lunedì 28 settembre 2015

«Di inceneritori non ce ne è bisogno, lo dice il sindaco.»


È un messaggio arrivato alla mail list di Reti di Pace in risposta alla mail del 22 che pubblicava anche la mia lettera: “Inceneritori: avanti verso il passato”
Reti di Pace Maurizio Melandri
Risultati immagini per malagrottaImmagino che non sia un pensiero isolato ma, per altri contatti che ho avuto, so che è invece abbastanza diffuso e vorrei non replicare, ma suggerire ulteriori riflessioni.
Abbiamo ascoltato più volte il Sindaco Marino affermare che non ci sia bisogno degli inceneritori; noi nella Valle Galeria l’abbiamo sentito per primi durante la sua campagna elettorale.
Purtroppo le parole non sempre sono pietre; a volte sono voluta mistificazione, altre volte restano desideri irrealizzati o per insipienza o per la soverchiante potenza di chi dice esattamente il contrario. E proprio di quest’ultima situazione stiamo dicendo.
Qui non stiamo parlando di cosa auspica un sindaco di passaggio,  ma di un’indicazione culturale, di fondo, che cambia gli obiettivi strategici indicati nella mia lettera di agosto, che richiamo qui.

Con l’incenerimento si propone la narrazione del recupero energetico come finalità ultima del trattamento dei rifiuti e che anzi definisce il rifiuto come utile, o indispensabile combustibile per creare energia, in una mescolanza di temi irrazionali tra gestione dei rifiuti e creazione di energia, giustificata solo da scellerati incentivi statali camuffati per energie rinnovabili e da uno spregiudicato affarismo di lobby industriali, che hanno imposto politicamente e mediaticamente, per i loro forti interessi economici, una supremazia del recupero di energia dalla materia al posto del recupero della materia; il tutto a scapito della salute umana, di uno sfruttamento distruttivo delle risorse, dell’inquinamento dell’ambiente (aria, territorio, acqua) ed anche del danno economico collettivo.
L’alternativa è una corretta gestione dei rifiuti orientata al recupero di materia e non di energia. Un modello di gestione dei rifiuti fondato sulla riduzione a monte della produzione dei rifiuti, su un’organizzazione su tutto il territorio della Raccolta domiciliare Porta a Porta e quindi con il recupero della materia da avviare ad una efficiente filiera di riciclaggio, in grado di generare investimenti, imprenditorialità diffusa, occupazione (da decine a centinaia di volte, posti di lavoro in più rispetto all’attuale “ciclo integrato”), economia sostenibile e quindi ricchezza sociale unitamente alla salvaguardia della salute delle popolazioni residenti, alla fertilità dei suoli, alla preservazione delle risorse del pianeta.
In una recente assemblea tenutasi a Firenze sabato scorso a sostegno della Legge di Iniziativa Popolare verso Rifiuti Zero, il parlamentare europeo On. De Menech si è detto convinto che l’approvazione anche del solo titolo “Legge Rifiuti Zero” possa produrre l’auspicata rivoluzione culturale e legislativa sulla gestione virtuosa dei materiali post consumo, infine ha anticipato che uno degli aspetti che maggiormente affronterà con i commissari in sede di discussione sul testo è la prospettiva occupazionale rilevante che grazie all’indotto sostenibile prodotto dalla raccolta differenziata, dalle filiere del recupero, riuso e riciclo, e dalle buone pratiche promosse dalla proposta verso Rifiuti Zero, si attiverebbe fin da subito.
Ebbene, questa prospettiva è l’esatto contrario di quanto viene proposto dal D.L. di attuazione dell’art. 35 dello “Sbocca Italia”.
E allora, siamo di fronte ad un articolato di regole, lo Sblocca Italia, che in vari suoi aspetti disegna un indirizzo culturale di promozione degli interessi industriali, motivandoli con la necessità di far ripartire la produzione e il lavoro (?) con dei costi per l’ambiente e la salute dei cittadini, di cui l’art. 35 è solo uno degli aspetti. E’ un disegno strategico di lungo corso in cui le parole del nostro simpatico chirurgo, nonchè Sindaco di passaggio, saranno presto dimenticate.
Maurizio Melandri

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