sabato 18 febbraio 2017

La Cannabis fa male o no? Ecco tutto quello che può dirci la scienza sulle droghe leggere.

Il dibattito sulla marijuana è tornato di attualità, alimentando lo scontro tra chi vorrebbe legalizzarla e i proibizionisti. Vediamo cosa è emerso fino a oggi dai diversi studi e cosa c'è di vero e di falso sui pericoli per la salute.

La Cannabis fa male o no? Ecco tutto quello che può dirci la scienza sulle droghe leggereL'Espresso Rita Rapisardi

Quasi quattro adolescenti italiani su dieci l’hanno provata almeno una volta nella vita, è il cuore di uno dei più grandi traffici illegali al mondo e le sue proprietà portano beneficio a migliaia di pazienti. La cannabis resta una materia ambivalente, accesa a intermittenza senza una vera discussione.

Non solo la recente discussione alla Camera, subito ricacciata nel cassetto , ha portato al centro del dibattito la sua legalizzazione, ma anche il fatto di cronaca che ha visto al centro il suicidio di un sedicenne di Lavagna, dopo che la Guardia di finanza ha perquisito la sua abitazione perché in possesso di una decina di grammi di marijuana.

Per quella che è la sostanza illecita più consumata d’Europa e con la maggiore probabilità di essere utilizzata da tutte le fasce di età, ancora oggi dopo decenni le idee non sono chiare. Studi discordanti e opinioni diffuse, spesso fasulle, non aiutano. La cannabis crea dipendenza? Si può morire? È assimilabile alle cosiddette droghe pesanti? Quali danni alla salute? È il primo passo verso il consumo di cocaina, eroina o pasticche?


Umberto Veronesi, proprio dalle pagine dell’Espresso , lanciò un appello per la legalizzazione chiedendosi se avesse senso criminalizzare la sostanza. Nel 2000 come ministro della Sanità aprì alla possibilità di oppiacei e cannabinoidi contro il dolore. Scontrandosi però contro un muro ideologico, lo stesso che oggi frena il ddl firmato da oltre 200 deputati. "Siamo un Paese che vieta inorridito la marijuana (che non ha mai ucciso nessuno) ma che lucra senza vergogna su una droga che causa 50.000 morti l’anno: il fumo di sigaretta", spiegò l’oncologo.

Già, perché fumando cannabis non si va in overdose, la mortalità di cui parlano alcuni studi si riferisce infatti agli incidenti stradali che possono essere provocati. Le ricerche seguite da Veronesi, che nominò una commissione scientifica a riguardo, conclusero che i "danni da spinello" sono inesistenti. La stessa Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha invitato più volte i governi a depenalizzare, magari non tout-court, ma almeno l’uso personale. Considerato che droghe legali come alcol e tabacco uccidono invece ogni anno milioni di persone.

Per questo molti credono che il proibizionismo non sia la risposta e demonizzare non serva. Ma il primo passo è una buona informazione. Tra l’altro i dati dimostrano che nei paesi che hanno liberalizzato, il consumo è progressivamente diminuito. Come confermano studi condotti negli Stati Uniti e che riguardano in particolare i giovani.

COSA SUCCEDE IN ITALIA
In Italia secondo un’indagine di Espad Italia (The European School Survey Project on Alcohol and Other Drugs), contenuto nella Relazione annuale del Dipartimento politiche antidroga , il 34 per cento degli studenti italiani di 15-19 anni (maschi 38 per cento, femmine 28 per cento) ha provato la "maria" almeno una volta nella vita. Piemonte, Emilia Romagna, Marche, Lazio e Sardegna sono le regioni in cui è stata più consumata. Se si allarga lo spettro all’Europa si sale a 16,6 milioni di giovani (15-34 anni), pari al 13,3 per cento, che hanno consumato cannabis nell’ultimo anno.

Dalla parte del proibizionismo convinto c’è la Comunità di San Patrignano che proprio in questi giorni ha ricordato le proprie linee guida: la prevenzione prima di tutto, contro ogni legge a favore e contro quella che definiscono la cultura dello sballo . Il centro non ha risparmiato poi ricerche in merito. Fece discutere una del 2001 condotta da Eurispes in cui si affermava che le droghe leggere sono un ponte di passaggio per quelle pesanti e nel 23 per cento dei casi provocano episodi psicotici.

Uno studio giudicato "scientificamente indecente" da uno dei massimi esperti sul tema, Gian Luigi Gessa, psichiatra e farmacologo, responsabile del gruppo italiano sullo studio delle dipendenze da droghe e farmaci, in passato alla direzione del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Cagliari e nel Consiglio Nazionale delle Ricerche. Se è vero che i dati dimostrano che gran parte degli eroinomani ha fumato spinelli, non è certo invece che la correlazione sia automatica. "Se così fosse, le statistiche non mostrerebbero circa 200.000 dipendenti da droghe pesanti in Italia, più o meno come 10 anni fa", affermò Veronesi.

Gessa, ammettendo l’agire della sostanza sul cervello, esclude un danneggiamento alla sua normale attività, e anche su chi ne ha fatto uso per decenni in modo costante, non si forma una sindrome di astinenza. Un appunto va fatto per adolescenti e preadolescenti, nei quali l’uso di droghe, anche leggere, potrebbe causare deficit cognitivi soprattutto per quanto riguarda la memoria.

LA CANNABIS FA MALE O NO?
La stessa Oms nella sua ultima pubblicazione sull’argomento - che non ha riguardato i casi di utilizzo di cannabis a scopi medici - ha specificato che con un consumo a lungo termine possono esserci effetti su memoria, pianificazione, processo decisionale, velocità di risposta, coordinazione motoria, umore e cognizione.

Lo studio ha poi cercato di rispondere anche alla questione della dipendenza. Perché se gli studiosi sono d’accordo su quella da cocaina o crack, i pareri divergono sulla cannabis, difficile da "misurare". Una dipendenza cosiddetta psicologica, legata all’abitudine o alla gestualità, assimilabile anche alle sigarette, è ben diversa da una fisica, dettata quindi dalla sostanza. In generale l’Oms ha evidenziato che il rischio c’è ed è pari al 10 per cento, che varia da 1 su 6 tra gli adolescenti, a 1 su 3 tra chi consuma cannabis giornalmente.

In ogni caso, se si vuole stilare una classifica, Gessa non ha dubbi: prima della cannabis vincono in quanto a pericolosità e grado di tossicità le droghe legali come alcol e nicotina, ma anche eroina, cocaina, morfina e altre sostanze. Solo in Europa nel 2014 si contano 6.800 decessi per overdose, soprattutto di eroina e i suoi metaboliti, e la tendenza è in aumento.

Altra questione è quella dei tumori. Qui la risposta si gioca in realtà sulla presenza del tabacco, visto che è la canna il modo più diffuso per consumare la ganja, il termine hindi per cannabis. A riguardo l’Oms conclude: "Fumare un mix di cannabis e tabacco può aumentare il rischio di cancro e di altre malattie respiratorie, ma è stato difficile capire se i fumatori di cannabis hanno un rischio più elevato, al di là di quella di fumatori di tabacco". Anche se uno studio dell’Università della California ha negato del tutto la connessione tra i due, anzi affermando che la marijuana uccide le cellule di invecchiamento impedendo loro di diventare cancerose.

L’ultima "Relazione europea sulla droga" condotta dall’Osservatorio europeo delle droghe e tossicodipendenze (EMCDDA) dedica un paragrafo sui danni fisici prodotti dalla marijuana, non chiarendo però se esiste un rapporto causa effetto: "pur essendo difficile dimostrare un nesso causale tra il consumo di cannabis e le sue conseguenze a livello socio-sanitario, gli studi osservazionali consentono di individuare alcune associazioni". Per associazioni s’intendono disturbi psicotici e un più elevato rischio di avere problemi respiratori per i consumatori a lungo termine. Mentre durante l’adolescenza crescerebbe il rischio di schizofrenia, anche se in questi casi, è specificato, la genetica ha un ruolo cruciale.

Queste incertezze invece scompaiono quando si parla di uso terapeutico. Della cannabis si riconoscono i benefici sul dolore cronico, artrite, tremori del Parkinson, malattie come la Sla, gli effetti collaterali della chemioterapia e nei malati terminali. Oltre che per il trattamento del disturbo post-traumatico da stress e dell’ansia.

I rischi per la salute, evidenzia la ricerca, sono per lo più da collegarsi ai cannabinoidi sintetici decisamente più tossici, droghe che si legano agli stessi recettori cerebrali su cui agisce il THC, uno dei principali composti attivi presenti nella cannabis naturale, ma che nella cannabis trattata può raggiungere percentuali molto elevate. "Tanto che a loro carico sono stati segnalati avvelenamenti di massa e addirittura decessi", conclude lo studio.

IL PERICOLO DELL'ILLEGALITA'
Nel mercato illegale la cannabis trattata chimicamente circola senza controlli. Un pericolo soprattutto per la salute dei consumatori, che in Italia sono almeno quattro milioni. La cannabis contaminata può contenere ogni tipo di sostanza: piombo, alluminio, ferro, cromo, cobalto ed altri metalli pesanti altamente nocivi.

Secondo i favorevoli alla liberalizzazione è togliendo il controllo alla criminalità organizzata che si potrebbe risolvere il problema. A riguardo si è espressa anche la Direzione Nazionale Antimafia che ha evidenziato come si cancellerebbe un monopolio che regala alle mafie fino a 9,5 miliardi di euro l’anno solo dalla vendita di cannabis.

LA LEGGE IGNORATA
Certo è che a incidere sulla percezione della marijuana non ha aiutato la Fini-Giovanardi, che ha legiferato in tema dal 2006 fino al 2014 quando è stata giudicata incostituzionale dalla Consulta , causa della comparazione tra droghe pesanti e leggere (le seconde non classificate a rischio dipendenza). Secondo i critici questo non ha fatto altro che riempire le carceri di semplici consumatori non intaccando il grande traffico criminale. Basti pensare che in Europa il consumo o possesso per uso personale rappresenta circa i tre quarti di tutti i reati connessi alla droga.

Ma dal 25 luglio 2016, da molti indicata come giornata storica, in cui per la prima volta il disegno di legge per la liberalizzazione è approdato alla Camera, non c’è stato nessun passo avanti. Rispedita in commissione senza alcuna discussione e con trenta parlamentari in aula, il ddl spera almeno in un ok ai suoi emendamenti , tra cui un’unica legislazione per l’uso terapeutico, oggi diversa da regione a regione.

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