domenica 30 agosto 2015

Caro Renzi, narrare se stessi non basta. Serve entrare nel cuore dei problemi


La parte italiana del colloquio e' priva di novità, non potendosi considerare tali la difesa risaputa della Buona Scuola o la stanca ripetizione del tema "Berlusconismo e Antiberlusconismo". Più interessante sarebbe stata qualche anticipazione sulla legge di stabilità 2016. Ma ancor più uno sguardo autorevole oltre il cortile di casa. Per restare alla sola questione cinese: che cosa può fare l'Italia, secondo Matteo Renzi, per evitare che il brusco rallentamento di Pechino inneschi la temuta stagnazione secolare?
Romano Prodi suggerisce una conferenza internazionale per evitare la guerra delle monete, una specie di nuova Bretton Woods. La banca centrale cinese propose a suo tempo un paniere di valute, tra cui ovviamente il renmimbi, l'euro e il dollaro, sul modello dei diritti speciali di prelievo per superare l'attuale sistema delle monete di riserva, centrate sulla divisa americana. Che cosa dice l'Italia all'Unione europea su tali partite? Più in generale, se la Cina resta export oriented e non riesce a far decollare come dovrebbe i consumi interni, perché i cinesi, impauriti da un futuro senza welfare, risparmiano troppo, che senso ha per l'Occidente tagliare la spesa sociale e privatizzarla a retribuzioni sostanzialmente ferme?

Ottimo, e da sostenere con tutte le nostre forze, l'obiettivo del diritto d'asilo europeo. E' un punto politico fortissimo. Purché, alla fine, ci chiariamo anche un altro punto: quanto spendono (ma sarebbe meglio dire: quanto investono) l'Italia e l'Europa per i migranti (soccorso, accoglienza, formazione, integrazione) e quanto sono disposte, certo dividendosi bene gli impegni, a mettere sul tavolo nei prossimi anni? Personalmente credo che si debba aumentare questa voce del bilancio Ue e dei bilanci pubblici dei Paesi membri, trovando il modo di far convergere sull'obiettivo anche fondi privati europei e dei fondi sovrani extraeuropei. Vogliamo parlarne?
Nel resto dell'intervista il premier fa lo storytelling di se' stesso, assai meno del Pd, ma senza impegni precisi ne' cifre. Significativa, a tal proposito, e' la rivendicazione dell'Italia in ripresa come merito proprio. Vantare lo zero virgola positivo contro i dati negativi degli anni scorsi pare onestamente superficiale. Secondo il leader socialista spagnolo, Pedro Sanchez, metà della crescita del Pil del suo Paese, che e' attorno al 3%, deriva dalle favorevoli condizioni esterne (tassi di interesse, prezzo del petrolio e delle materie prime, cambio dell'euro). Metà del 3% fa 1,5%. L'Italia sembra fare fatica a crescere dello 0,7%. E oggi le aziende solide, anche quelle con meno di 100 dipendenti, trovano il credito all'1%. Di quale ripresa stiamo parlando, dunque? Di una ripresa misurabile sul piano oggettivo delle quantità o di dati per così dire qualitativi, di semi di ripresa dalla fioritura ancora incerta? Buona la seconda, verrebbe da rispondere. Ma nel periodo nero 2008-2013, le condizioni globali favorevoli, che abbiamo citato e che sono state determinate dai mercati e dalla Bce e non dai governi nazionali europei, non esistevano. Pertanto, la questione non e' stabilire tanto chi sia più bravo o più fortunato, se Renzi o Letta, ma partire dalla realtà, e non dalla propaganda, per ragionare sulle politiche. Vogliamo domandarci sul serio perché le misure del Governo - di questo e dei precedenti - hanno un'efficacia reale così limitata? Ed evito di polemizzare sui falsi dati sull'occupazione perché non si spara sulla Croce Rossa....
Evidentemente, il cuore dell'esternazione riguarda la riforma costituzionale. Ma senza novità. Renzi dice che tirerà diritto e preme gentilmente sul presidente del Senato affinché, dimentico del diritto e della prassi, ben richiamati sabato da Michele Ainis sul "Corriere", gli spiani la strada dichiarando inammissibili gli emendamenti sull'articolo 2 del ddl Boschi. Per amore di verità, va chiarito che gli argomenti per blindare la controriforma del Senato non corrispondo alla realtà. Non e' vero che l'elezione diretta della Camera Alta comporti automaticamente il diritto-dovere di votare la fiducia al governo e di avere pari competenze con la Camera dei deputati nella legislazione, e che, dunque, comporti il ritorno al bicameralismo paritario. Il Senato, con competenze specifiche, è eletto direttamente dal popolo negli USA e, per gran parte dei suoi membri, in Spagna; in Francia è a elezione indiretta, ma da parte di oltre 150 mila grandi elettori. Ancor meno vera e' l'insinuazione che chi vuole il Senato eletto dal popolo, e non dai consigli regionali, purtroppo in così largo numero sotto inchiesta giudiziaria, vuole fabbricare poltrone: le minoranze Dem hanno ripetutamente proposto di tagliare da 630 a 475, massimo a 500, il numero dei deputati; se il premier-segretario porta la maggioranza dei gruppi parlamentari del Pd su questa frontiera, sarà fatta: tagliamo sia alla Camera sia al Senato. Del resto, il Congresso Usa conta 400 deputati e legifera per 330 milioni di cittadini. Ma questo argomentare e contro argomentare e' ormai trito e ritrito. E temo sia solo un esercizio verbale la previsione che sulle modalità di elezione del Senato "una soluzione si troverà" visto che il premier vorrebbe blindato l'articolo 2.
La verità e' che Renzi non ha alcuna voglia di confrontarsi sulla questione politica di fondo, che viene posta dalla concentrazione del potere nelle mani del capo del governo e dei capi delle aziende in un'epoca nella quale la tecnofinanza globalizzata disintermedia la politica e la stessa Corporate governance. Non ne ha voglia lui e non ne hanno voglia i suoi interlocutori sui media. Renzi, più semplicemente, vuole la conta e cerca di costruirsi una maggioranza di transfughi da Forza Italia e, forse, da Sel e M5S. Politica politicante contro una parte del Pd. La quale, anche questo va detto, non ha firmato alcun emendamento assieme alle opposizioni. E' vero invece che su alcuni punti rilevanti si registra una convergenza tra le minoranze Dem e le opposizioni. Ma analoghe convergenze mi pare le ricerchi apertamente anche la maggioranza del Pd. Il fatto che abbiano un merito diverso non cambia nulla sul piano del metodo: in una materia quale quella costituzionale, dove statuti e regolamenti riconoscono la libertà di coscienza dei parlamentari, perché mai quanto è legittimo per uno diventa scandaloso per un altro?
Sul piano delle politiche chi scrive e tutte le minoranze Dem si sentono assai lontani da Matteo Salvini e Beppe Grillo. Ma esistono anche altri piani, che dovrebbero avere un loro valore sul piano delle regole. Ecco, Salvini e Grillo non si portano sulle spalle le imputazioni e i rinvii a giudizio del bancarottiere Verdini. E pure Silvio Berlusconi, con tutti i suoi guai, non ha mai trascinato nel fango un'azienda, in particolare una banca cooperativa tradendo la fiducia di soci e clienti minuti. I fichetti della politica diranno che trattasi di paragoni ultronei. Ma che ci volete fare? Vengono dal cuore.
Infine, si deve prendere atto che il premier non considera realistica una crisi di governo sul Senato e un conseguente scioglimento delle Camere. Perché, dice, il ddl Boschi avrà la maggioranza. Che altro poteva dire senza smentire i suoi che minacciano un giorno si' e l'altro pure la fine anticipata della legislatura qualora il Senato restasse a elezione diretta? La verità e' che Renzi non può confessare la verità, e cioè che mai presenterebbe le dimissioni da palazzo Chigi per le questioni del Senato e poi negherebbe la fiducia a qualsiasi altro governo, compreso un Renzi Bis, per costringere il Quirinale a sciogliere le Camere. Sono sicuro che un politico astuto come Renzi non rischierebbe l'osso del collo portando gli italiani a votare con il Consultellum, e cioè con il proporzionale, entrambe le Camere perché vuol negare loro il diritto di eleggere direttamente il Senato, ma credo pure che uno spin doctor assennato come Filippo Sensi, che ha tante volte ispirato la minaccia delle urne nelle cronache parlamentari, non gli consigliera' mai di fare questo genere di outing nelle interviste.

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