martedì 29 settembre 2015

Italia. Mercato elettrico in cortocircuito.

Mercato elettrico in cortocircuitoLa liberalizzazione risale al 2003, ma i vantaggi ancora non si vedono e dello sperato effetto concorrenza che ha fatto crollare le tariffe dei cellulari e dei collegamenti web non c'è traccia. Chi ha preferito rimanere con il vecchio gestore, certifica il Garante, ha risparmiato anzi fino al 20%. E come se non bastasse, la percentuale di bollette calcolate sui consumi presunti, a forza di conguagli, resta altissima. Colpa del peso eccessivo delle tasse e dei soliti pasticci all'italiana, con il 100% dei contatori non ancora certificato legalmente.



L'effetto telefonini è rimasto un sogno
di LUCA PAGNI
 
MILANO - Le liberalizzazioni hanno funzionato per i cellulari e i collegamenti internet. Dove le tariffe sono continuate a scendere anno dopo anno. Pur con qualche ritardo, si sono imposte anche nel settore finanziario (banche e assicurazioni), soprattutto dopo l'avvento dei servizi on line. Persino nei collegamenti ferroviari dell'Alta velocità l'ingresso di un secondo operatore (fatto unico in Europa) ha avuto il merito sia di migliorare il servizio sia di abbattere il costo del biglietto. Dove l'apertura alla concorrenza non ha raggiunto il suo scopo, se non in misura poco incisiva per le tasche delle famiglie, è il mercato dell'energia elettrica. Dove l'ex monopolista continua ad avere un peso preponderante su tutti gli altri e non c'è mai stata una vera guerra di offerte grazie alle quali un consumatore attento avrebbe potuto trarre benefici e risparmi.
Detto in altri termini: il mercato è stato completamente liberalizzato nel 2003, ma non esiste una vera concorrenza. In pratica, sia le famiglie che le partite Iva e le Pmi (così come era accaduto in precedenza per la grande e media industria) possono scegliere liberamente con quale gestore sottoscrivere il contratto di fornitura dell'elettricità. Ma questo non si è tradotto in una diminuzione delle bollette. Le quali rimangono, per buona parte delle famiglie, tra le più alte dell'Unione Europea. Basta leggere le tabelle pubblicate nella relazione annuale dell'Autorità per l'energia. Soltanto chi consuma meno di 2500 kilowattora all'anno può vantare prezzi medi leggermente inferiori della media Ue. Per tutte le altre fasce di consumo superiori, gli utenti pagano quasi il doppio della media degli altri stati membri.


LE BOLLETTE ELETTRICHE EUROPEE A CONFRONTO

Questo vale per le famiglie, partite Iva e piccole imprese per lo più artigianali. Ma non per l'industria. Quest'ultima può acquistare energia all'ingrosso, mettendo in concorrenza i maggiori fornitori. Oltre a godere di incentivi (pagati in bolletta da tutti gli utenti) destinati ai settori cosiddetti energivori, cioè i grandi consumatori di elettricità.

Ma perché non ha funzionato la concorrenza? E perché non sono scese le bollette? Una parte della risposta la si trova nella bolletta stessa, mettendone in fila le varie voci di cui è composta. Il costo effettivo dell'energia è pari al 43 per cento della somma che esce effettivamente dal portafoglio del consumatore. Per la parte rimanente, il 13,5 per cento è composto dalle tasse e dall'Iva, il 19,3 per cento va ai servizi per la gestione della rete e il 25 per cento circa per quelli che vengono definiti "oneri generali di sistema".

Tutte queste cifre significano sostanzialmente due cose. La prima è che gli operatori possono farsi concorrenza solo su una parte della bolletta, circà la metà relativa al costo dell'energia. L'altra metà - ed è il secondo elemento - se na va in costi fissi determinati per legge (e regolamentati dall'Autorità) come sostegno al "sistema". Non per nulla vengono definiti "oneri impropri". In pratica, paghiamo per altri: il grosso di questi incentivi è destinato alle rinnovabili (84% del totale), per la dismissioni delle centrali nucleari e relative scorie (7,5%), per gli energivori (4,6%), per la promozione dell'efficenza (1,6%), per le tariffe agevolate delle Ferrovie (1,4%).

Il secondo elemento che ostacola la concorrenza è la dipendenza dell'Italia dalle forniture di gas dall'estero, essendo la produzione nazionale sufficiente a soddisfare non più del 10 per cento del fabbisogno. Fino a due anni fa, i due terzi dell'energia veniva prodotta dalle centrali alimentata a gas. Ma l'aumento della produzione da rinnovabile e il crollo del prezzo del gas hanno rivoluzionato il mercato, al punto che il governo Monti ha imposto all'Authority di rivedere il prezzo dell'energia per il "mercato tutelato", adeguandosi ai cambiamenti in atto. Il che ha permesso, nel corso del 2015, di far scendere, in piccola parte, le bollette.

"Mercato tutelato" è l'ultimo elemento che spiega perché la concorrenza fino a oggi non è mai decollata. Il termine significa che gli utenti hanno dal 2003 la possibilità di passare al mercato libero scegliendo una offerta migliore (se la trovano) ma non l'obbligo. Quest'ultimo scatterà solo dal 2018. Per cui solo un utente su quattro ha deciso di fare il "salto": una base troppo ristretta per una vera concorrenza di prezzo.

I consumatori: "Con il mercato libero spese più alte del 20%".


Da tempo gli operatori fanno pressione per abolire il mercato di tutela, dove il prezzo della componente energia è fissata trimestralmente dalla'Autorità in una sorta di prezzo calmierato. In modo da aumentare la platea degli utenti. Fino a ora si è opposta proprio la Autorità, che ancora in un recente documento ha dimostrato come i prezzi del mercato tutelato sono mediamente più convenienti del mercato libero. E come i consumatori non siano ancora pronti ad affrontare un mercato completamente liberalizzato. In sostanza, un circolo vizioso da cui si uscirà soltanto fra due anni.

Contatori elettronici, ma la bolletta resta pazza
di MONICA RUBINO
ROMA -  Stop a bollette pazze e maxi-conguagli. Dopo le stime (preoccupanti) diffuse dall'Autorità per l'energia e il gas - secondo cui le bollette basate su consumi verificati dal contatore sono il 75% circa nel settore elettrico e appena l'8,5% nel gas, mentre tutto il resto è basato su consumi presunti - la stessa Authority ha deciso che i conti dell'energia devono basarsi sui consumi reali, e che i contatori devono essere letti prima che venga emessa la fattura.

Con un documento di proposta, sottoposto alla consultazione dei cittadini sino a fine settembre, l'Autorità ha elaborato una serie di strategie per aumentare l'aderenza delle bollette ai consumi effettivi ed eliminare gli addebiti basati su quelli presunti. L'intenzione è di imporre alle aziende elettriche e del gas nuovi obblighi di lettura dei contatori e incentivi per i consumatori che fanno ricorso all'autolettura. Inoltre l'Autorità vuole ridurre la differenza tra i valori reali del contatore e quelli solamente stimati e rendere più frequente l'invio della bolletta, con indennizzi automatici per ritardi. Per le bollette mensili, vuole vietare le fatture miste, formate dall'insieme di consumi effettivi e di consumi solamente stimati. E imporre tempi certi per le bollette di chiusura contratto.

La situazione dei contatori elettrici. È anche una questione di tecnologia. Se la liberalizzazione del mercato elettrico aveva tra i suoi scopi oltre all'abbassamento delle tariffe anche uno stimolo all'innovazione e all'ammodernamento della rete di distribuzione, anche in questo caso bisogna parlare di flop. Dai risultati di un'indagine conoscitiva svolta dall'Autorità attraverso la rilevazione di dati da 140 venditori riferiti al 2013 e lo svolgimento di attività ispettive in collaborazione con la Guardia di Finanza - risultati già in parte anticipati lo scorso agosto - emerge come nel settore elettrico i contatori non telegestiti (ossia quelli di vecchio tipo, elettromeccanici) siano il 2% del totale (circa 750mila) e per il 4% di quelli telegestiti (cioè elettronici) si registrino insuccessi nella telelettura.

Come ha più volte denunciato l'associazione Codici, che nel 2014 ha avviato anche una class action sui contatori elettronici, "per quanto riguarda l'elettricità, gli strumenti di conteggio delle forniture non sono omologati da enti terzi". Un pasticcio, questo dei contatori non omologati, verso il quale l'Autorità per l'energia non ha responsabilità, ma che crea un problema oggettivo di misurazione. La stessa Enel ha ammesso che i contatori non certificati e installati sulle sue reti prima del recepimento della direttiva Ue, che impone omologazione e certificazione (direttiva del 2006, ma recepita in Italia nel 2007), sono 32 milioni e 4 milioni quelli sulle reti di altri distributori. L'Enel ha anche più volte ribadito che "non c'è nessuno strumento non a norma. Quelli installati prima del recepimento della direttiva europea non potevano seguire norme vigenti perché non esistevano e comunque sono stati certificati dall'Imq, l'Istituto marchio di qualità". E poi, sostiene ancora la società partecipata dal Tesoro, gli apparecchi sono sempre gli stessi, perché "rispettano specifiche tecniche che non sono cambiate con la nuova normativa Ue". Quanto meno, però, sarebbe opportuno un controllo sul corretto funzionamento dei contatori installati tra il 2001 e il 2006, un'operazione che dovrebbero compiere gli uffici metrici dislocati sul territorio a costo zero per l'utenza.

Bollette pazze, 100 mila di euro di conguaglio senza lettura del contatore


Più fatture stimate nel mercato libero. Nel complesso nel settore elettrico sono l'11% le fatture stimate e il 9% quelle miste (con consumi effettivi e con stime). Il 14% delle fatture per i clienti domestici elettrici presenta conguagli, il 16% stime di coda. In particolare la percentuale di fatture stimate o miste è del 15,4% nella maggior tutela e del 31,4% nel mercato libero. Un particolare, quest'ultimo, che ancora una volta punta l'indice contro i limiti oggettivi del mercato libero, dove il flusso dei dati è più complesso perché un venditore deve interfacciarsi con più distributori locali, magari in concorrenza fra loro, mentre nella maggior tutela c'è un più semplice rapporto di 1 a 1.

"Sospettiamo che i distributori di energia mandino le fatture sui consumi stimati e non effettivi per far quadrare i bilanci - sostiene Ivano Giacomelli, segretario nazionale dell'associazione dei consumatori Codici - Ovviamente l'utente, se potesse controllare autonomamente i consumi, tenderebbe a risparmiare e probabilmente le entrate previste dalle aziende avrebbero un calo esponenziale".

Contatori gas, ancora in alto mare. Per il settore gas, invece, l'Autorità fa notare che il processo di installazione dei contatori elettronici è appena agli inizi, meno dell'1% del totale. Si registrano poi ritardi nella messa a disposizione delle letture e oltre la metà delle fatture presenta consumi stimati, mentre il 27,2% contiene conguagli. Da evidenziare in questo campo un comportamento attivo dei consumatori, dove quasi la metà dei clienti effettua autoletture volontarie.

Reclami in calo. Una nota positiva dell'indagine dell'Aeegsi riguarda invece il calo del numero dei reclami ricevuti dallo Sportello per il consumatore della stessa Autorità. Pur in una tendenza di generale contrazione delle segnalazioni, nel corso del 2014 e nei primi sei mesi del 2105 il numero di reclami sulla fatturazione risulta in costante diminuzione, con un calo del 27% circa tra quelli registrati nel primo trimestre 2014 (4.617) e quelli del secondo trimestre 2015 (3.379).

Letture e bollette più frequenti. Ma quali sono, in dettaglio, le proposte dell'Autorità per l'energia per rendere ancora più efficiente il sistema della fatturazione? Innanzitutto l'Aeegsi propone di rendere più frequenti le fatture e, se lo chiede il cliente, si potrebbe arrivare anche a spedire un conto dell'energia al mese. Per esempio - a parere dell'organismo di regolazione del settore - chi consuma fra i 500 e i 5mila metri cubi di metano l'anno dovrebbe ricevere la bolletta ogni due mesi, come avviene per la luce, invece delle due o tre mega-bollette annue che si basano su stime approssimative e su conguagli successivi. Poi c'è la lettura del contatore. Oggi l'obbligo dice che il "letturista" deve verificare sul contatore i consumi almeno una volta l'anno. L'Authority propone di fare almeno tre rilevazioni annue dei dati, con un calendario pubblico dei controlli zona per zona. E con obbligo per gli addetti di ritentare se per due volte consecutive il tentativo di lettura non giunga a buon fine e non vi siano auto-letture disponibili. Le fatture dovranno essere emesse entro 45 giorni dal periodo di riferimento, pena il pagamento di un indennizzo automatico di 20 euro.

Stop alle fatture miste. Per ridurre il fenomeno delle fatture miste (che contengono cioè sia consumi effettivi sia stimati), in caso di contatori gestiti a distanza l'Aeegsi propone di introdurre il divieto di inviarle a oltre il 40% dei clienti di ciascuna compagnia e il divieto di emettere fatture miste per chi sceglie la bolletta mensile. Per i clienti con contatori non telegestiti, in seguito all'autolettura del cliente, le compagnie non potranno più inviare fatture miste con consumi presunti.

Giro di vite sulle bollette finali. Con la riforma allo studio anche per le fatture di fine contratto sia di luce sia di gas (mandate in caso di cambio fornitore, voltura e disattivazione del servizio), si prevede che per garantire il rispetto del tempo massimo di ricezione entro 6 settimane dallo scadere del contratto, come previsto dalla legge, la loro emissione avvenga al più tardi otto giorni prima del termine. In caso di ritardo sono previsti indennizzi automatici pagati a cliente e venditore da parte del distributore, se quest'ultimo ritarda a fornire i dati.
Stop del giudice all'Iva sulle accise
VENEZIA- Come se non bastasse l'enorme peso di tasse e oneri e impropri che gravano sulle nostre bollette elettriche, lo Stato fino a d oggi non si è fatto scrupolo a farci pagare sopra anche l'Iva. Un abuso, secondo un giudice di pace di Venezia che nel luglio scorso ha accolto il ricorso presentato da un consumatore contro l'Enel. Con un decreto ingiuntivo il magistrato ha stabilito che l'azienda elettrica debba restituire la "tassa sulla tassa" riscossa sino ad oggi.

Tra i principi che hanno dato ragione al consumatore, quello stabilito dalla Cassazione, in seduta 3671/97, secondo il quale, salvo deroga esplicita, un'imposta non costituisce mai base imponibile per un'altra. Per l'Iva indebitamente pagata su 8 fatture per la fornitura di gas e 12 per l'elettricità, Enel ora dovrà pagare quindi al ricorrente 103,78 euro, più interessi e spese.

Il decreto ingiuntivo è infatti passato in giudicato, visto che Enel non ha fatto opposizione e potrebbe rappresentare un precedente, nel caso altri consumatori decidano di rivolgersi alla giustizia. Secondo la stima di Federconsumatori, per una famiglia media, con un consumo di 1.400 metri cubi di gas, se l'Iva non venisse applicata su tali imposte, si avrebbe un minor esborso tra i 50 e i 75 euro annui sulla bolletta. Cifre tutto sommato troppo modeste per spingere a sobbarcarsi l'onere di un procedimento giudiziario, ma le cose potrebbero cambiare in caso di apertura del legislatore all'ipotesi di class action attualmente ferma al vaglio del Senato.



Il costoso naufragio tra Scilla e Cariddi

di LUCA PAGNI
MILANO - Seicento milioni all'anno di mancati risparmi sulla bolletta energetica italiana, quasi cinque miliardi di euro da quando è stata presentata la prima richiesta di autorizzazione. Quasi otto anni per riuscire a costruire un nuovo elettrodotto lungo meno di duecento chilometri, la cui entrata in servizio è stata rimandata all'anno prossimo. Anche a causa di sette mesi di fermo lavori, nel corso del 2015, in seguito all'intervento della magistratura che ha sequestrato un singolo palo, il numero 40, per violazione delle norme di tutela paesaggistiche, dopo un esposto presentato da una associazione ambientalista locale. Salvo poi, a inizio settembre, togliere il blocco al cantiere perché non era stata violata alcuna legge.

Quando si afferma che gli italiani pagano una delle tariffe più alte d'Europa per la fornitura di elettricità bisognerebbe ricordarsi del caso dell'elettrodotto Sorgente-Rizziconi, 175 chilometri che collegano Scilla e Cariddi: un nuovo cavo che passa sotto lo stretto di Messina e che consente all'energia prodotta sul continente di passare dalla Calabria alla Sicilia. E senza il quale ogni anno gli italiani - complessivamente - pagano in bolletta 600 milioni in più di quanto dovrebbero.

Ma per quale motivo? In sostanza, il sistema elettrico italiano è diviso in sei macro regioni, di cui due sono Sicilia e Sardegna. In ogni macro regione si forma un prezzo per la produzione di energia e la media costituisce il Pun, il prezzo unico nazionale. All'inizio della liberalizzazione del mercato, i singoli prezzi erano molto disallineati, perché le centrali elettriche erano dislocate solo in alcune zone del paese e la rete presentava troppi colli di bottiglia e congestioni per viaggiare da nord a sud in modo efficiente ed economico. Così,  ancora nel 2007, il Pun valeva attorno ai 71 euro per megawattora, mentre ora siamo scesi a 51 euro.

Per ottenere questo risultato, gli italiani hanno pagato in bolletta una piccola quota per l'ammodernamento della rete, che ha consentito a Terna, la società di proprietà pubblica (sebbene quotata in Borsa) che gestisce la rete ad alta tensione e mette in collegamento le macro regioni, di eliminare i colli di bottiglia. Questo è avvenuto anche per la Sardegna, dove l'energia costava in media il 10 per  cento in piu: il nuovo cavo collocato sul fondo del Tirreno ha permesso infatti di allineare i prezzi, con un risparmio di 70 milioni all'anno.

Stesso discorso per la Sicilia. Il vecchio collegamento sottomarino non aveva la portata sufficiente per soddisfare la domanda di energia. Ecco perché a tutt'oggi la Sicilia vive una sorta di autarchia elettrica, con due sole centrali che operano in regime di monopolio, non avendo la concorrenza degli impianti del continente, in primis quelli calabresi. Ne deriva un costo dell'energia più caro a livello locale che va poi a impattare sul prezzo medio nazionale. Se l'elettrodotto Sorgente-Rizziconi fosse già attivo - secondo dati diffusi dal gruppo Terna - si potrebbero risparmiare 600 milioni all'anno, oltre all'abbattimento di 670mila tonnellate di CO2.

Ma l'opera - al di là degli ottanta diversi permessi e relative procedure necessarie - è stata ostacolata dai comitati locali che considerano i nuovi piloni troppo invasivi, con un impatto negativo sia sull'ambiente sia sulla salute, e ne hanno chiesto l'interramento. Quest'ultimo è un punto controverso anche tra i tecnici: secondo Terna, dal punta di vista delle onde elettromagnetiche, cambia poco o nulla se il cavo è interrato o per aria. Inoltre fanno notare come, grazie ai nuovi piloni, per ogni chilometro nuovo di cavi ne spariscono quattro di quelli vecchi.

I contenziosi hanno però contribuito - assieme ad altri casi simili - a convincere il governo a inserire all'interno della riforma del titolo V della Costituzione una "clausola di supremazia dello Stato" nella realizzazione di opere ad alto valore strategico. Il che non significa cancellare la possibilità di ricorsi e opposizioni, ma un iter più rapido con l'intervento diretto del governo, per esempio, con compensazioni economiche per le comunità interessate. Proprio affinché non occorrano più in futuro otto anni per realizzare 175 chilometri di elettrodotto.
Tariffe, si cambia: favoriti i grandi consumatori
di MONICA RUBINO
ROMA - Apparentemente può sembrare un controsenso. Chi più consuma elettricità meno spende, alla faccia del risparmio energetico. In realtà, a un esame più approfondito, questa è solo una lettura superficiale della riforma delle tariffe elettriche che potrebbe avere un avvio parziale nel 2016 per poi entrare a regime nel 2018 secondo i piani dell'Autorità per l'Energia.

Per prima cosa va chiarito che la riforma nasce su richiesta dell'Europa (questa volta è il caso di dirlo). Si tratta infatti di un adeguamento alla direttiva europea 2012/27/CE, recepita dal decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102. Obiettivo è l'eliminazione dell'attuale progressività che prevede una crescita del valore delle diverse componenti della tariffa domestica all'aumento dei consumi mensili. Progressività che negli anni '70 era giustificata dall'esigenza di limitare i consumi in seguito agli shock petroliferi dell'epoca. Ma che oggi, secondo l'Autorità presieduta da Guido Bortoni, è addirittura controproducente, visto che penalizza l'uso efficiente della corrente elettrica, ad esempio con le moderne pompe di calore, che sarebbero pienamente concorrenziali rispetto alle caldaie a gas se appunto non facessero scattare la fascia di consumi a prezzo più alto.

L'Autorità ha pubblicato a giugno un secondo documento di consultazione (oltre a quello sulle bollette), con proposte in parte nuove rispetto al precedente lavoro datato febbraio 2015. Il 4 settembre è scaduto il termine per formalizzare le osservazioni - arrivate anche da alcune associazioni di consumatori e ambientaliste sostanzialmente contrarie alla riforma - e adesso l'Authority è al lavoro per tirare le somme e consentire l'implementazione del sistema a partire dal primo gennaio prossimo.

Gli studi condotti dall'autorità dimostrano, inoltre, che non sempre chi consuma di meno è più povero. Nei fatti, oggi il single benestante o la coppia abbiente beneficiano di una tariffa scontata. Mentre una famiglia numerosa, che magari ha problemi economici, paga di più. "L'attuale sistema dei sussidi incrociati  -  spiega l'Autorità nel nuovo documento di consultazione - ha portato a favorire i bassi consumi nell'ipotesi, smentita dai fatti, che bassi consumi siano strettamente correlati a bassi redditi. In effetti, il sistema tariffario progressivo agganciato a scaglioni fissi, non parametrati alla numerosità del nucleo familiare né ad altre condizioni oggettive, ha portato ad aumentare irragionevolmente la spesa per le famiglie numerose. L'eliminazione della progressività - conclude l'Authority - comporterà quindi benefici in termini di equità".

Tra le soluzioni prospettate, tariffe flat sul modello di quelle telefoniche, uguali per tutti e non più progressive, con il corrispettivo degli oneri generali applicato per il 75% in base all'energia prelevata (c€/kWh) e per il 25% in relazione al punto di prelievo (c€/punto), ossia al contatore di una singola unità abitativa, mantenendo inizialmente una differenziazione tra residenti e non residenti (differenza che poi potrebbe essere annullata dopo il 2018). Questa proposta produrrebbe solo un lieve ritocco al rialzo per la bolletta del consumatore medio (famiglia residente di 3-4 persone, consumi per 2700 kWh l'anno e potenza impegnata di 3kW, che a regime passerebbe da 438 a circa 457 euro l'anno al netto delle tasse. A guadagnarci di più sarebbero i residenti con potenza impegnata fino a 6kWh e consumi fino a 6mila kWh l'anno, categoria nella quale dovrebbero rientrare le famiglie numerose o chi si vorrà climatizzare con pompe di calore: rispetto all'attuale bolletta media di 1528 euro, il risparmio sarebbe di ben 582 euro. Viceversa, la categoria alla quale appartiene presumibilmente un single, cioè con potenza di 3kW e consumi fino a 1500 kWh pagherebbe 71 euro in più. La categoria in assoluto più svantaggiata dal nuovo sistema sarebbe il cliente non residente con consumi fino a 900 kWh (+ 117 euro). Gli effetti sarebbero comunque spalmati su tre anni (2016-2018).

Secondo l'Autorità l'eliminazione delle tariffe progressive avrà anche altri vantaggi. "L'incremento dei consumi di elettricità rispetto ad altre fonti energetiche (come i combustibili fossili) - si legge ancora nel documento di consultazione - avrà come conseguenza l'aumento della penetrazione delle fonti rinnovabili". Il vettore elettrico è infatti quello maggiormente compatibile e integrabile con le energie alternative e "l'autoproduzione da fonti rinnovabili non sarebbe penalizzata", come invece sostengono alcune associazioni ambientaliste fra cui Legambiente.

L'associazione, che già aveva dato un parere negativo dopo la pubblicazione del primo documento di consultazione, ha ribadito il suo no perché "non premia la riduzione dei consumi e della spesa energetica delle famiglie. Comporta, invece, aggravi per la maggior parte di loro - in particolare famiglie poco numerose e anziani, come già messo in evidenza dalle associazioni dei consumatori - e penalizza i comportamenti virtuosi da parte degli utenti". Una posizione condivisa anche da altre associazioni di consumatori e ambientaliste come Adusbef, Codici, Greenpeace, Italia solare, Kyoto club e Wwf, che chiedono all'Autorità "di fare un passo indietro. Favorevoli alle nuove tariffe, invece, Unione consumatori (Uc) e Amici della Terra. Secondo Pieraldo Isolani, responsabile energia di Uc, "la struttura progressiva della tariffa è un oggettivo ostacolo allo sviluppo di molte apparecchiature elettriche".

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