domenica 27 settembre 2015

Gli 8 referendum di Civati, una speranza di democrazia.

Una sfida democratica gli otto referendum lanciati da “Possibile” di Pippo Civati – su referendum.possibile.com l'elenco dei banchetti attivi in tutta Italia – per mettere un freno alle politiche sbagliate di un Governo e di un Parlamento che sembrano non tenere in alcun conto la sovranità popolare.



micromega di Antonia Battaglia

Il panorama politico attuale, infatti, non offre la possibilità di esprimere compiutamente il proprio voto o dissenso in merito a questioni fondamentali della vita della Repubblica e gli otto referendum vogliono interrogare i cittadini su alcuni dei punti principali dell’attuale azione governativa.

Uno strumento che vuole ridar voce alla partecipazione dei cittadini su otto punti chiave, invitandoli a esprimere il proprio parere e a riacquistare la sovranità che hanno perso rispetto a quanto accaduto in questi ultimi anni.

“Una ventata d’aria fresca che diradi la cappa afosa che tiene stretta l’Italia in una morsa. Che spazzi via il clima verticistico e autoreferenziale della politica attuale e restituisca la sovranità al popolo”, scrive Civati su Possibile.

Come farlo? Andando a votare gli otto quesiti che toccano quattro temi essenziali quali la partecipazione democratica e la sovranità popolare (legge elettorale Italicum); la riconversione ecologica dell’economia (tema toccato pesantemente dal recente decreto Sblocca Italia); la protezione dei diritti dei lavoratori (Jobs Act); la scuola, con tutte le problematiche relative alla docenza ed all’apprendimento (la Buona Scuola).

La profonda crisi di valori e di riferimenti costitutivi che tocca la storia italiana corrente è di una tale portata e vastità da dover sollecitare l’interesse e la partecipazione diretta di ogni singolo cittadino, perché i temi in discussione si rivolgono a tutti, riguardano la vita presente e futura di ogni italiano. Perché essi, la loro soluzione, rappresentano la vera sfida che il tempo presente ci consegna: poter ancora esercitare i diritti di partecipazione democratica e di sovranità popolare, tagliando il potere di un sovrano hobbesiano che opera in modo indipendente dalle regole di democrazia. Vietato abbandonare ogni speranza e accettare qualsiasi decisione.

Ecco i quesiti. Il primo riguarda l’eliminazione della norma del blocco dei capolista e delle candidature plurime previste nelle legge elettorale Italicum. Il fine è far scegliere direttamente ai cittadini chi deve entrare in Parlamento ed eliminare la possibilità di candidature in più (dieci) collegi prevista, appunto, per i soli capolista.

La nuova legge elettorale che entrerà in vigore il 1° luglio 2016 prevede, infatti, ampi collegi plurinominali, nei quali ogni partito potrà presentare una propria lista composta da un capolista bloccato e da altri candidati minori, da eleggere tramite le preferenze. Come risultato, dato il premio di maggioranza, i partiti perdenti eleggeranno quasi solo capolista e quindi la Camera sarà composta, per almeno la metà, da deputati nominati dall’apparato e non scelti direttamente dai cittadini.

Il secondo quesito riguarda ancora la legge elettorale e ne propone l’eliminazione completa prima della sua entrata in vigore. L’Italicum è una pessima legge perché appunto decreta un vincitore attribuendo un significativo premio di maggioranza e annullando il principio di rappresentanza democratica attraverso il blocco delle candidature, la vastità dei collegi e la ripartizione dei seggi su base nazionale.

Il terzo e il quarto quesito riguardano la altrettanto fondamentale questione del modello di sviluppo economico che viene proposto al Paese per il suo rilancio.

Si punta a uno sfruttamento economico delle risorse naturali, sganciato completamente da un tipo di visione di rivoluzione economica, ecologica ed eco-compatibile. No alle trivellazioni d’idrocarburi in mare per la ricerca del petrolio, ovvero abrogare quelle parti dell’articolo 35 del “Decreto-sviluppo” del 2012 che rappresentano una deroga al divieto generale di trivellazioni entro le 12 miglia dal perimetro delle aree protette marine e terrestri, per quanto riguarda gli iter autorizzativi già in corso.

Il quarto quesito propone di eliminare il carattere strategico delle trivellazioni stesse, riconducendole nell’ambito di procedure previste dalle leggi ordinarie. Attraverso il decreto “Sblocca Italia”, le attività di ricerca ed estrazione d’idrocarburi sono rientrate, infatti, tra le attività cosiddette strategiche indifferibili e urgenti per lo sviluppo economico e pertanto possono usufruire di iter autorizzativi facilitati. Il ruolo delle Regioni e degli enti locali preposti ai controlli viene depotenziato, mentre si allunga la durata temporale delle concessioni e quindi dello sfruttamento dei giacimenti.

Il quesito numero cinque riguarda anch’esso la promozione di un modello di sviluppo economico e sociale che si allontani dallo sfruttamento dell’ambiente e da politiche di investimenti paesaggisticamente distruttivi, pericolosi in termini di dissesto idrogeologico e di consumo del suolo, obsoleti e inutili alla comunità.

Si propone di superare la politica delle “Grandi opere”, ovvero di eliminare le procedure speciali previste nel 2001 dal Governo Berlusconi. Una lista interminabile di opere ad alta intensità di cemento e asfalto: autostrade, segmenti di alta velocità e poco o nulla per le reti del trasporto urbano, un regalo alle grandi lobby con pochissimi ritorni per la vita quotidiani dei cittadini.

I quesiti sette e otto riguardano la tutela dei lavoratori, in particolare l’eliminazione della norma sul demansionamento. Il Jobs Act prevede, infatti, che il datore di lavoro possa decidere di assegnare al lavoratore mansioni inferiori rispetto a quelle precedentemente svolte, con conseguente riduzione della retribuzione e con tutta una serie di gravissime conseguenze. I diritti dei lavoratori vengono, de facto, cancellati.

Si chiede il rientro in vigore della precedente formulazione dell’art. 2103 del Codice civile, che prevedeva che il lavoratore fosse adibito alle mansioni per le quali fosse stato assunto, o a quelle corrispondenti alla categoria superiore successivamente acquisita.

Per ridare dignità democratica ai lavoratori, si chiede di eliminare quella normativa che nega la possibilità di reintegro del lavoratore nel caso di licenziamento per motivi economici. Si chiede di estendere le tutele anche ai neo-assunti (dopo Jobs Act), riconducendo così il contratto a tutele crescenti a un concetto di dignità e di rispetto dei lavoratori stessi.

La Buona Scuola. La legge di riforma del sistema d’istruzione non tutela né i docenti né i principî ed i valori sui quali si dovrebbe basare la scuola. L’ultimo quesito del referendum propone di eliminare la figura di un preside con mansioni manageriali, che ha facoltà di chiamata diretta degli insegnanti e che quindi potrebbe prestarsi ad un uso improprio e distorsivo del suo ruolo, favorendo così un sistema clientelare di selezione dei docenti.

Quale migliore occasione per far sentire la propria voce?

Eppure la “sinistra classica” italiana, con i suoi esponenti, è assente da questa lotta. I partiti, i sindacati, le associazioni sono latitanti. Dove è il fervore e l’apparente attivismo della sinistra del PD?

Dove è SEL, baluardo dei diritti degli afflitti, strenuo difensore dell’ambiente e dell’ecologia? E i 5 Stelle con tutta la loro veemente carica rivoluzionaria e anti-sistema? E il resto della sinistra?

Eppure sarebbe questa un’occasione formidabile per unire persone ed idee vista l’importanza dei temi affrontati!

(25 settembre 2015)

Nessun commento:

Posta un commento