lunedì 28 dicembre 2015

Il "piano" di Schaeuble: devastare i sistemi bancari del resto d'Europa.


L'Unione Europea è un dispositivo “comunitario” costrittivo senza alcuna regola uguale per tutti. Più sei piccolo e/o debole, meno potere contrattuale ti spetta.

contropiano.org Claudio Conti
Il "piano" di Schaeuble: devastare i sistemi bancari del resto d'EuropaPeggio ancora, è una fisiologia che non funziona e che produce anticorpi potenti.
È noto che non esiste un metodo di risoluzione dei problemi e dei contrasti. O meglio, un metodo si è affermato nel tempo, nella prassi. Consiste nell'arrivare a un punto di crisi quasi devastante e a quel punto “trovare una quadra” tra interessi anche nazionali divergenti, sotto la spinta dei capitali multinazionali più forti che devono necessariamente imporsi attraverso soggettività politiche dominanti nell'Unione. Il ruolo della Germania si è rafforzato in questo modo, sul piano politico-istituzionale, di pari passo con la ristrutturazione di molte filiere produttive intorno alle imprese o alla finanza “based in Germany”.
In filosofia politica questo metodo ha avuto – non per caso – un teorico naturalmente tedesco e decisamente reazionario. Il Carl Schmitt di “sovrano è chi decide nello stato di eccezione”. Nel momento di massima crisi, in altri termini, la soluzione è imposta (orientata, suggerita, preparata) dal più forte. Non dal più giusto, più “corretto”, più “rispettoso delle regole”.

La contraddizione originaria della costruzione europea è del resto quella tra una tensione politica unificante e una realtà fatta di notevoli differenze sul piano economico, sociale, istituzionale. Il “trasferimento di sovranità” verso le istituzioni sovranazionali è dunque avvenuto a pezzi, partendo dalla creazione prima di un mercato comune, poi di una moneta unica (ma non condivisa da tutti i paesi membri), sotto la vigilanza di istituzioni che solo formalmente possono esser definiti “comunitarie”, visto che i pesi nazionali relativi sono lì dentro quasi sempre predominanti. Si può insomma vedere una Unione Europea durissima, ai limiti delle ferocia, nei confronti della piccola Grecia; ma difficilmente si andrà oltre qualche mugugno nei confronti delle violazioni tedesche o francesi.
Il passaggio sull'”unione bancaria” sta oggi dominando l'agenda europea più delle minacce di guerra, e mostra che il cosiddetto “terzo pilastro” - con molta probabilità - non potrà più esser costruito, lasciando così pericolosamente squilibrata una costruzione che anche completata avrebbe avuto comunque grossi problemi. Stiamo parlando della “condivisione dei rischi” in caso di crisi bancarie, con l'assicurazione europea sui depositi.
La recente querelle tra l'italietta renziana e la Ue sul “salvataggio” delle quattro banche dello scandalo d'autunno (più una quinta, TerCas, su cui si è ripetuto il contrasto) ha messo a nudo il fatto che non ci sono affatto “regole europee comuni” per casi come questo. Il sistema bancario tedesco - e anche quello francese – ha problemi enormi, probabilmente superiori a quelli italiani, ma lì si è proceduto con iniezioni di denaro pubblico anche in tempi recentissimi.
Le contraddizioni e i contrasti su questa materia si vanno insomma addensando, prefigurando un momento di crisi in cui tutta l'Unione Europea sarà chiamata a un capezzale per definire quali siano le regole da applicare anche in futuro.
Non è che non ci siano idee in proposito, soprattutto nel governo tedesco, ma si tratta di soluzioni che aprono la strada all'esplosione del sistema bancario europeo, ovvero alla sua “ri-nazionalizzazione”. Una lettera inviata da Wolfgang Schaeuble al capo della Commissione Finanza e Bilancio del Parlamento tedesco è stata al centro di un preoccupato articolo di Carlo Bastasin, editorialista de IlSole24Ore, apparso in due versioni leggermente differenti - ma con due titoli di assai diversa drammaticità – sul quotidiano di Confindustria e sul sito di Brookings Institution, considerato il miglior think tank globale.
Il “piano” di Schaeuble è semplice e “automatico” come tutti i piani che sono stati partoriti fin qui. “Automatico” perché non deve poter essere più oggetto di interpretazione o sottoposto a condizioni di applicabilità che potrebbero variare col tempo. “Semplice” per l'identica ragione. Del resto, premette lo stesso Bastasin, ”Il governo tedesco sembra aver perso fiducia verso qualsiasi forma di governance centralizzata, e potrebbe ora cercare solamente di proteggere i contribuenti tedeschi da qualsiasi condivisione dei potenziali costi delle crisi dei debiti pubblici negli altri paesi.
L'idea di fondo è antica: i sistemi bancari nazionali sono strettamente irrelati con i titoli del debito pubblico nazionale, visto che è prassi ovunque che le banche private facciano incetta di titoli di stato, piazzandoli poi in gran parte presso la propria clientela al dettaglio (Il famoso “popolo dei Bot”). Dunque, visto che i debiti pubblici nazionali sono molto diversi per dimensione e rischiosità, invece di procedere in direzione della “condivisione dei rischi” secondo Schaeuble bisognerebbe delineare “meccanismo automatico di ristrutturazione del debito pubblico per qualsiasi paese europeo che richieda assistenza finanziaria. Una volta che un paese ha chiesto aiuto tramite il Meccanismo Europeo di Stabilità (un fondo creato ad hoc nel 2012), quale che sia la ragione, i tempi di scadenza dei titoli pubblici saranno automaticamente prolungati, riducendo il valore di mercato di questi titoli e provocando gravi perdite a chi li detiene”.
Tradotto per i non addetti ai lavori: se chiedi aiuto ti ammazzo.
Un assaggio di questa terapia di fine vita lo si è avuto con le crisi di Grecia e Cipro. In quest'ultimo caso ha preso corpo il bail in, per cui le perdite di una banca vanno addebitate ad azionisti e obbligazionisti, ma anche ai correntisti al di sopra dei 100.000 euro. Però, se viene a mancare una “garanzia comunitaria”, non è detto che anche i correntisti ben al di sotto di quella cifra – i normali operai, impiegati, pensionati costretti ad aprire un conto corrente per poter ricevere lo stipendio – possano dormire sonni tranquilli. Anche l'eventuale “garanzia nazionale”, fornita fin qui dallo Stato di appartenenza, potrebbe facilmente esser considerata “aiuto di stato” e quindi vietata.
Ma anche a prescindere dall'identità di chi viene chiamato a pagare per un fallimento bancario, questo meccanismo “nazionalizza” i problemi nel mentre stesso rende impossibile qualsiasi soluzione. Più è debole lo stato nazionale, infatti, meno margine di manovra avrà per salvaguardare gli istituti di credito “basati” sul proprio territorio ed anche i risparmiatori relativi.
In realtà una soluzione, secondo questo piano, c'è, anche se resta sullo sfondo. Le ondate di fallmenti e impoverimento di grandi fette di popolazione lascerebbe campo aperto a “soluzioni di mercato”, come – senza troppa fantasia – l'irruzione di istituti di credito “comunitari” (mgari gli stessi salvati a forza di denaro pubblico “in patria”) in una terra desolata e ormai fortemente indebolit sul piano dell'eutonomia finanziaria. Dunque anche economica.
Il rischio, evidente, è che in questo modo l'Unione Europea venga “rotta dall'alto”, dai soggetti più forti. Mentre qui ancora ci si balocca con concetti ormai vuoti come “l'Europa”.

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