mercoledì 24 giugno 2015

Mozione Castiglione: l'ordine di Renzi: "Salvate il sottosegretario e tenetela bassa".

L’ordine parte da palazzo Chigi: salvare Castiglione. E, soprattutto, tenerla bassa. Senza tanto clamore, nell’era di Mafia Capitale. Col Pd che cala a picco nei sondaggi. Già: è avvolto da un alone di silenzio il salvataggio “democratico” del sottosegretario Castiglione, indagato per turbativa d’asta sull’appalto per la gestione del Cara di Mineo. 

... Si capisce che il “garantismo” non c’entra nulla. In parecchi ricordano le parole, minacciose, che dal carcere Buzzi consegnò ai pm: “Mi ci dovete far pensare un attimo, perché su Mineo casca il governo”.

CASTIGLIONEUn’inchiesta sulla quale ha pronunciato parole durissime lo stesso presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone, che scrisse anche al ministro dell’Interno lo scorso 27 maggio senza ricevere risposta. Sentite Ettore Rosato, neo capogruppo del Pd, come sul caso più imbarazzante prova, come si dice in gergo, a tenerla bassa: “La nostra linea è chiara ed è quella di sempre in questi casi, basta andarsi a rileggere la dichiarazione fatta ieri in aula dal rappresentante Pd. Quindi non c’è altro da aggiungere”.
Il capogruppo neanche nomina il nome “Castiglione”, o la parola “inchiesta”, per evitare che monti la polemica. E fa riferimento alla dichiarazione che il deputato Marco Miccoli aveva fatto nel corso della discussione generale. Questa: “Saranno i processi, che speriamo vengano celebrati presto, a stabilire le responsabilità. Per noi un avviso di garanzia è un atto dovuto, non è una condanna e come tale va trattato”. Toni bassi, anche alla riunione del gruppo del Pd, convocato per una “informativa” sulla vicenda più che per una discussione. Il sottosegretario Scalfarotto dà parere contrario, perché – spiegano al Pd – “in fondo è normale che il governo respinga le mozioni delle opposizioni”. Dunque il Pd vota contro le mozioni che chiedono il ritiro delle deleghe al sottosegretario. Ce ne sono tre alla Camera. Quella di Sel, della Lega e dei Cinque stelle. Tutte respinte: alla mozione dei grillini i si sono stati 108, i no 304 e 2 astenuti; la mozione di Sel è stata respinta con 92 sì e 303 no, quella della Lega con 86 si e 306 no.
Poche, pochissime le dichiarazioni. Neanche una parola da palazzo Chigi. Vuoti i banchi del governo, come durante un noioso question time. C'è un solo ministro: Angelino Alfano, arrivato ad assistere al salvataggio del suo braccio destro.
Parola d’ordine: minimizzare, evitare di enfatizzare il passaggio parlamentare. Basta fare qualche domanda in Transatlantico, per capire l’aria. Alessia Rotta, renziana doc, sorride: “Vuole parlare del Veneto?”. Poco più in là Valentina Paris, giovane turca, a domanda (“salvate Castiglione?”) risponde con un sorriso. Si capisce che il “garantismo” non c’entra nulla. In parecchi ricordano le parole, minacciose, che dal carcere Buzzi consegnò ai pm: “Mi ci dovete far pensare un attimo, perché su Mineo casca il governo”. E il primo a sapere che la posizione del sottosegretario è imbarazzante è Renzi. Il quale sa bene che Cantone definì “illegittima” la gara. E sa che Cantone scrisse lo scorso 27 maggio al ministero dell’Interno. E che ha annunciato il commissariamento di Mineo, nonostante gli attacchi dei Castiglione boys. Anche Gennaro Migliore, circa un mese fa, dopo che era andato in Sicilia con la sua commissione per una verifica diretta, spiegò al premier che Castiglione aveva pesantissime responsabilità sul Cara di Mineo. Pochi giorni dopo sarebbe arrivata la seconda puntata di Mafia Capitale (leggi qui l'articolo sul "sistema Castiglione").
La verità è che, in questa storia, le responsabilità di Castiglione portano alla “copertura politica” della casella più delicata del governo, quella di Angelino Alfano: “Castiglione – ripetono i renziani – è Alfano. E se salta a quel punto salta Ncd, nel senso che si sfaldano i gruppi e il governo non ha più certezza dei numeri”. È questo il grande scambio in nome della governabilità. Tanto che, pure nella sinistra del Pd, prevale il silenzio. E il primato della ragion di governo sulla questione morale. In pochi pronunciano parole nette. Come Alfredo D’Attorre: “Io – dice all’HuffPost – non voto contro la mozione di sfiducia. Penso che il sottosegretario si sarebbe dovuto dimettere da tempo e penso che si sarebbe dovuto evitare di mettere il Parlamento e il gruppo del Pd in questa situazione”. Il massimo del dissenso è l’uscita dall’Aula, di qualcuno della minoranza.

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