domenica 5 giugno 2016

OEF16 - Economie conflitti e migrazioni di un’unica grande guerra

globalproject  4 / 6 / 2016
oef16La lotta dei nativi nel West canadese", dei giornalisti Paola Rosà e Antonio Senter. Il video racconta la crescente mobilitazione di pescatori, boscaioli e tribù First Nations Contro il nuovo presidente del Canada. Un mosaico di devastazioni minaccia di colpire anche la British Columbia: fracking, oleodotti, pozzi di gas da liquefare, strutture di raffreddamento, pontili e approdi per centinaia di navi cisterna dirette in Cina, rischiano di annientare l'habitat naturale e la cultura tradizionale sulla costa del Pacifico. Il video contiene una serie di spunti per un viaggio-inchiesta che sarà realizzato nei prossimi mesi dai due autori.

Le migrazioni sono il prodotto di una crisi sistemica che ha come elementi costituenti estrattivismo, devastazioni ambientali e disuguaglianze economico-sociali.
Caterina Amicucci ( Independent volunteer in Lesbo) inquadra due categorie fondamentali dell’economia: abbondanza e scarsità. Si tratta di strategie economiche diverse, ma entrambe utilizzate per raggiungere la massimizzazione dei profitti. Prodotti, beni e servizi delle economie occidentali ed emergenti sono inserite in una sfera economica dell’abbondanza. Non a caso l’attuale crisi (che in realtà è un cambiamento sistemico dell’economia capitalista che passa da una fase industriale ad una finanziaria) da molti è stata definita crisi di sovrapproduzione.
Il film “La grande scommessa”, uscito nel 2015, spiega bene alcuni passaggi che hanno caratterizzato l’economia e la società contemporanea. E lo fa  principalmente nei suoi titoli di coda, dove si vede uno dei protagonisti, Burry, che si ritira dall'industria finanziaria e investe solo in acqua. Con questo esempio viene introdotto il tema dell’economia della scarsità. Cosa sta diventando scarso? Principalmente l’accesso alle risorse fondamentali: acqua, terra, habitat. Quest’ultimo termine è mutuato dall’ultimo libro di Saskia Sassen, intitolato “Espulsioni”, che teorizza la perdita di habitat come causa dello spostamento popolazioni. Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un passaggio dalla finanziarizzazione della natura all’accaparramento, da parte del capitale, della terra e servizi idrici espropriati alle popolazioni attraverso accordi con i governi. Questi processi avvengono in America Latina, in Asia e soprattutto in Africa e lo spostamento di  masse enormi di popolazione da queste aree è dovuta a questi fenomeni. Si tratta sia migrazioni interne, da campagne a città, sia migrazioni intercontinentali.
Fino a pochi decenni fa il modello attraverso cui il capitale globalizzato investiva nei Paesi in via di sviluppo era quello dell’elargizione di crediti, da parte degli istituti di credito internazionali ai governi, che venivano “restituiti” nell’investimento in grandi infrastrutture, spesso inutili.  Ora il controllo di territori ed economie avviene in maniera diretta, attraverso l’espoliazione delle ricchezze e l’estrazione continua delle risorse. Il modello della scarsità, di risorse naturali e terra fertile, incentiva queste forme di accaparramento diretto
Uno degli esempi lampanti della relazione tra estrattivismo e migrazioni, riguarda la Birmania, luogo in cui imprese minerarie straniere hanno espropriato interi territori ai contadini, che sono costretti a migrare. In definitiva le due principali cause delle migrazioni sono i conflitti e l’esproprio di habitat.
Augusto de Sanctis, della Campagna contro la Devastazione e il Saccheggio dei Territori e per i diritti sociali ed ambientali, ha iniziato parlando di una vittoria, quella del movimento contro Ombrina, in Abruzzo. Il più grande progetto di estrazione petrolifera in Italia è stato fermato grazie alla mobilitazione dell’intera comunità. Il movimento No Ombrina è stato una componente essenziale per la nascita della Campagna contro la Devastazione e il Saccheggio dei Territori, partita da un’opposizione al famigerato decreto Sblocca Italia in cui si sono unite tante realtà di lotta territoriali. Lo Sblocca Italia, ed in generale l’azione governativa che devasta l’ambiente, interessa tante regioni d’Italia e principalmente il Nord, che è al centro degli interessi delle multinazionali. Il Nord-Italia diventerà un hub del gas tra Asia centrale ed Europa, tanto che in alcune zone, come ad esempio in provincia di Cremona, stanno già realizzando strutture per lo stoccaggio del gas importato dall’Asia.
Oltre a questo tante città del Nord-Italia, e principalmente Trieste, Brescia e la stessa Trento (soprattutto per via dell’Ex Sloi) sono tra i luoghi più inquinati al mondo, con alcuni indici migliaia di volte superiori alla norma.
De Sanctis, continuando a parlare della situazione italiana, ha insistito sullo Sblocca Italia che, tra le altre cose, fa diventare strategico l’incenerimento all’interno dello smaltimento dei rifiuti. Verranno infatti costruiti 14 nuovi inceneritori, che concentrano il flusso di rifiuti in poche mani e diventano siti di interesse strategico nazionale. Questo comporta la militarizzazione dei siti, come già accaduto ad Acerra . In tutto questo emergono gli interessi di una governance affaristica, come dimostrato dalla nomina di Gaia Checcucci a capo di tutte le bonifiche d’Italia e del servizio idrico integrato. Già braccio destro di Matteoli (Alleanza Nazionale) agli inizi degli anni Novanta, successivamente intreccia la propria carriera dirigenziale con l’ascesa politica di Renzi, entrando nell’autorità di bacino in Toscana e nel consiglio d’amministrazione dell’impresa che gestisce il servizio idrico ad Arezzo.
L’ultimo atto, da parte del governo Renzi, di esclusione della popolazione dall’accesso alle risorse è il decreto Madia, che agisce trasformando i diritti in bisogni ed annullando la norma che vietava (graie al referendum del 2011) la remunerazione del capitale nella bolletta sull’acqua. «Solo attraverso le mobilitazioni popolari» conclude De Sanctis «possiamo fermare il processo di devastazione in atto nel nostro Paese, che tra non molti anni costringerà tante persone a migrare, come adesso stanno facendo in Asia o in Africa».
Alberto Zoratti, attivista della Campagna Stop TTIP, ha aperto dicendo che dietro a landgrabbing, watergrabbing ed estrattivismo esistono accordi internazionali. Si tratta di  accordi che permettono e favoriscono tutto questo e che dimostrano il fatto che non è l’economia che sta defraudando la politica, ma la politica che sta cedendo spazio all’economia. Stiamo assistendo ad una spoliazione della sovranità a vantaggio di stakeholder economici. Come esempio Zoratti ha citato la Transcanada, una multinazionale che ha portato il governo Obama di fronte ad un arbitrato internazionale, denunciando il blocco di un grande oleodotto che avrebbe unito Canada e Messico. Un arbitrato che è stato possibile grazie all’accordo NAFTA (Accordo nordamericano per il libero scambio), che prevede la tutela di investimenti e investitori, i quali possono avvalersi contro gli Stati, qualora questi non rispettino le aspettative dei loro profitti.
Il TTIP porterebbe ad una ristrutturazione dei mercati tale da stravolgere completamente l’economia di scala dei vari Paesi. Si tratta della più grande rivoluzione economica e sociale, imposta dall’alto, che   è assente dal dibattito pubblico proprio perché i governi hanno deciso di farla passare sotto silenzio. Uno dei principali problemi posti dal TTIP è di ordine democratico. E’ infatti la Commissione europea, organismo non eletto, che ha competenza esclusiva su trattati commerciali ed il parlamento europeo non può intervenire né emendare. Siamo di fronte ad una sottrazione di sovranità dagli organismi eletti verso gli organismi privati.
Nel gennaio 2014 nasce la campagna Stop TTIP, che ha scelto da subito di avere una cornice europea: “i negoziati vanno fermati, non c’è possibilità di mediazione”. Dopo diverse mobilitazioni in tante città europee, lo scorso  7 maggio anche in Itala per la prima volta sono scese in piazza 30 mila persone contro TTIP. Per poter fermare questo trattato è necessario che si mobilitino i territori, che sono l’agnello sacrificale di questo trattato, visto che il  contenuto locale dell’economia viene completamente spazzato via.
Il prossimo round negoziale si terrà Bruxelles a metà luglio e i movimenti sociali hanno lanciato una scadenza il 13 luglio. Altri appuntamenti ci saranno in autunno, dove probabilmente ci sarà una grande manifestazione europea di opposizione al TTIP. Al di là dei grandi momenti di mobilitazione c’è bisogno che siano le comunità a riprendere direttamente in mano la politica.

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