato da difendere. Ma che le cose stavano cambiando, la sinistra aveva avuto un po' di anni per vederlo. E partiti e sindacati, oggi, piuttosto che continuare inesorabilmente a difendere il principio della piena occupazione, forse farebbero meglio a darsi un altro obiettivo.
Il problema, semmai, è quello della redistribuzione della ricchezza. Come impedire la concentrazione del capitale in pochissime mani? Come imporre alle grandi multinazionali di pagare tasse a livelli che consentano di distribuire i profitti?
Il reddito di cittadinanza, dunque, non è una trovata elettorale, ma una necessità oggettiva da cui non si può prescindere. Il che, ovviamente, non significa che non ci sia un problema di coperture economiche. E forse su questo sarebbe il caso di fare qualche approfondimento.
In un video che circola in rete si vede Beppe Grillo sostenere che debba essere finanziato con l'aumento delle tasse alla vendita. Nella tazzina da un euro diminuirà progressivamente il costo del lavoro salariato e aumenteranno di pari passo le tasse tese a finanziare il reddito di cittadinanza. Il che può sembrare corretto, se non fosse che la nostra Iva al 22 % è già tra le più alte in Europa.
E comunque, lasciare alle imprese e ai loro pochi padroni tutto il surplus di guadagno dovuto alla robotizzazione produrrebbe degli squilibri enormi. Pertanto le grandi aziende e le multinazionali dovranno necessariamente aumentare il loro impegno fiscale. Alcuni tra i maggiori Paperoni del mondo lo ammettono apertamente, come Bill Gates. Alla faccia della flat tax. Senza considerare che se non c'è una redistribuzione del reddito non si capisce chi lo comprerebbe quel caffè.
Resta il fatto che non è bello pagare le persone per non fare nulla. Dopo secoli di promozione del negotium, è difficile ora sostenere le ragioni dell'otium. Senza considerare che non lavorare aumenta il rischio di depressione.
Che fare? C'è un attività che pur non producendo prodotti potrebbe essere utile alla società in generale? Certo che c'è: è lo studio. Il reddito di cittadinanza potrebbe essere attribuito fronte di un impegno ad accrescere la propria conoscenza.
In qualche grado il Movimento 5 Stelle già sostiene questo principio, quando parla di "corsi di formazione" per accedere a un eventuale nuovo lavoro. Ma qui si nota una certa contraddizione: la necessità di rendere la vita umana fruttuosa, uscita dalla porta, rientra dalla finestra. Secoli di finalizzazione produttiva hanno lasciato il segno nella lista dei valori sociali. Occorre innanzitutto un grande cambiamento di prospettiva culturale.
Lo studio per lo studio, la conquista dell'otium degli antichi, potrebbe costituire un valore sociale enorme. Se il fine di uno Stato è di migliorare la propria società civile, contribuire ad aumentarne la consapevolezza dei propri cittadini, questo rappresenterebbe un miglioramento epocale.
Che poi occorra fare un approfondimento su come tutto ciò possa essere organizzato e finanziato, è senza dubbio una verità. Ma le schiere di schiavi-robot pronte a sostituirci in tutte le faticose attività dovranno prendersi cura anche di questo.

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