mercoledì 26 novembre 2014

Violenza di genere: il bilancio in alcuni dei paesi in guerra è atroce.


Lo stupro, eseguito in modo sistematico e di massa su donne, ragazze, bambine e bambini, così come la schiavitù sessuale e la tratta di esseri umani, insieme ad altre forme di violenza, sono ancora usati come armi, forme di controllo e di sopraffazione. Ciò avviene costantemente nelle zone di conflitto in tutto il mondo e, come attestano i rapporti delle Nazioni Unite e delle Ong, assume un ruolo di primo piano nel conflitto siriano.

controlacrisi.org claudia galati
La violenza sulle donne nei paesi nordafricani e il bilancio delle vittime nei paesi in guerra: Afghanistan.
Il rappresentante speciale del segretario generale dell'Onu in Afghanistan, Nicholas Haysom, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne ha dichiarato oggi a Kabul: "Le donne e le giovani afghane debbono poter usufruire della loro libertà per contribuire alla costruzione della loro Nazione. Non vi dovrebbe essere posto in Afghanistan per la violenza e la discriminazione contro le donne e le ragazze, e ogni sforzo deve essere fatto per mettere fine all'impunità per simili crimini violenti".
Elzira Sagynbaeva, rappresentante dell'Onu in Afghanistan per le questioni femminili, ha sottolineato che: "questo è il momento dell'azione, visto che l'80% delle donne afghane subiscono violenze nella loro vita quotidiana. È urgente anche introdurre leggi che contribuiscano ad eliminare e a punire la violenza di genere. Per questo dobbiamo concentrarci in particolare sulla prevenzione di questa violenza contro donne e ragazze, cosa che richiede l'impegno di tutti i segmenti della società, in particolare degli uomini e dei ragazzi che devono essere educati a comportamenti rispettosi nei confronti dell'altro sesso."

Egitto.
Qualcosa si muove in Egitto. La presidente del Consiglio nazionale egiziano della donna, Mirval al Tilawi, in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne ha annunciato che verrà aperto in ogni commissariato d'Egitto un ufficio per raccogliere le denunce delle donne vittime di molestie, abusi sessuali o stupri e sarà attivato un numero di telefono per aiutare le vittime di violenza anche sul piano giuridico.
In Egitto molestie e violenze sulle donne sono all'ordine del giorno: un rapporto dell'Onu del 2013 denuncia che il 99,3% delle egiziane ha dichiarato di esserne stata vittima. Lo scorso giugno il presidente Abdel Fattah al Sisi ha inasprito le pene per i responsabili di abusi sessuali, verbali o fisici, in aree pubbliche, uffici, trasporti, così come nella sfera privata e nelle famiglie. A rendere urgente una riforma della legge contro le violenze sessuali e a costringere Sisi a chiedere scusa in tv a tutte le donne egiziane, fu un video choc pubblicato su internet che mostrava una ragazza vittima di uno stupro in piazza Tahrir durante i festeggiamenti per l'elezione del presidente.
Siria.
Oltre 15.000 donne sono state uccise in Siria da quando sono cominciate le violenze, a marzo del 2011, denunciano gli attivisti della Rete siriana per i diritti umani in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. 15.372 donne uccise, tra le quali 4.194 ragazze, ossia il 6% del totale delle persone uccise in Siria in oltre tre anni e mezzo di violenze, secondo l'Ong. La responsabilità per l'uccisione delle donne siriane va addossata a tutte le parti in campo: i jihadisti dello Stato islamico (Is), altri gruppi ribelli, i combattenti curdi al regime. Tra le vittime rientrano anche cinque donne lapidate dall'Is (Stato Islamico).
Al bilancio delle vittime si aggiunge quello delle donne arrestate: il regime di Bashar al-Assad ne ha messe in carcere circa 6.500, l'Is ne ha 'arrestate' 486 e gli altri gruppi armati almeno 580. Inoltre - riporta ancora il rapporto - sono oltre 2,1 milioni le donne fuggite all'estero, e molte altre risultano disperse. Secondo i dati delle Nazioni Unite, oltre 190 mila persone sono state uccise in Siria dal 2011, quando sulla scia della Primavera araba è cominciata una rivolta contro il regime di Bashar al-Assad, trasformatasi presto in una vera e propria guerra civile, aggravata dalla pesante infiltrazione di gruppi estremisti.
Attualmente, le milizie curde del partito locale Pyd stanno avanzando a Kobane negli scontri con lo Stato islamico, secondo quanto riferisce l'Osservatorio siriano per i diritti umani.
Le combattenti curde.
Non lottano solo contro lo Stato Islamico (Is), ma anche per la liberazione delle donne in ogni luogo. Nella Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne intervengono anche le combattenti curde che fanno parte delle YPJ (l'Unità di Protezione delle Donne), impegnate a combattere i jihadisti a Kobane, in Siria. “La nostra lotta è contro l'egemonia maschile. Organizziamoci'', è l'appello che hanno rivolto alle donne nel mondo e del Kurdistan in particolare affinché partecipino alle manifestazioni in programma oggi, ad esempio ad Amed (nome curdo per Diyarbakir), Wan (Van) e Colemerg (in arabo Hakkeri) nel Nord del Kurdistan.
La battaglia condotta a Kobane sotto la leadership delle YPJ è anche una lotta contro la mentalità dell'egemonia maschilista, conferma Dalya Omer, esponente del Consiglio del Movimento Democratico della Società di Rovaja: ''Stiamo facendo appello alle donne in ogni luogo affinché si uniscano per combattere contro ogni forma di violenza contro le donne, allo stesso modo in cui le donne curde si sono unite per combattere contro gli attacchi dell'Is. Ringraziamo tutti coloro che stanno resistendo contro questa violenza''.
''Quello che si sta sperimentando qui a Kobane è l'emergere di una rappresentanza delle donne e della loro volontà. Questo è il principio su cui noi conduciamo la nostra lotta. La guerra condotta contro le YPJ qui, infatti, rappresenta la stessa guerra condotta contro le donne in ogni parte del mondo. Gli attacchi dell'Is sono progettati per spezzare la volontà delle donne'', afferma Zilan, combattente curda che per anni ha sostenuto le donne vittime di abusi. Zilan ha invitato le donne di tutto il mondo a commemorare il 25 novembre: ''Faccio appello a ciascuno affinché prenda parte attiva in questa mobilitazione e metta la causa delle donne in prima linea''.
Agiri Yilmaz, altra combattente curda, ha dichiarato che ''secondo la mentalità dell'Is le donne sono incapaci. Non possono combattere. Tuttavia, quando sentono le grida e i richiami delle donne delle YPJ lasciano le loro posizioni e le loro armi e scappano. Hanno paura di combattere contro le donne. Dicono a loro stessi 'Che muoia combattendo un uomo, ma non una donna!'” Rivolgendosi non solo alle curde ma a tutte le donne, Yilmaz ha ribadito: “oggi è il nostro giorno. Se non ci mobilitiamo, allora tutta la nostra fatica sarà vana. Non amiamo le armi e non vogliamo essere riconosciute o identificate attraverso le armi. Siamo appassionate delle nostre idee, della nostra libertà”.
Tunisia.
A detta della blogger tunisina Lina Ben Mhenni, uno dei personaggi simbolo della 'Rivoluzione dei gelsomini' contro l'ex presidente Ben Ali, la 'Primavera Araba' ha portato con sé un aumento della violenza contro le donne. La denuncia giunge in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne ad Aki - Adnkronos International: il 31,7 % delle donne tunisine ha subito violenza fisica, il 28,5 % violenza psicologica, il 15,9 % violenza sessuale e il 7,1 % violenza economica. ''La Tunisia è all'avanguardia per quanto riguarda le leggi che proteggono la donna dalla violenza in tutte le sue forme. Ma la crescita del tasso di violenza contro le donne, specialmente negli ultimi anni, è causato da un modo sbagliato di percepire la libertà che viene dalla Rivoluzione tunisina e il senso crescente di impunità per gli aggressori'', afferma. Vittime del ''caos seguito alla rivoluzione'' sono state ''le fasce più deboli della popolazione, ovvero donne e bambini. E questo nonostante la grande partecipazione delle donne nella rivoluzione che ha messo fini al regime di Ben Ali e il loro contributo nel formulare la nuova Costituzione e mettere le fondamenta del nuovo stato e delle sue istituzioni.''
L'attivista auspica che in questo senso venga emanato un decreto legge contro la violenza sulle donne, anche se ammette che ''non ci sono segnali di poter ottenere una cosa del genere nonostante le promesse del governo e dei legislatori. I legislatori devono sviluppare le leggi attuali e toglierne altre in modo che siano in linea con il tempo che viviamo. Il problema della Tunisia è l'ignoranza delle donne in particolare e della società in generale a proposito dei diritti delle donne. Di conseguenza ci sono diverse pressioni sulle donne e casi di violenza all'interno della famiglia, dove la donna viene accusata ad esempio per il modo di vestire o per le sue uscite da casa''.
Lina augura l'abolizione della legge che ''annulla la pena per l'aggressore se questo sposa la sua vittima: credo che le donne non possano accettare di sposare un uomo violento, per cui la legge va abolita al più presto possibile''.
Risoluzione italiana.
"In occasione della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, insieme alle colleghe e ai colleghi Marina Sereni, Maria Chiara Carrozza, Laura Garavini, Pia Locatelli, Fucsia Nissoli, Sandra Zampa, Marco Fedi, Michele Nicoletti e Fabio Porta abbiamo presentato una risoluzione parlamentare affinchè il governo si impegni a garantire il massimo livello d'attenzione per le realtà più atroci che vivono le donne nei teatri di guerra, a partire dalla Siria", affermano Lia Quartapelle e Fabrizia Giuliani (PD). "Le atroci violenze messe in atto in Siria tanto dall'esercito di Assad quanto dall'ISIS ci richiamano, come Paese e come membri della comunità internazionale, ad una piena assunzione di responsabilità. Dobbiamo continuare ad utilizzare tutti gli strumenti d'azione diplomatica per sostenere gli sforzi internazionali e regionali volti a una soluzione della crisi, ad assicurare il rispetto del diritto internazionale umanitario e del diritto bellico e ad ottenere l'individuazione e la condanna di fronte alla Corte penale internazionale di chi li ha violati. Inoltre, il drammatico destino delle vittime della guerra vuole che le fuggiasche non trovino sicurezza neanche una volta varcati i confini della Siria. Dobbiamo certamente fare di più per garantire più protezione e migliore assistenza alle donne e ai minori rifugiati", aggiungono.

L'Italia ha offerto un grande impegno nelle campagne internazionali per la protezione dei diritti delle bambine e delle donne (mutilazione genitale femminile, matrimoni forzati) e ha svolto un ruolo importante per l'adozione della Convenzione di Istanbul. "Certamente occorre un maggiore impegno affinchè essa trovi piena attuazione attraverso un piano che contenga linee guida e standard di prevenzione, accoglienza e contrasto alla violenza su tutto il territorio nazionale. Ciò senza distogliere lo sguardo dal vero obiettivo di questa Giornata internazionale: tutelare in tutto il mondo i diritti delle donne come patrimonio dei diritti universali in cui si riconoscono le società democratiche", concludono.

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