mercoledì 24 giugno 2015

Cara di Mineo, Castiglione nella sua difesa chiama in causa il prefetto Gabrielli: "Diede il nulla osta su Odevaine".

CASTIGLIONELa difesa è nella chiamata in correità. Giuseppe Castiglione, accaldato in volto, teso, si mangia quasi le parole. E al quarantesimo minuto, davanti alla Commissione, dice: “Non ho avuto nessun dubbio nel nominare Odevaine al Cara di Mineo come non avevano avuto in passato nessun dubbio Zingaretti, Melandri, Veltroni, a nominarlo come capo della polizia provinciale di Roma, consigliere del ministero della Cultura, e capo gabinetto al Comune di Roma. Per me quella era una garanzia di trasparenza”. Ma c’è un nome che per il sottosegretario indagato per turbativa d’asta sull’appalto del Cara di Mineo è attestato di buona fede, quello di Franco Gabrielli, allora capo della protezione civile e oggi prefetto chiamato a decidere lo scioglimento o meno del comune di Roma per mafia: “La nomina – dice Castiglione - la chiesi al prefetto Gabrielli, con una mia nota. E mi diede il nulla osta”.

Dunque Castiglione si appella al più classico del “tutti coinvolti”, per ottenere il più classico dei tutti assolti.

Palazzo San Macuto, afa infernale. È il luogo in cui la storica commissione Antimafia di Luciano Violante fece tremare i Palazzi negli anni Novanta. La Commissione sui migranti presieduta da Migliore è un tribunale quasi indulgente col braccio destro del ministro dell’Interno Angelino Alfano. La prima domanda vera arriva alle 15,30, dopo un’ora e mezzo dall’inizio, dalla parlamentare dei Cinque Stelle Colonnese: “Odevaine, in una intercettazione dice che è stato a pranzo con lei e con chi avrebbe dovuto vincere l’appalto”. Nella replica il sottosegretario prima evita di rispondere, poi – quando gli viene ricordata la domanda – glissa: “Conoscendo il mio stile l’avrò anche invitato a pranzo… Ma io non ho parlato di gare”. Castiglione, sin dall’inizio, appare teso, gioca in difensiva, si capisce che, pensando al processo, si mantiene entro confini definiti senza mai superarli, sa che la procura può acquisire i verbali della commissione: “È chiaro – dice un commissario – che il suo timore è che gli aumentino il capo d’accusa. E non solo il suo. Dentro Ncd stanno tesissimi”.
Difesa quasi burocratica, quella di Castiglione, nello stile del notabile di siciliano che ripete ossessivamente di avere la coscienza a posto (e prova a ostentare serenità): “La mia gestione del Cara di Mineo è stata cristallina, trasparente, con il coinvolgimento pieno di tutte le forze di polizia”. Cita qualche atto, evita di affrontare i nodi politici. Pure l’evidenza. Erasmo Palazzotto, di Sel, rivolge la domanda più semplice, domanda che nasce spontanea a vedere un servizio tv sulle condizioni disumane in cui si trovano i rifugiati: “Vedendo le condizioni di vita del centro, non le è mai venuto un dubbio su come fossero erogati i fondi, se bene o male?”. Fondi che non sono mai mancati visto che nella scorsa legge di stabilità proprio Ncd si impuntò su tre milioni di euro. Castiglione, da buon democristiano, non fa polemiche con i commissari, anzi ringrazia per “l’occasione straordinaria” concessa che “consente di spiegare dopo mesi di ciclone mediatico”. Rivendica anche il lavoro svolto in piena emergenza migranti: “Non mi arrenderò mai alla convinzione che la Sicilia è una terra d’accoglienza, ho creduto a quell’impegno”. A un certo punto va oltre, sostenendo che è stato fatto un gran lavoro per l’integrazione: seminari, corsi linguistici, teatri, che – insomma – il Cara è stato un modello di accoglienza. (Leggi qui l’articolo di Claudia Fusani sull’Huffington Post sui soldi impiegati per le sagre invece che per l’accoglienza).
Quando poi non ricorda, Castiglione, evita di rischiare. Come quando Migliore - e non è un dettaglio - gli chiede se i rifugiati accolti al Cara provenivano tutti dall’Africa o venivano trasferiti da altri centri d’accoglienza. Castiglione, che era il “soggetto attuatore”, dichiara di non ricordare, così, su due piedi. Quello che invece ricorda bene, e su cui batte e ribatte, è quanti gli parlavano bene di Odevaine: “Oggi parliamo di Odevaine sulla base di fatti noti a tutti. Nel luglio del 2011 sfido qualcuno a mettere in discussione la professionalità di Odevaine. Per me era garanzia di sicurezza, pensavamo di aver fatto un ingaggio importantissimo. Lo chiesi a Gabrielli e mi diede il nulla osta”.
È “il sistema” nazionale che Castiglione chiama in causa per giustificare il suo “sistema”. Il sottosegretario cita le ordinanze della protezione civile, rivendica anche, che invece di fare affidamenti diretti, sono state fatte delle gare. Ma le questioni di fondo restano fuori dal dolce processo in commissione. Anzi, dal non processo. E se Odevaine è nominato perché stimato da tutti, il grande Innominato è il presidente dell’Anticorruzione Raffele Cantone, che bollò come irregolare l’appalto del Cara di Mineo, per poi scrivere (senza risposta) al ministero dell’Interno, e per poi spedire i commissari. È lo stesso Cantone attaccato proprio per il giudizio sulla gara, dai Castiglione boys che gestiscono il Consorzio Calatino, esponenti di punta di Ncd, partito di cui Alfano è leader e Castiglione segretario regionale in Sicilia. Né si capisce, dalla relazione in commissione, dove nasce l’unicum del sistema del Cara di Mineo. Un sistema che non ha uguali in Italia. Palazzotto chiede quale sia l’atto formale in cui la Regione Sicilia rinuncia a fare il soggetto attuatore. Castiglione parla di un atto della protezione civile regionale. Ma non si capisce perché mentre in tutti i Cara italiani (Bari, Crotone) il soggetto attuatore è il viceprefetto vicario del capoluogo di Regione – dunque un funzionario del governo – a Mineo viene indicato non il viceprefetto di Palermo ma il presidente della provincia di Catania. E cioè Castiglione, allora anche presidente dell’Upi (unione province italiane) ruolo che gli consente di indicare Odevaine al tavolo del ministero che gestisce i flussi dei profughi.
Né si capisce perché Castiglione resta “soggetto attuatore” anche quando non ricopre più la carica di presidente della Provincia, in una fase di transizione. Né si capisce l’altro sistema creato per la Gara d’Appalto di 100 milioni: mentre in tutti i Cara d’Italia le gare d’Appalto le indice la prefettura, a Mineo viene inventato un nuovo soggetto istituzionale, il Consorzio Calatino Terre di Accoglienza, un consorzio dei comuni della zona. E viene stabilito un regime di “convenzione” della prefettura col Consorzio per la gara d’appalto. Consulente del Consorzio è proprio Odevaine, che poi viene assunto per volere il direttore generale del Consorzio Calatino, Giovanni Ferrera (già dirigente della Provincia di Catania ai tempi di Castiglione e suo uomo di fiducia). Si capisce solo, parlando a microfoni spenti con quelli del Pd, che il sottosegretario non si può toccare perché altrimenti salta Ncd. E si capisce che, ancora una volta, la politica arriva dopo la magistratura. Perché in Parlamento Castiglione è stato assolto dal Pd. Ma l’inchiesta va avanti.

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