venerdì 16 marzo 2018

L’accusa di Saviano: "In carcere muore la Costituzione".

Lo scrittore con la radicale Bernardini nel penitenziario: “Qui pochi lavorano”.


repubblica.it 
L’accusa di Saviano: "In carcere muore la Costituzione"Saviano torna a Napoli e visita i detenuti di Poggioreale. Lo annuncia su Fb: «La tanto amata Costituzione muore in carcere». Ieri mattina l’autore di “Gomorra” è entrato nel penitenziario con la ex deputata e coordinatrice della presidenza del Partito radicale Rita Bernardini, che per un mese con oltre 10 mila detenuti ha fatto lo sciopero della fame per spingere il governo a varare i decreti attuativi della riforma dell’ordinamento penitenziario.

Oggi al Consiglio dei ministri è all’ordine del giorno la parte della riforma sulle pene alternative. Ed è a quel settore che l’attenzione dello scrittore si è fermata. «Il Parlamento ha approvato una riforma - dice Saviano - che dà piena attuazione all’articolo 27 della Costituzione, ma la campagna elettorale ha suggerito al governo prudenza. E di quale prudenza stiamo parlando? Seguire i sondaggi secondo i quali gli italiani vorrebbero i detenuti in celle senza serrature e senza chiavi. Murati vivi. Reclusi a vita. Quali sondaggi? Quelli delle carceri da considerare discarica sociale».I segni del mancato decollo sono sotto gli occhi dei visitatori: la falegnameria, l’officina, la tipografia sono i laboratori, alcuni anche molto capienti, dove è previsto si svolga il programma di recupero dei detenuti. Lavorare, essere pagati, una simulazione della vita vera, per poi mettere in atto a fine pena ciò che in carcere si è imparato. Non succede. O meglio, accade per una percentuale irrisoria: su 2300 detenuti, lavora anche meno del 10 per cento.

Eppure, «se la politica vuole ritrovare dignità è da Poggioreale, da Lampedusa e dai lager libici che deve ripartire», è convinto Saviano, che lo scrive sul suo profilo Facebook. L’accusa al governo in scadenza è di non aver spinto l’acceleratore sulla riforma delle carceri. «La coalizione c’è già, ed è contro gli ultimi. Tante promesse - commenta Saviano - ma nulla di fatto (o molto poco) fino a oggi». E torna a sottolineare che la giornata di oggi sarà cruciale: «L’ultima occasione per rendere le nostre carceri più umane, rispettose della “amata” (a giorni alterni) Costituzione e per rendere le vite di chi sta fuori più sicure, dettaglio non trascurabile». Saviano, rispondendo ad alcuni commenti sotto il suo post, aggiunge che aspirare a un carcere più umano «non è buonismo, basta guardare le statistiche sulla recidiva per rendersi conto che carceri umane equivalgono a una società più sicura».

Rita Bernardini ha visitato tante volte prima il penitenziario napoletano con Marco Pannella. «Oltre al ristrutturato Padiglione Genova, che ospita 36 detenuti - e che per questo ha un aspetto decisamente più umano degli altri reparti più affollati - abbiamo visitato la falegnameria, la tipografia, l’area dedicata al corso di canto e a quello di teatro e a vari spazi dedicati alle diverse attività rieducative. Ma sono troppo pochi i detenuti che vi lavorano, come la stessa direttrice ammette, e la sua ricerca va in direzione di un’apertura sempre maggiore, ma mancano le risorse. Quando tornano nelle loro celle, la situazione non cambia: luoghi stretti, sovraffollati. Alcuni ci hanno detto «non abbiamo neanche il cuscino e i materassi sono scaduti». Altri problemi, nel rapporto con l’istituzione, sono quelli che i detenuti hanno denunciato a Saviano e alla Bernardini: «Il più grave di tutti è l’impossibilità di lavorare - sottolinea l’ex deputata radicale - Nella falegnameria lavorano 6 persone, e altrettante in tipografia. Un falegname ci ha detto di lavorare 6 ore al giorno guadagnando 700 euro a settimana, ed è certo di trovare lavoro all’uscita. Ma tutti gli altri no».

Molti i servizi alla popolazione carceraria svolti dai detenuti e sta per partire un corso per pizzaioli finanziato dalla Regione. Ma non è abbastanza. Non ancora abbastanza.

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